martedì 16 dicembre 2014

Le correzioni (Jonathan Franzen)

Una tranquilla famiglia americana. Di quelle che. Quelle che insomma, qua e là le dicono normali. Che lavorano, lavano i piatti, educano i figli. E per carità, pagano le tasse, per quello che si può. Pregano. Amano. Odiano. Fanno figli. Per dire, una di quelle famiglie che non vanno in televisione, ma fanno la nazione, una nazione che tale non è nata per caso o per follia, ma che poco tempo fa faceva tanta invidia e che una volta, non lontana, dominava il mondo ed ora si trova dominata, cose che succedono. Ma non ditemi che nessuno lo sapeva, fatta di queste persone, che sotto sotto pensano che la felicità può essere acquistata al supermercato, la serenità non è tassata ma neanche è una rendita e la carta di credito una password per accedere ai misteri della vita, svelandone i perché. 


Personaggi chiave mai semplici, affatto complici, molto molto essi e mai sé stessi. Ma non fanno la notizia. Ma insomma cosa si può chiedere a questo nucleo famigliare? Fanno il loro dovere. Forse. In fondo pensano di poter correggersi o correggere. Sbaglio impudico. Siamo una perfetta imperfezione, facciamone tesoro. Dovere è forse poter dovere. In ogni caso Enid e Alfred Lambert affogano ormai nella noia, Una noia paranoica, ottenebrata, che invecchia precocemente, considerato poi che loro non sono affatto giovani. Il contrario. Marciscono, con Alfred preda di malattie che non perdonano, tipo un Parkinson che nessuno nomina ma che alla fine ammorba tutti, compreso lui. Troppi fuochi si sono accesi nel passato e le braci sembravano oramai spente, ma non è così, tutto covava sotto la cenere. Enid è ancora convinta di aver fatto parte di una bella famiglia, che si può coreggere ciò che inesorabilmente è successo e che invece. Gary, il primo splendido e splendente figlio è sull'orlo del divorzio, causa depressione ed anche la sua famiglia onnipresente e onnisciente. E dire che era in fase ascendente, sono gli anni novanta, l'economia Usa galoppa e lui è in banca, come cosa dove quando vuoi avere di più. Chip, il secondo maschio, invece cade. Come un Icaro qualunque, anche se non era andato a caccia del sole. Dotato, ma di ali di cera ed il sole non perdona, ti scioglie in volo e ti fa cadere. Professore universitario dismesso, accusato di molestie sessuali, finisce nella lontana Europa dell'est, abbandonato da tutti, compresa la sua donna, ma abbracciato dal miraggio di un lavoro facile, fedifrago e ladroneggiante. Ma lì dove è andato sta per scoppiare la rivoluzione, chissà se lui ne uscirà vinto o vincitore, oramai perso e divorato dal nulla, in ogni caso. C'è poi Denise, bella ma spiazzata, dalla vita, dai sentimenti, da quello che poteva, da quello che non doveva, da. Insomma, una donna ai margini della crisi, ma brillante chef, divorziata, single almeno in pubblico ed abituata al fatto che alla fine siamo caso e casualità, non destino ma nemmeno scelta. Eppure si sente stritolata. C'è qualcosa attorno che è soffocante. Certo a volte tutto è normale, altre no. Ma cosa sia la normalità nessuno lo sa, forse Dio, ma Dio è impegnato altrove, distratto, non ha tempo per questa famiglia. Che non né peggio né meglio di altre, anzi, è perfettamente nel mezzo, della nostra imperfettitudine. Realistica e surreale nella giusta misura di ogni famiglia che si ritenga normale. 

Lessico famigliare, quasi ammiccante, ma con improvvise accelerazioni. Stile contenuto ma furbo, che a volte sterza e ti fa rimanere lì, impallidito e convinto. Bravo Franzen. E' un romanzo di solido impianto classico, ottocentesco, ma pienamente inserito nel fine scorso secolo, per raccontarci una storia provinciale nella ex nazione capitale e capitalista del mondo, che in un mondo occidentale globalizzato diventa emblema e proverbiale, se non emblematica. Mi scusino gli appassionati ma molto più convincente del ridondante e stancamente prolisso Roth di “Pastorale americana”. Non so se gli scrittori riescano a ripetersi, quando esordiscono con un romanzo encomiabile, me lo auguro. Questo davvero merita. Qualcuno, commentandolo, dice non succede niente. Infatti è vero. Tutto è già successo, si racconta solo il postumo del trauma e quella indifferibile, indecente indifferenza alla più normale normalità che è tipica di ogni persona anche non americana, specie in epoche dove tutto sembra andare bene ed invece si sta andando verso il male. Per il resto, come da titolo, c'è Mastercard.

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