domenica 18 dicembre 2016

Lolita (Vladimir Nabokov)

“Ognun sta solo sul cuor della terra / ed è subito sera” (Salvatore Quasimodo, cit.).
Lolita, fuoco dei miei lombi. Lo so la conoscete questa frase. No, la storia non ve la racconto. Immagino che la sappiate tutti. Voglio dire Lolita da personaggio letterario è diventato fenomeno e marchio (lolitismo) della memoria collettiva, come sono oramai nel lessico comune kafkiano o bovarismo. Per via diretta o indiretta. Un consiglio: non  cercate moralità, o insegnamenti. Il romanzo non li dà e Nabokov stesso in una illuminante postfazione li esclude.

domenica 11 dicembre 2016

A volte ritorno (David Niven)



Diciamo che gli ingredienti c’erano tutti, anche troppo. Per stupire e magari per divertire. Un mondo apparentemente alla deriva e privo di valori non fatui come quello attuale, un Dio che per rilassarsi va a pesca e si perde 400 anni di umanità, un Gesù Cristo che passa il tempo a fumare erba e strimpellando assieme niente di meno che Jimi Hendrix. Alla fine tutto esile,a  volte stantio, molte trovate e poco spessore. Insomma un libro da ombrellone, premesso che non amo questa frase perché non mi appartiene, in spiaggia ho letto anche Faulkner e Kafka per dire e non stonavano affatto.

lunedì 5 dicembre 2016

Esco a fare due passi (Fabio Volo)

 
Improponibile giovane Werther, incline al romantico o all' intenso come Francesco Totti all'hockey su ghiaccio, questo Volo senza ali, questo Volo con i piedi radicati a terra e sprofondanti nella melma della banalità, sforna una sorta di diario confessione che fa da splendido contraltare alle pesudo avventure erotiche della Melissa P., regalando una lettura insipida come una saponetta dell'hard discount e proponendo contenuti gustosi come uno yogurt scaduto, Moderno come un'anticaglia ritoccata al computer, ironico come un testamento o un salmo funebre, frizzante come l'acqua di una fontanella frigida e accaldata, questo libro è un impressionante, sconfortante, indomabile affollamento di frasi già sentite, di metafore già ascoltate.

lunedì 7 novembre 2016

Un comunista in mutande (Claudia Pineiro)

Lessico famigliare. In salsa argentina. Il dolce suono dei ricordi, anche se talvolta la memoria ingigantisce scrupoli e  rumori e dimentica facilmente i silenzi, gli ardori.
Un padre tanto scomodo ed invadente, quanto imponente. Letteralmente amato, per quello che è, soprattutto per le sue debolezze come solo una figlia e non un 'amante sa e può fare. Una venerazione a volte sarcastica a volte estatica. Quel torace scolpito, quella sua scontrosità impermeabile a tutto, quella sua insolenza anche nella vita di coppia, quel modo che è il suo modo ed ogni papà è bello alla figlia sua, parafrasando un celebre detto napoletano. Da non perdere, per la sua irridente e sapiente semplicità, che ha bisogno di una lettura complice ed un approccio empatico. Argentina, 1976. E niente sarà come prima neanche a casa Pineiro o come volete chiamarli.

giovedì 3 novembre 2016

Matematica congolese (In Koli Jean Bofane)

Parafrasando il Venditti di "Notte prima degli esami", quando la matematica diventa un mestiere. E lo dice chi spesso dà i numeri, ma raramente riesce a domarli. Célio sta sorridendo, disteso sullo splendido letto del suo nuovo appartamento. È appena andato in onda il suo impattante spot sull’emittente statale, è soddisfatto. Ora il mondo spalanca le sue porte per lui, ormai un ex dei quartieri affamati di Kinshasa. Un premio alla caparbia ostinazione e alla fiducia incondizionata nei poteri della matematica, materia di cui è padrone. L’assoluto factotum delle manovre presidenziali, il libidinoso Tshilombo, l’ha preso in simpatia. Il losco figuro è la longa manus del Presidente, ultimamente vittima di rigurgiti democratici che indeboliscono il suo dominio. Peccato che la sua guardia fidata, a cui ha commissionato la sorveglianza di Célio, sia in preda ad oscure paure ancestrali. Un mondo difficile, questo Congo, in cui il regime resiste, i ribelli avanzano, l’Occidente preme per motivi di interesse. E Célio ripensa alla sua infanzia infranta dalla guerra civile, al prete cui deve sostanzialmente tutto, alla bella collega soggiogata dalla sua rapida ascesa.

