lunedì 8 agosto 2016

La pelle (Curzio Malaparte)

Acido, corrosivo, politicamente scorretto e anche di più. Umanamente senza freni, con passaggi al limite di uno splatter ante litteram. Irriverente e sorretto da una varietà di registri stilistici sorprendente, La pelle più che un romanzo è un violentissimo pamphlet sull'esito della seconda guerra in Italia. Si svolge prevalentemente a Napoli e nel finale tocca Roma e Firenze. Uno serie di mirati strali, anticonvenzionali e feroci.


Lasciate ogni speranza o voi che entrate in questo romanzo, dunque. Non verrà risparmiato nessuno. Con una spietata ed apparentemente lucida vena ironica che però è solo polemica feroce e disgustata ci viene raccontata l'Italia dei vinti che si accomoda sul carro dei vincitori invasori eppure osannati.
Parole come cencioso, pallido, orrido usate a dismisura. Facendo da contraltare allo sporadico e mimetico utilizzo del francese e in misura minima dell'americano.
Basato su vicende autobiografiche, dato che Malaparte fu veramente un ufficiale dell'esercito italiano utilizzato per il raccordo con il comando alleato, narra dei primi tempi relativi alla liberazione di Napoli e l'alloggiamento degli alleati inchiodati a Cassino, per poi verso la fine avere qualche capitolo relativo al prosegui dell'avanzata vincente degli anti nazi-fascisti. il libro è nudo e crudo, al limite dell'indecente. Una serie di episodi descritti minuziosamente e che hanno sempre un carattere infernale, disagiato che spesso sfocia in un delirante, grottesco surrealismo. 
Delle mie letture solo il viaggio senza pietà di Celine mi aveva così impressionato, anche per la potente espressività del linguaggio. Ecco questo libro è unico per la varietà sorprendente di stilemi utilizzati, al di là dei contenuti, che certo possono essere discussi, contrastati ma non ignorati. Certo Malaparte appare spesso misogino e abbastanza perplesso sugli omosessuali, trattati come una selvaggia, disordinata e isterica congrega malata di sesso. Ma tutto il libro, ad ogni pagina, svela il profondo e mai celato malcontento malapartiano, che con la imminente chiusura della guerra vede anche il definitivo tramonto dell'Europa o perlomeno della sua idea di Europa.
Gli americani vengono chirurgicamente derisi e umiliati, così come gli italiani. Silenzi irreali calano sui fascisti di Salò ed i tedeschi. Ma al di là delle ideologia o meno che lo pervade, scritto nel lontano 1949, evidenzia un talento autoriale degno di menzione.


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