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Una casa non è vuota, ma occupata da qualcuno o qualcosa. Il compagno di Irene se ne è accorto subito, Lei ne ha preso atto. Non è il caso di contrastarla,
questa cosa, nemmeno dividersi da lei. L'importante è barricarsi, farsi da
parte, cedergli stanza dopo stanza, la possibilità di avere quello che avevi.
E' una occupazione, misteriosa e imperante, non c'è verso di ribellarsi.
Irebene ed il suo amato ne sono succubi, coscientemente vittime sacrificali,
vivono arretrando fino all'ultima stanza, all'ultimo muro.
Ma non solo. Un tranquillo bus di linea invece da adito alle situazioni più
strane, posto che invece tutto è normale, anche voler per forza portare fuori
qualche passeggero o dirottare il tragitto, ma non c'è violenza, solo
ipernormalità, presenze che non presenziano, assenze che invece misteriosamente
sono lì, presenti come non mai. E anche in “Circe” oppure in “Le porte del
cielo”, quello che non deve tornare invece è già tornato e non va più via,
quello che doveva partire, abbandonare tutto e tutti, invece infaticabile
resta, per sempre.
Una strategia narrativa avvolgente, alla ricerca dell'Altro oppure che narra il
momento epifanico in cui l'Altro si impossessa di noi. Non si nasconde, Julio Cortazar, argentino ma nato a Bruxelles nel 1914 e morto a Parigi nel 1984, da
esule. E' forse questa sua vita raminga, europea, a fargli continuamente
tentare di sbriciolare la realtà, renderla un gioco di specchi più che unica,
immutabile. Non c'è bisogno di spiegare il perché, non vi è necessità,
l'universo non è composto ma fatto di tante parti.
“Bestiario” dunque non è una raccolta di racconti che si rifà alla tradizione
classica degli animali che parlano o sembrano esseri umani bislacchi e nemmeno
è un manuale di zoologia fantastica. Si tratta semplicemente della trasgressiva
fantasia di uno scrittore abile come pochi a regalare piccole perle del genere
fantastico, un fantastico spesso psicologico anche se talvolta permeato da un
vago ma massiccio soprannaturale.
Nell'edizione qui commentata, dei tascabili Einaudi, nell'introduzione Ernesto
Franco parla di “fantastico senza fantasmi”. Aggiungerei che forse quelli che
mancano sono i fantasmi classici, gli spiriti dei morti. Perché invece di
presenze fantasmatiche gronda ogni pagina. Altro discorso è, come riportato nella relativa recensione, Tanto amore per Glenda, altra raccolta di racconti dell'autore che nel taglio breve ha trovato la sua dimensione più consona forse, senza però dimenticare l'incredibile e travolgente pastiche esplosivo intitolato Rayuela.
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