martedì 25 ottobre 2016

Il trono vuoto (Roberto Andò)

Metafisica del contemporaneo. Un partito politico importante. Un leadership inattaccabile da difendere. Sondaggi. Consenso. Ed una vita propria che sfugge, va via. Bisogna riprenderla. Enrico se ne va, di nascosto e senza dare spiegazioni. Il mondo non può girare attorno ad un segretario di partito. Meno male che ha un fratello gemello. Peccato che sia in centro di igiene mentale. Però alla fine meglio salvare le apparenze e sostituirlo, costi quel che costi. Anche se alla fine invece che il tracollo, l’inopinata ed ingiusta malefatta politica si rivela un successo. Il tutto su un piano speculativo. Con, per contrappasso,  sullo sfondo il sesso, inteso come istinto primordiale e salvifico, a giustificare la propria insoddisfazione. Che sia romantico o veloce, rimane l’unica certezza. Dura quasi un attimo, eppure appaga.

mercoledì 19 ottobre 2016

Il figlio ( Philipp Meyer)

Niente Roth e tantomeno Franzen. Neanche McCarthy. E nemmeno, dai più amato, Wallace. La narrativa più esplosiva che abbia letto, nella statunitense  contemporanea, appartiene ad un ragazzetto di quarant’anni. Giudizio di parte certo, ma che io conosca esprime un nuovo talento. Un romanzo poderoso, avvolgente, strutturato su più piani, dall’andazzo classico ma separato e distinto da capitoli in sequenza diacronica (= sfalso temporale) eppure con  aperture e chiuse davvero coinvolgenti, detto fra noi in alcuni casi memorabili. Dai bisonti ed i Comanche al petrolio alla speculazione bancaria. L’epopea dei McCollough, famiglia nel senso sacro della parola e made in Usa.

venerdì 14 ottobre 2016

Ricordami così ( Bret Anthony Johnston)

Paura, dolore. E soprattutto il senso di colpa, che attorciglia istanti, violenta cervelli e stringe forte la presa sin quasi a far mancare il respiro. Si pensa sempre di non fare il proprio dovere, da genitori, di far mancare qualcosa al figlio ed allora ci si umilia e ci si frusta, peggiorando di fatto le cose. La famiglia Campbell sembrava una famiglia felice, di quelle che diciamo da pubblicità Barilla. Poi è scomparso Justin, il primogenito. I tre rimasti, padre, madre e secondogenito, hanno sfaldato tutto, la propria autostima, il passato, il presente ed il futuro. Nulla rimane uguale. Si differenziano legami intimi, la reciprocità, la condivisione, anche l'affetto. E l'improvviso ritorno dello scomparso, dopo una vicenda tenebrosa se non orrida, invece di essere una catarsi diventa un problema.

mercoledì 12 ottobre 2016

Camerata Neandertal (Antonio Pennacchi)


Un vero e proprio outing. Mentre lo trasportano al Policlinico Gemelli di Roma, Antonio Pennacchi pensa che in fondo è un uomo fortunato. Secondo infarto, sempre in prossimità di pubblicazioni che lo hanno impegnato a fondo ma anche liberato di tensioni artistiche ed espressive, con l’impossibilità di esser curato a dovere a Latina, la cittadina che ama e dove vive. Ma ce la farà. Roma lo aiuta ed in fondo lo ispira da quando è poco più che un bambino. Ma Latina, la vecchia Littoria dei tempi del Duce, in realtà è il crocevia dei tanti suoi ricordi, Certo, uno dei motivi principali che lo animano da quando ha smesso di lavorare e si è laureato in Lettere è quello di ristabilire alcune verità storiche, anzi preistoriche. Veramente l’Homo Sapiens è tale oppure è una commistione di razze? L’urbanistica ha regalato alla sua terra natia una dignità oppure è stato solo il solito affare gestito male dalla politica e da speculatori? Pennacchi forse soffre di cuore perché ci tiene troppo a dire la sua verità.

martedì 11 ottobre 2016

Itaca per sempre (Luigi Malerba)


 Riscrivere un totem, ma senza nerbo. La prima epopea occidentale. E, probabilmente, la più famosa. L’odissea. E da lì iniziò la narrativa occidentale, dicono gli storici. Come non resistere al suo fascino. E come non restare ammaliati da Ulisse, comprimario risolutivo nella prima parte e protagonista assoluto della seconda parte del poema. E qui ce lo ritroviamo quasi alla fine. quando approda alla sua amata, agognata ( e a volte obliata, Circe dixit) Itaca, dove Penelope la moglie è sempre più bella e concupita e gli altri suoi cari non faticano a riconoscerlo subito, nonostante il travestimento. Ma Penelope prende tempo, non si sa mai. Vedi le donne, quante ne sanno.

