Txato non c’è più. Morto assassinato. Non voleva più pagare
quelle che riteneva estorsioni ed allora i militanti dell’Eta lo hanno punito. Bastardi terroristi li appella Bittori, sua
moglie, a cui da quel giorno si è spento il mattino, desolato il pomeriggio,
atterrita la notte. Ma è andata avanti. Anche grazie all’odio. Verso la
famiglia della sua amica più cara, Miren, che tra i suoi tre figli ha anche
Joxe Mari, oramai in carcere e incriminato dell’omicidio. Le
guerre non sono mai razionali, specie quelle fratricide e si sa si vincono o perdono.
Ma poi come la mettiamo se sono due famiglie legate sin dalla nascita a darsi
battaglia?
Romanzo d’altri tempi. Granitico, poderoso,
lineare anche nel suo continuo districarsi fra piani temporali diversi, con
magistrali cambi di punto di vista, che arricchiscono e non indeboliscono il
dipanarsi di una trama avvincente per i contenuti più che per le azioni. Una
storia semplice e terribile. Le due donne protagoniste sono di quelle che
lasciano il segno. Testarde, scontrose eppure così piene d’amore per merito e
figli, dure, incallite dai giorni e dai fatti della vita eppure così fragili,
solari, a volte commoventi. Non da meno i comprimari, a partire dai due mariti,
l’assassinato, fiero e indomito quanto cocciuto e testardo e il suo alterego,
Joxian, che in cambio delle sue uscite al bar e le gite in biciletta sopporta
le sfuriate della sanguigna moglie Miren con inettitudine e rassegnazione. E
poi i figli. Quelli colpiti dal lutto sono l’enigmatico, apprensivo e solitario medico Xavier e sua sorella, la
desperate housewife Nerea. Dall’altra, oltre a Joxe Mari, rapito in gioventù
dal sogno velleitario della rivoluzione e maturato a forza in prigionia, la sorella
Aranxta, oramai in sedia a rotelle dopo un’ischemia improvvisa e nefasta, ma ancora viva e piena di vita e di amore e Gorka, il
fratello più piccolo, cresciuto in disparte, poeta e scrittore nonché gay
conclamato ma a suo modo risolto e felice.
Un umanità varia, con tutte le sue solitudini,
aspirazioni a volte forti a volte confuse, a volte così semplici da fare
invidia. Una storia come tante con sullo sfondo la lotta politica in cui
Aramburu non prende mai decisamente parte, anche se è evidente che ne detesta
ragioni e soprattutto conseguenze. E con la netta sensazione che in certi
conflitti alla fine non vince nessuno e perdono un po’ tutti, chi più e chi
meno.
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