25 giugno 2014

Bestiario (Julio Cortazar)

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Lo so. Tutti siamo convinti che esiste un'unica inconfondibile realtà e tutto il resto è noia, fobia, magari allucinazione. Ma siamo umani, sbagliare è normale, perseverare è inutile. Esiste l'altro, esistono più realtà, tante quante l'universo può contenere. E la Letteratura, quella con la elle maiuscola, ha il compito di raccontarle, perché non dovrebbe semplicemente fotografare il reale, che siamo capaci di percepire con i nostri sensi, ma affrescare mondi possibili e contigui che forse potremmo vivere. Eccolo dunque il racconto fantastico moderno, dire quello che non si dice ma che dovrebbe essere detto. Siamo realisti, esiste l'impossibile, davvero. Il mondo di Cortazar è questo. L'autore di questo libro dipinge ciò che dipingere non si è dipinto, ma si dovrebbe. O almeno si potrebbe.
Una casa non è vuota, ma occupata da qualcuno o qualcosa. Il compagno di Irene se ne è accorto subito, Lei ne ha preso atto. Non è il caso di contrastarla, questa cosa, nemmeno dividersi da lei. L'importante è barricarsi, farsi da parte, cedergli stanza dopo stanza, la possibilità di avere quello che avevi. E' una occupazione, misteriosa e imperante, non c'è verso di ribellarsi. Irebene ed il suo amato ne sono succubi, coscientemente vittime sacrificali, vivono arretrando fino all'ultima stanza, all'ultimo muro. 
Ma non solo. Un tranquillo bus di linea invece da adito alle situazioni più strane, posto che invece tutto è normale, anche voler per forza portare fuori qualche passeggero o dirottare il tragitto, ma non c'è violenza, solo ipernormalità, presenze che non presenziano, assenze che invece misteriosamente sono lì, presenti come non mai. E anche in “Circe” oppure in “Le porte del cielo”, quello che non deve tornare invece è già tornato e non va più via, quello che doveva partire, abbandonare tutto e tutti, invece infaticabile resta, per sempre.
Una strategia narrativa avvolgente, alla ricerca dell'Altro oppure che narra il momento epifanico in cui l'Altro si impossessa di noi. Non si nasconde, Julio Cortazar, argentino ma nato a Bruxelles nel 1914 e morto a Parigi nel 1984, da esule. E' forse questa sua vita raminga, europea, a fargli continuamente tentare di sbriciolare la realtà, renderla un gioco di specchi più che unica, immutabile. Non c'è bisogno di spiegare il perché, non vi è necessità, l'universo non è composto ma fatto di tante parti.
“Bestiario” dunque non è una raccolta di racconti che si rifà alla tradizione classica degli animali che parlano o sembrano esseri umani bislacchi e nemmeno è un manuale di zoologia fantastica. Si tratta semplicemente della trasgressiva fantasia di uno scrittore abile come pochi a regalare piccole perle del genere fantastico, un fantastico spesso psicologico anche se talvolta permeato da un vago ma massiccio soprannaturale.
Nell'edizione qui commentata, dei tascabili Einaudi, nell'introduzione Ernesto Franco parla di “fantastico senza fantasmi”. Aggiungerei che forse quelli che mancano sono i fantasmi classici, gli spiriti dei morti. Perché invece di presenze fantasmatiche gronda ogni pagina.  Altro discorso è, come riportato nella relativa recensione, Tanto amore per Glenda, altra raccolta di racconti dell'autore che nel taglio breve ha trovato la sua dimensione più consona forse, senza però dimenticare l'incredibile e travolgente pastiche esplosivo intitolato Rayuela.

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