Giulia 1300 e altri miracoli (Fabio Bartolomei)


L'isola che non c'è. Forse. 

La condivisione. L'amore. Una vita che abbia una direzione se non certa perlomeno non affannata. Diego, Fausto, Claudio e Sergio. Più che un poker d'assi un quartetto senza archi e  per lo più stonato. Stonato dalla vita dal lavoro, dall'amore (ammesso che tale sia) oppure semplicemente da un carattere limitato.
E così i quattro, più per insofferenza che per voglia, aprono un agriturismo in Campania, sfruttando un casale a prezzo d'acquisto conveniente. Ma le magie non ci sono ed appunto serviranno miracoli, vuoi per propria od altrui incapacità.
L’allegra banda che presto crescerà di numero ha infatti dimenticato un po' di cose. I propri limiti, il proprio  vissuto e soprattutto la camorra, la corruzione, l'immigrazione clandestina ed una Giulietta 1300 che sotterrata per evitare guai, ha lo stereo che si accende ad intermittenza e trasmette musica classica. E non si spegne.

giovedì 8 settembre 2016

L'altro mondo (Marcello Fois)

Barbagia. Fine ottocento. Bustianu, un avvocato senza remore. Una terra con le sue leggi e le sue storie, che mal digerisce oppure si accoppia in maniera insana e subdola con il governo centrale, che è lontano, oltremare. Una natura impervia non sempre benevola, dagli odori forti, da colori spesso vividi. E un sotto fondo di violenza, nuda  e cruda, quasi archetipica. Ed una storia con qualche tinta noir che racconta a volte cose dell'altro mondo. Ed una lingua particolare, sostenutissima.


L’avvocato in questione, stimato e quasi temuto anche per le sue prese di posizioni politiche socialiste e antigovernative, viene convocato in segreto dall’efferato brigante Dionigi Mariani, imprendibile alla polizia ma oggetto di visite appassionate di turisti stranieri. Vuole essere scagionato dall’omicidio di una ragazza, lui che sulle spalle di morti inferte ed accertate ne ha svariate. L’avvocato verrà ingurgitato da una storia incredibile e più grande di lui. Questo mentre nel frattempo è vittima di un dissidio familiare, dalle tinte melodrammatiche eppure così sanguigno. La fiera, possessiva ed ancestrale madre non vuole che frequenti in pubblico e peggio voglia sposare la bella e solitaria Clorinda. Uno scontro duro, ai limiti del litigio perenne e mai risolto. Mentre piano piano si disvela una storia inquietante  e macabra, con sullo sfondo un governo italiano reazionario e menefreghista, tutto teso a riportare l'ordine in Sardegna in apparenza. In sostanza solo proteso a poter esercitare comodamente i propri interessi economici e non. E l'isola, con al sua natura così impetuosamente descritta, appare proprio un altro mondo.
Una storia breve, ma a suo modo potente. Terzo episodio di una trilogia di cui non sapevo l'esistenza ed in effetti qualche sottinteso di troppo lascia intendere che in altri romanzi si siano date più efficaci spiegazioni. Un atto d’amore forse per la propria terra. Assolutamente distante anni luce da un Soriga, molto più ostico di Niffoi, più pretenzioso della Murgia, Fois è innegbailmente uno scrittore dotato, sicuramente degno di menzione, le lunghe ed improvvise parti in sardo stretto purtroppo negano al lettore non avvezzo a quella lingua la comprensione per intero dei dialoghi e a soffrire più del dovuto, mentre i restanti passi sono sostenutissimi, con un lessico accurato e originalissimo ed una descrizione maestosa, ricercata  e non usuale. Insomma, promosso a metà, perché se apprezzo scelte
stilistiche coraggiose desuete come questa, la mia ignoranza non mi permette un giudizio pienamente positivo. Per curiosità, ho appreso via web che il protagonista è realmente vissuto e si chiamava Sebastiano Satta, avvocato e poeta.

