venerdì 29 agosto 2014

Tanto amore per Glenda (Julio Cortazar)


La realtà non esiste. O meglio la realtà non è una superficie piatta e liscia, levigata e assolutamente senza sostanza, ma un puzzle composito, composto e componibile, come uno specchio andato in pezzi in cui ciascuno frammento riflette ed è riflesso da altri mille e non tutti rifrangono la stessa visuale, la stessa angolatura, lo.
Non pensate di poterla scomporre a vostro piacimento, è dotata di vita propria e soprattutto ha mille inflessioni che spesso ci sono ignote ma che vivono al di là, oltre, sopra e sotto di noi.
Un mondo non piatto ed unilaterale ma poliedrico e polimorfo, catarifrangente. Dove credi di vedere l'altro ed invece esplori te stesso e quando decidi di essere te stesso all'improvviso ti trovi un altro. Dove tutto può diventare tutto ed il nulla, alla fine non esiste, perché non è possibile, esiste solo altro, ancora ed infinito altro.


Alana ed Osiris sono forse dei semplici gatti. O forse no. Vai a capire te. Hanno una potenza ed una intensità nello sguardo che donano nuova luce anche a chi è osservato e non osserva. Diffidare di ciò che è, in realtà sembra, ma la sua intima sostanza è rapida e mutevole, molto di più di quello che possiamo umanamente carpire. 
Glenda invece è bellezza allo stato puro. Molto più di una semplice, mera attrice, molto meglio e di più di una semplice icona cinematografica. E' come una idea platonica, eterne, etera, pura, perfetta ed irraggiungibile. Che nessuno si permetta di sporcarla o peggio cambiarla. I suoi fans sono gelosi. Non dei suoi amanti passati. O futuri. O vari ed eventuali. Semplicemente hanno una loro concezione di Glenda, che non può essere tradita. Costi quel che costi, va difesa con la forza, mantenuta dura e pura, al di là di ogni possibile sviluppo della vita di ognuno e della stessa Glenda.
In un villaggio turistico tutto è attutito, messo in disparte, comprese la vita passata e quella futura. Sì è in vacanza in maniera totale, globale. Ma allora cosa sono questi vicini misteriosi, queste avvisaglie di tempesta, questo sentimento incipiente che va urlando che non tutto è a posto, anzi, c'è qualcosa fuori dell'ordinario nell'appartamento adiacente, c'è da giurarci. 
Così come la metro di Buenos Aires non è esattamente solo tentacolare o funzionale. C'è di più. Il sotterraneo non è come alla luce del sole, signori, state attenti. Niente di letale magari. Solamente niente è come ciò che appare. L'essenziale è invisibile agli occhi, potremmo dire. 
Eccolo il mondo dei racconti di questo piccolo,agile, scorrevole ma inquietante libro. Tutto è così piccolo e nella sua piccolezza rivela una sconcertante, annichilente infinità.

Nato a Bruxelles nel 1914 e morto a Parigi nel 1984, con tanto di sepoltura nel cimitero di Montparnasse, Julio Cortazar rimane ancora oggi uno dei migliori scrittori argentini, forse un poco misconosciuto e dimenticato alla morte, ma degno di una riesumazione post mortem. Come si legge in una bella pagina Internet, la sua fama è una di quelle underground, porta a porta, sotto traccia. Eppure era noto ed ammirato da gente come Italo Calvino, anche se non raggiunse mai la notorietà di Marquez e sicuramente oggi ha meno fascino di Shakira, come si nota nella pagina online.
Molto più inquietante di Poe, tenebroso e darkeggiante, ma ancora più allucinogeno, variegato. Meno costante di Buzzati, meno fantastico in senso stretto, più surreale in senso lato. Qui non è l'improvviso che coglie l'attimo e si rivela. Solo che la realtà rivela inspiegabili, non spiegati e incredibili buchi neri che ti centrifugano via ed allora non si tratta di universi paralleli, ma di inspiegabili ed infiniti mondi accanto che ti erano sfuggiti ed invece esistono, anzi, ti resistono. Non ossessivo come Kafka ma profondo, paludoso, onirico allo stesso modo, ma senza scadere nella morbosità del sognato. Algido come Borges, ma meno letterario, meno bibliotecario e più psicologico, non ci si cimenta solo nel vasto campo della metaletteratura, che resta ai margini. Siamo nell'Altro, non per forza esotericamente inteso, un King che non fa thriller bensì narrativa che ti invade la mente e si nutre delle tue perplessità. Ci si arroventa ed a volte si rimane scottati dalle pieghe impreviste non del destino o della mente umana, ma della stessa incredibile, inverosimile, invereconda realtà.

Più onirico e  caparbio di Bestiario, rimane un gioiello di pura letteratura.

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