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Racconto
lungo o romanzo breve, la differenza è poca e in questo caso
capziosa. Un giallo di classe, con una convincente abilità mimetica
capace a trasportarci nella Russia neo staliniana, piena di
diffidenza, controllo e incanalamento della rivoluzione entro i
rigidi canoni che noi già conosciamo.
Oltre
a ben architettare un intreccio semplice ma ben congegnato
e sviluppato, la
Musneci
ci regala diversi dialoghi, a volte persino
spassosi,
e pagine di parole
levigate e curate senza per forza essere leziosi o aulici. La morale
della fabula è abbastanza apodittica: mai cercarsi guai, specie
quando siamo un un periodo dove la polizia fa il bello ed il cattivo
tempo e chi comanda non ha nessuna intenzione di fermarsi o allentare
la presa. Un
divertissement
forse, ma ben orchestrato. In Russia niente sarà come prima. Forse. Visto che Stalin ha saldamente le redini del comando in mano ed è un vecchio volpone. La conferma di una scrittrice, che nel suo genere vanta pubblicazioni
nella collana gialli Mondadori ma che denota qualità e gusto, il
che non guasta. E in un giallo di sapore artistico l’allitterazione
e la quasi rima in una recensione ci stanno tutte.
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