martedì 23 agosto 2016

Opinioni di un clown (Heinrich Boll)

  Pagliacci alla ribalta. Ed il circo di cui si parla è quello poco edificante dell'ipocrisia umana. E lui accetta serenamente tutto, perché pur facendo parte del circo è solo un clown e fa collezione di attimi.
A volte si fa buio, nelle notti dell'anima, e puoi accendere le candele del sarcasmo oppure dell'odio, puoi sperperare iridescenti fiammiferi di speranze, tentando con vigore e tenace determinazione di illuminare spazi di comprensione oltremodo oscurati.

Quando il cuore si ribella.

Quando si instaura quella particolare cecità che permette di disintegrare il buio, che fa luce su ogni angolo oscuro.
Quando il cieco dolore solamente ammantato di ironia piega e spezza ogni debole ipocrisia, quando la rabbia viene stappata dalla bottiglia del dolore e fuoriesce, senza freni o inibizioni di sorta e nessun bicchiere di pazienza per quanto capiente può raccoglierla per intero.

Tutto questo accade quando un torrente di malinconia decide di arrivare al mare delle conclusioni per quanto disperate ed indesiderate esse siano.


giovedì 18 agosto 2016

Soli eravamo (Fabrizio Coscia)

Che ne sapete voi, di come sono gli artisti. Gente strana, per niente comune. Oppure talmente ordinaria da mettere spavento. Così magari Cechov idolatra Tolstoj, quasi come ne fosse innamorato e si sente svenire quando lo incontra. Oppure Proust e Joyce se la tirano terribilmente e quando si incontrano non vorrebbero neanche salutarsi, pensando io sono meglio di te. Oppure Kafka impietosito scrive lettere per una bambina che ha perso la sua amata bambola. Un viaggio letterario ma non solo.


La strada è la mia casa (Pia Petersen)

Hadrien, dopo aver camminato ore per le strade della sua città, sta per uscire dalla biblioteca. Adora passare tempo lì dentro. Magari non legge, ma solo osserva e palpa i libri e si gode il silenzio, il caldo, l'apparente serenità. I libr lo affascinano. Una volta aveva uan fornita biblioteca personale. Una volta.
Agli addetti chiede informazioni delicatamente, non si cura del fatto che il suo aspetto possa suscitare ribrezzo. La donna che è di turno al servizio utenti si sta avvicinando, l'orario di chiusura è già suonato, è ora di andare. Fuori fa freddo, i suoi vestiti laceri, il suo puzzo un fetore insopportabile.


martedì 9 agosto 2016

A mano armata. Vita violenta di Giusva Fioravanti, terrorista neo-fascista quasi per caso (Giovanni Bianconi)

Come un romanzo, ma tutto vero. Amori di piombo.
Perché si si amavano. 
Non sono impazzito, lo giuro. Non almeno nello scrivere questo pezzo. Perché esordire con un titolo romantico per parlare di un libro che narra degli snodi cruciali della veloce e feroce vita di Valerio Fioravanti, può sembrare se non blasfemo quantomeno inopportuno. Perché lui assieme alla sua compagna Francesca Mambro furono fra i più violenti terroristi neri di fine anni settanta ed furono i leader indiscussi della formazione eversiva denominata NAR, Nuclei Armati Rivoluzionari
Però si amavano. Come chiunque di voi, di noi, di altri. Non immediatamente, la passione istantanea calda e libidinosa, l'attimo fuggente, il colpo di fulmine e poi. Ma nel tempo, crimine dopo crimine. Come disse Freud, nel suo bel saggio "Il disagio della civiltà", le due pulsioni essenziali che animano l'essere umano sono Eros e Thanatos, amore e morte. E l'amore che fu e che è tutt'ora fra i due può essere una lucida e limpida testimonianza della asserzione del padre della psicologia. Si sono innamorati uccidendo a caso, spezzando vite innocenti.

lunedì 8 agosto 2016

La pelle (Curzio Malaparte)

Acido, corrosivo, politicamente scorretto e anche di più. Umanamente senza freni, con passaggi al limite di uno splatter ante litteram. Irriverente e sorretto da una varietà di registri stilistici sorprendente, La pelle più che un romanzo è un violentissimo pamphlet sull'esito della seconda guerra in Italia. Si svolge prevalentemente a Napoli e nel finale tocca Roma e Firenze. Uno serie di mirati strali, anticonvenzionali e feroci.

