mercoledì 12 agosto 2015

La banda dei brocchi (Jonathan Coe)

Vite. Musica. Adolescenza e poi è subito sera, quando inizia l'alba della vita adulta. Birmingham, anni Settanta. Benjamin Trotter è il prototipo classico del "brocco", ovvero del nerd ante litteram ma all'inglese, dello "sfigatello" tutto tensioni e passioni ma ahime la concretezza si scioglie come neve al sole. Ormonale ma compassato, artistoide e lettore incallito anche di classici e non solo del cult/cool Tolkien, smania e smanetta ferocemente i suoi sentimenti e i pensieri, mentre l'esuberanza giovanile deflagra tutto d'intorno e il suo paese, l'Inghilterra, è in preda ad una crisi economica, dilaniato dal conflitto con l'Ira e musicalmente parlando ad una svolta epocale, il passaggio dall'impero del progressive all'esplosione della velleitaria ma intensa galassia punk.



Asincronico, avvolgente, con variazioni di punti di vista e forma della narrazione (da quella classica al diario al monologo interiore) La banda dei brocchi è la conferma dell'incredibile talento narrativo di Coe. Capace di architettare una incisiva panoramica della Inghilterra di quegli anni, ma vista dalla middle/low class, senza mai dare l'impressione di giudicare, ma solo di raccontare. Aspirazioni di elevazione per i propri figli, grazie  a borse di studio, turbolenze politiche e sentimentali di vario ordine e grado, un melting pot composito ma non confuso. Ed oltre le tensioni politico-sociali e quelle sul punto di implodere a carattere razziale, l'ombra del conflitto intestino e violento con l'Ira, con i suoi drammatici risvolti di morte e pressione.
Il perno della variegata e multiforme storia è ovviamente Ben, alterego probabilmente dello stesso autore, un ragazzo dove“Lo spirito di ribellione giovanile che anima la maggior parte dei ragazzi della sua età, nel suo caso, si esauriva nell’ammirazione per Harding  e il suo umorismo diabolico e anarchico. Benjamin riusciva a essere un dissidente soltanto per procura”. Eppure di storie se ne procura, almeno da narrare.
Tanto lucido nell'osservare l'impotenza e lo svolgersi del tempo e della vita quanto timido, rassegnato, emotivamente sensibile e goffo. Insomma un "brocco" coi fiocchi. E in un panorama dove il sindacato è più potente di qualsiasi partito o lobby, dove non ci sono cellulari ed internet è fantascienza, le avventure agrodolci e le sbandate, spesso out of control ma con moderazione, di Ben e di suoi amici (Doug e Philip su tutti), delle loro sorelle ed amiche, dei loro genitori  sono descritte con delizioso estro e mirabile omogeneità strutturale e lessicale, in una di quelle letture dove ogni minimo componente è accuratamente congeniale al funzionamento dell'intero ingranaggio. Ed in sottofondo una colonna sonora azzeccata, in linea con i tempi descritti e animata dal velleitario progetto di costituire il gruppo Il bastone di Gandalf, animato soprattutto da Philip e sostenuto dalla timida ma forte volontà di Ben di scrivere una canzone , innamorato a fondo perduto (e in fondo senza speranze concrete) della soubrette liceale Cecily Boyd.


Forse il miglior Coe assieme a La casa del sonno, questo romanzo sarà seguito dal meno brillante ma pur sempre riuscito Circolo chiuso. Un talento, quello di Coe che attualmente pare offuscato o forse solo in momentanea vacanza ma che anche in episodi manierati e sostanzialmente privi di spessore come  I terribili segreti di Maxwell Sim rivela la sua non arrugginita evidenza.
Una testimonianza d'autore su un decennio movimentato e terremotato, che sfocerà nel "regime" tatcheriano ed un nuovo rigido modello anglosassone di way of life.




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