mercoledì 5 settembre 2018

Giuliano (Gore Vidal)

Libanio e Prisco l’Epirota. Si scambiano lettere. A volte confidenze, oppure si lasciano andare a dispute dotte. Ormai sono vecchi. Più di metà della vita possibile se ne è andata. Ma gli rimane un cruccio. Riabilitare l’imperatore romano Giuliano l’apostata, ingiustamente denigrato per questioni prima politiche che socio-religiose. I suoi successori vogliono l’oblio oppure la calunnia. Ma questo non è possibile, anche se i cristiani ormai sono infinitamente più potenti di qualunque senato o corte imperiale.

Mi rimane ancora oscuro come sia possibile che il narratore statunitense Gore Vidal sia ancora relegato fra i minori o perlomeno non sia uno dei più noti. Magari vorrei dire perché magari omosessuale, ma in fondo era coetaneo di Truman Capote. Schietto, preciso, mai prolisso o autoreferenziale come l’osannato Roth, questo scrittore indaga sui misteri della storia umana non senza lanciare strali verso quello o quest’atteggiamento politico, verso questo o quello misero errare umano, specie se l’uomo in questione è un imperatore romano all’apice dell’espansione del regno e però prossimo alla sua rapida e invincibile caduta.
Leggendolo mi è venuto Augustus di Williams, che credo gli debba molto per struttura e intenzioni, che  se vogliamo più intimo, ma non meno bello. Certo che la Roma di quei tempi affascina, per la sua solidità ed il suo coraggio, la sua capacità di reagire e quella di politicare, inteso in senso lato.
Fa mestizia pensare alla Roma di oggi, ma son passati duemila anni e i millenni invecchiano anche gli Highlander, figuriamoci un impero.
Bello, anche se a volte deve imbattersi in qualche disputa filosofica volta a spiegare la figura di un uomo che voleva ellenizzare Roma ed  finito con una morte indegna come molti predecessori e successori, perché come recitava Ottaviano quel che conta è Roma e non chi la comanda. Ed i cristiani non potevano essere contenti di essre messi alla porta da un ellenizzante qualsiasi, Una curiosità: acquistai questo libro perché pensavo parlasse non di un romano Augusto, ma di Salvatore Giuliano, il bandito o eroe che dir si voglia di una Sicilia che fu. Invece ho letto una bella fiction su una realtà inoppugnabile: il cristianesimo per l’impero romano è stata la fine.

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