giovedì 4 agosto 2016

Gesti convulsi (Alessandro Bresolin)


Perdersi e non ritrovarsi. Cinque racconti. Cinque vite non proprio allo sbando ma sicuramente poco dirette e concentrate, più che altro smarrite, anzi deviate su binari sbagliati. Il cervello, la centrale di comando, ha dato coordinate errate, o forse sono state le intermittenze del cuore a far intraprendere strade impervie e che forse porteranno a nulla. Un classico direte voi ed allora è la novità, il linguaggio, il contesto.

sabato 16 luglio 2016

I ragazzi Burgess (Elizabeth Strout)

Quel che non sai tu, quel che non so io. Epperò alla fine facciamo quadrato, che siamo nel mezzo di un cerchio che ci stringe
Il preponderante Jim. L’afflitto e amletico Bob. La complicata Susan. Gli ultimi due son gemelli, separati dalla nascita e con vite diverse, entrambi divorziati, l’altro è il fratello più grande, ormai noto avocato, adulato da tutti, compresa dalla fedele ed insicura moglie Helen. Se non che il figlio di Susan, il timido Zach, getta una testa di maiale dentro una moschea della sua sperduta e amena cittadina del Maine. Perché lì esiste un problema drammaticamente attuale come la convivenza fra la neonata comunità somala e gli indigeni. Niente sarà come prima. Perché il passato passa, anche quel drammatico incidente in cui pare che Bob abbia causato al morte del apdre sfrenandogli il trattore addosso, a  4 anni. Ma la famiglia è famiglia. Forse.

mercoledì 6 luglio 2016

La terra vista dalla luna (Claudio Morici)

 “ A generation without name, ripped and torn/ Nothing to lose, nothing to gain/ Nothing at all” cantava tanto tempo fa con forza e rabbia un giovane gruppo irlandese sanguigno e travolgente chiamato U2 e guidato da un cantante carismatico e visionario dal nome d’arte Bono Vox. “Una generazione senza nome, lacerata e tormentata niente da perdere, niente da guadagnare”, urlava allora Bono, in uno dei tanti loro pezzi giovanili ormai ingiustamente nell’oblio, “Like a song” per l’esattezza. Ecco appunto si era agli inizi degli anni ottanta e qualcuno con lungimiranza già gettava uno sguardo in avanti, confrontandosi con le enormi ed avvolgenti pochezze che stagnavano d’intorno e si preparavano a fagocitare il nostro futuro, il mio, il suo, il nostro.

martedì 5 luglio 2016

Ulisse da Baghdad (Eric-Emmanuel Schmitt)

"Mi chiamo Saad Saad, che in arabo significa “speranza speranza” e in inglese “triste triste”. A volte sono Saad Speranza e a volte Saad Triste, ma agli occhi dei più sono niente."
I maledetti del millennio.
Sudore, malinconia  e tanto, tanto coraggio. Ma anche tristezza, paura e un compito improbo. Come  potrebbe poi sopportare la vita un’aspirante rifugiato politico che però l'Europa intera (e  prima anche l'Onu) bolla come mero clandestino da rispedire al mittente?

lunedì 4 luglio 2016

Rayuela- Il gioco del mondo (Julio Cortazar)

Un gioco, certo.
Ma di altissima classe, ostico in alcune parti, poetico e suadente in altre, filosofico a tratti, con una ricercatezza lessicale e strutturale che emergere nitidamente il cristallino talento dell'autore.
Conoscevo Cortazar come maestro del racconto fantastico moderno, quello di Bestiario per dire o Tanto amore per Glenda, e pur continuando a ritenere che la forma più breve gli sia più congeniale, l'ho scoperto romanziere "folle", torrenziale nonché vertiginoso e ambizioso.
La storia raccontata è quella di Horacio, argentino a Parigi costretto a  rientrare alla natia Buenos Aires perché cacciato dai propri amici, con l’ossessione di una donna magica e incomprensibile che non ha saputo amare, e lì si ritrova ospite d'un vecchio amico e la sua compagna. Ma trattasi di un mero espediente per mettere in opera funambolismi letterari, riflessioni cosmiche, paure ancestrali.

giovedì 30 giugno 2016

Il Vangelo secondo Pilato (Eric-Emmanuel Schmitt)



