“Come
tutti i figli degli uomini, il figlio di Giuseppe e Maria nacque sporco del
sangue di sua madre, vischioso delle sue mucosità e soffrendo in silenzio”
Gesù. E
suo padre, Un Dio sfuggente, tirannico e sostanzialmente
poco chiaro, superbo ed altero quanto talvolta praticamente bugiardo. Il
Nuovo Testamento secondo Josè Saramago ci spiega che Dio è
tale, ma non per tutti.
Umano,
semplicemente troppo umano, questo Gesù. E sopravvissuto dopo la nascita grazie
ad un espediente che ha causato la efferata morte di altri innocenti e la
condanna ad avere un incubo ricorrente che aveva già tormentato il padre poi
crocifisso dai romani.
Gesù
soffre, per raggiungere la serenità deve colmare distanze siderali . Ha sul
capo una terribile condanna. È dio, certo, ma solo quando il suo padre divino
decide in tal senso, perché soffre, mangia, ama come un uomo e proprio per
salvare l'essere umano dovrà morire dopo atroci sofferenze. Compie miracoli, ma
alla fine solo quando qualcuno decide che possa farlo. Mica è facile. E poi si
è innamorato di una ex prostituta come Maria di Magdala e ne percepisce le
bellezze non solo carnali ma anche morali, eppure la dovrà abbandonare. È stato
costretto a vagare nel deserto per lunghi, lunghissimi
giorni mentre il diavolo o chi per lui lo assediava tediandolo e provocandolo,
mentre suo padre, ovvero DIO, lo essiccava con le sue fumose ragioni ma anche illuminandolo
su alcune questioni non di poco conto.
Perché
alla fine Gesù è solo arrabbiato e neanche poco. Con suo padre, questo Dio
sfuggente, tirannico e sostanzialmente poco chiaro, superbo ed altero quanto
talvolta praticamente bugiardo.
Povero
Gesù. Non è facile fare il dio in terra, proprio no.
E non è
questione che gli uomini siano perfettamente imperfetti, corruttibili, spesso
ciechi oppure sordi. Troppo fanno e troppo subiscono, troppo stano calmi e non
si ribellano. Non sono tutto questo male che Gesù pensava. Sono capacissimi di
azioni malvagie, ma ne pagano sempre il prezzo mentre suo padre, l'inizio e la
fine di tutte le cose, non rende conto a nessuno, nemmeno a sé stesso.
Grandioso,
avvolgente, poderoso romanzo del portoghese Josè Saramago, pubblicato nel 1991,
è probabilmente il testo più ambizioso ed emblematico di questo acuto e colto
dissacratore, capace di scrivere storie non convenzionali con stili tutt'altro
che facilmente digeribili eppure terribilmente belli, nuovi, catartici. Saramago
con la sua scrittura è capace di avvolgerti e immergerti veramente nel suo
mondo, con peripezie formali e credo filosofici tutt'altro che leggeri,
solvibili, rituali. Sinceramente pur comprendendo che non sia lettura
consigliabile a fermi credenti, non lo trovo blasfemo, ma semplicemente un
testo forte ed aggressivo che narra le vicissitudini di un eroe sfortunato che
laicamente parlando non poteva non avere dubbi e remore vista l'enorme
pesantezza del compito assegnato.
Non il
primo romanzo che leggo e che rivisita la storia di Gesù (mi vengono In mente
le versioni su Giuda di Paris e Vassalli, qui recensite, per dire, oppure la
versione obliqua di Pilato del maestro Bulgakov), ma sicuramente quello più
incisivo,a prescindere.
Una
visone disincantata, laica, aggressiva se volete ma mai immotivata del
Dio super partes .
Successivamente a questo Saramago scriverà "Caino", dove
vengono presi in esame episodi biblici per dimostrare ancora una volta la
innata crudeltà di Dio. Qui invece il discorso è più complesso e meno
didascalico
Ovviamente
il romanzo a suo tempo suscitò aspre reazioni, tentativi di censura e
scomuniche di varia intensità e valore. Tuttavia, per quanto possa apparire
inaccettabile, l'arte non si ferma nemmeno davanti a Dio, anzi, forse è il
tentativo più umano e forte di raggiungerlo ed uguagliarlo.
Pubblicata su www.ciao.it il 02.06.2013
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