Ponzio Pilato scrive al fratello Tito con profonda inquietudine: racconta che la tomba di Jeshoua è vuota ed il corpo del mago di Nazareth è scomparso. Pensava di archiviare l'odiata Pasqua ebraica senza fastidi ulteriori, ma non è stato così. Per lui sicuramente il corpo è stato trafugato, ma la voce di una impossibile resurrezione potrebbe avere effetti devastanti sulla regione da lui amministrata per conto di Roma. Gli equilibri politici sono infatti instabili, tra sacerdoti del tempio, zeloti e meri criminali à la Barabba. La moglie Claudia continua imperterrita a sostenere che quell'uomo non era un ciarlatano abile e dalla personalità magnetica ma il Messia, il figlio di Dio. Pilato analizza la situazione, avvia ricerche  a tutto campo, assiste al progressivo cedere alla forza di Joshua di Caifa, capo dei sacerdoti a lui fedeli ma anche dei suoi stessi amici fidati, a partire dall’enigmatico e lussurioso Fabiano.

L'uomo che guardava passare i treni (Georges Simenon)


Sarà che sui treni ci vivo. E capisco chi possa avere determinate manie. E ne apprezzo risvolti, antefatti e misteri. Dunque una tematica apparentemente consona, che poi mi sorprende. Perché è una storia tipo "Un giorno di ordinaria follia". L'avete visto quel film? Un eccezionale Douglas che impazzisce e devasta mezza città prima di essere arrestato. Può succedere sapete? Come capita a questo Popinga magistralmente descritto e narrato da un Simenon in forma smagliante e lontano anni luce dagli stereotipi di classe e di genere del suo personaggio più famoso, il commissario Maigret. Un uomo talmente comune da sparire nella folla. Che poi non ci sta più, a niente, costi quel che costi. Abbasso le convenzioni

mercoledì 29 giugno 2016

Il maledetto (Joyce Carol Oates)

Ci vuole coraggio. O forse paura. O magari semplicemente essere bambini, che non distinguono appieno le due cose ed allora riescono anche nei miracoli più grandi. Si respira un'aria fetida nel microcosmo borghese e democraticamente conservatore di Princeton, ad inizio Novecento. Posto rinomato per la sua ambita e famosa università. Efferati delitti, misteriose apparizioni, gigantesche allucinazioni che però paiono reali. E oltre ad una moltitudine di personaggi di antiche e più o meno nobili ma comunque benestanti famiglie, specie  gli  Slade, si incrociano nei vari destini le figure degli scrittori Jack london, Marc Twain, Upton Sinclair e futuri personalità politiche come Woodroow Wilson. Ma per ora è la morte ed il demoniaco che si impossessano dell'intera cittadina e si propagano senza sosta e nessuna pietà.

giovedì 9 giugno 2016

Chiedi alla polvere (John Fante)


Leggere un libro a volte significa trovare un libro prima di tutto. Ho scoperto John Fante leggendo Julia - le avventure di una criminologa, il mio fumetto preferito. Siccome offre ampi spunti di approfondimento e lettura mi era venuta la curiosità di cercare un libro avvincente per rompere la noia di questi giorni.

giovedì 31 marzo 2016

Shotgun lovesongs (Nickolas Butler)

Parla di un cantante, prende il titolo da un suo disco, ma non è un romanzo musicale, anzi. Il sottofondo struggente, silente quanto rumoroso, sono le dissonanze e non gli accordi, le crepe, non le suturazioni, le saturazioni e non il colmare i vuoti. Ma non è melenso né melodrammatico. E’ vita, pura vita, con i sui vivaci colori e i suoi tragicomici sfondi in bianconero, quando talvolta non piove grigio che scolora e tutto attutisce. Una storia dove viene scolpito uno dei comandamenti troppo spesso bistrattati: nella vita non si può cambiare il carattere ma solo accettare gli eventi

mercoledì 24 febbraio 2016

Baci scagliati altrove (Sandro Veronesi)



Quando i baci partivano in orario, forse in stazione d'arrivo ci trovavi un poco d'amore, o comunque un appuntamento per un futuro migliore. ma quando sono cominciati i ritardi, le distrazioni, le detrazioni fiscali e non, allora un caos calmo ti conquista e ti sorprende. E allora se non più in orario, Veronesi ci suggerisce che tutti diventano baci scagliati, ma altrove, fuori bersaglio o addirittura fuori dalla realtà. Una raccolta riuscita e per certi versi soprendente.
Malgrado il racconto sia un genere sostanzialmente inviso ai lettori italiani. 

mercoledì 13 gennaio 2016

Firmino (Sam Savage)

C'era un famoso romanzo di Steinbeck, noto scrittore statunitense di romanzi degli anni Trenta (su tutti “Furore" che per inciso consiglio vivamente) che intitolò un suo libro "Uomini e topi", dove si narrava una cruenta amicizia negli Usa che furono. E ben venga questa citazione per il testo da presentare. Perchè si parla di letteratura, uomini e appunto topi, anzi ratti, per carità, che, da quanto ho potuto evincere, se la prendono male se non vengono identificati con il giusto nome, è come dare del cane ad un lupo, dell’asino ad un mulo e così continuando all’infinito. Tutti esseri viventi, ma con una propria e precisa identità animale, noi compresi, per carità, dio ci scampi e liberi dalla confusione.
Una favoletta, niente di eccezionale. Assolutamente consigliabile ad esempio a pre- o adolescenti secondo me.
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Bestiologia premessa, Firmino è un ratto ultimo di una promiscua nidiata, figliato da una madre abbastanza "sui generis", scanzonata ma ubriacona, che sin dalla nascita ha segnato il suo destino. Il cupo anfratto che gli fa da tana è infatti un remoto angolo di un oscuro scaffale del deposito di una libreria. Per fato o per drammaturgia comandata, il nostro eroe comincerà a sgranocchiare le pagine dei libri più che avanzi di lauti umani pasti e formaggi più o meno con denominazione di origine controllata e, come per una insita magia nascosta nella parola scritta, avrà tempo, modo e a questo punto fame, per ingurgitare una variegata e compostamente onnivora branca della sapienza cartacea, sia essa di natura meramente narrativa che invece scientifica, filosofica, filmica e quant’altro. Firmino si nutre di lettura, più che di materia succulenta o magari avariata, sostanza più o meno saporita. Di appetito in appetito, Firmino non solo mangerà leggendo e leggendo proverà a saziarsi, ma dovrà ingurgitare bocconi amari, non solamente per il notorio sapore ameno e amaro dell’inchiostro, putroppo, ma anche per.
Gli uomini, verso cui lui sentirà in qualche modo di rapportarsi in quanto autori (soprattutto), venditori (quando capita) e lettori (volendo), del suo prezioso ed insolito cibo, non sempre saranno all’altezza delle sue sognanti aspettative. Anzi, talvolta mostreranno il loro incalcolabile disprezzo per ogni fame, cartacea, spirituale o stomachevole che sia e produrranno in serie una innumerevole sequela di delusioni davvero inappetibili, ma c’est la vie.
Non sconfinando in un trattato dietetico e nemmeno in una ricetta spiritual-mangereccia di sapore vagamente filosofico, il libretto in questione snocciola inappellabili sentenze e sentenzia appelli a chi sappia raccoglierli. Esso divenne un caso letterario di recente, edito da casa editrice quasi artigianale negli Usa e in breve tempo onorato dai fasti dalle cronache giornalistiche e di economia libraria, a firma del prepensionando (artisticamente parlando) Savage, classe 1940.
“Firmino” è una fiaba affatto epica o memorabile che può fungere da ottima iniziazione agli esordienti della lettura o a quelli poco avvezzi. A patto di porre precise condizioni che la letteratura non è un obbligo, ma nemmeno per forza un mero esercizio di svago o disimpegno, semplicemente una attività che ha i suoi caratteri pregnanti e per così dire seri, che necessitano di umiltà, volontà e compartecipazione, di sensibilità e se volete anche di capacità. In un mondo che mi pare sempre più teso a parlare anzi sparlare più che ad ascoltare, più propenso al correre che al riflettere, più al riprodurre e all'investire che a guadagnare sogni e spendere desideri. Ebbene, un'operazione editoriale come la presente incontra il mio più pieno ed incontrastato gradimento al di là della effettiva riuscita letteraria che vi dirò, non mi convince ed appassiona.
Lo stile talvolta risulta addirittura quasi barocco, con una ricercata (capziosa) scelta di termini e lessici ad effetto, le citazioni inserite a random, senza un filo logico che sia comprensibile. Come i fuochi artificiali, come le stelle cadenti, come quando fuori forse si scriveva e tu non leggevi non attentamente, una miscela, per certi versi esplosiva, per altri quasi un fuoco fatuo, dal ritmo discontinuo e la trama esile. Ciò non toglie che nel complesso trattasi di ottimo soggetto per una futura trasposizione cinematografica, che magari già c’è stata ed io non lo so, ma si presta bene alle evoluzioni, circonvenzioni e soluzioni grafiche di coloro i quali ottimamente negli ultimi tempi propongo al cinema film di animazione di ottima fattura. La qualità nel libro sta nella breve ma incisiva morale che io, personalmente ne ho ricavato. Da tempo reclamo più tempo per la lettura, più attenzione, in un paese come l’Italia (e se volete in un sito come Ciao) dove la maggior parte, la schiacciante parte, reclama diritti di sola scrittura, convinti che si è adatti a dire più e meglio degli altri, in quanto possessori di memoria e abilità al di sopra della media. Purtroppo la media è bassa, la matematica non è un’opinione, insomma, sarebbe bello vedere aumentare la vendita dei libri e diminuire in numero uguale e contrario le recensioni ed i libelli. Un sogno il mio, come quello di Firmino, che da ratto agogna ad essere visto come lettore ed essere vivente ed invece alla fine viene confuso quale topo al massimo simpatico ed estroverso, nonostante il suo razzismo intellettuale, per così dire, e basta.
Credo di aver spiegato le quattro stelle: comunque, in ogni caso, benché il tutto profumi di mera e leziosa operazione di carattere commerciale o forse con fini cinematografici, tra un difetto e l’altro ha un pregio, per me davvero pregevole: leggere fa bene, non solo ai sogni ma anche alla realtà. Perché se ci pensate bene, nella nostre umane fattezze, entrambi i mondi non possono fare a meno uno dell’altro. E grazie alle nostre conoscenze, leggendo, di volta in volta scegliamo in quale parte stare, per quale delle fazioni fare il tifo. Senza mai dimenticare che nel bene e nel male, nell’odio e nell’amore, sempre umani siamo. E va bene così. Fino a prova contraria. E ciò non toglie che per chi ne ha voglia, istinto e magari anche dote, è bello scrivere. Lettura permettendo, sia chiaro.


martedì 12 gennaio 2016

Nordest (Marco Videtta, Massimo Carlotto)


Quel Veneto che non ti aspetti. Certo, miracolo italiano, economia che tira attira e magari in alcuni casi “stira” i lavoratori. Come no. Bella vita, un pizzico tra coca ed alcolici, commistioni politiche e vai, tutti in Romania, quando si mette male, lo Stato prova a fare capolino ed insomma con il solito funzionario di Polizia bloccato a priori, la presunta produttività e competitività si riduce al solito girone infernale dantesco fra maneggioni, lussuriosi, qualche sfigato e l’innocente di turno messo alla gogna e giustiziato, che tanto così va. La lezione che emerge dalla parabola del Francesco protagonista, nobile rampollo di famiglia avvocatesca che nelle mani trova solo morte, tradimenti e dolore è degna di fiction televisiva, cui uno degli autori, Marco Videtta, pare fatto al caso, almeno da quarta di copertina.


lunedì 11 gennaio 2016

Barnabo delle montagne (Dino Buzzati)

La vita. La sfida. La riservatezza e l'ambizione. La sete, la fame, la paura. Sembrano parole facili, scontate. Ma non è così. Sono concetti impervi, come la parete di una roccia scoscesa ardua da scalare. Una favola molto tipicizzata e manierata, ma che rivela già le doti di un Buzzati ancora acerbo ma già alla ricerca di stile e stilemi per dare vita alla sua narrativa. Meno epico e esistenzialista del successivo Il deserto dei Tartari, distante anni luce dalle tematiche dei suoi ultimi romanzi quali Il grande ritratto oppure il più famoso e "scandaloso" Un amore.

venerdì 8 gennaio 2016

Runaway dream. Born to run e la visione americana di Bruce Springsteen (Louis P. Masur)

Quando nel 1975 sta per uscire il disco Born to run, Bruce Springsteen, classe 1949, professione rocker e cantastorie, è considerato un musicista che il futuro può solo distruggere, professionalmente ed economicamente parlando. Ha tra le dita gli arpeggi giusti per suonare la sinfonia del successo non solo in patria, ma nel mondo.