Barney,
che tesoro. Sei solo profondamente arrabbiato con chi ti ha tradito e
sbugiardato. In fondo stai poi solo sproloquiando di te. O di noi.
Anzi, di voi, voi umani intendo. Questi umani che credono di popolare
la Terra ed invece la spopolano di sogni, la fecondano di incubi e
allora che irriverenza sia. Nessun perbenismo, ci mancherebbe, il
moralismo è l'oppio dei popoli. Basta criticare, recidere,
deformare, costruire è faticoso, alla fine è tutto più facile
azzerare senza pietà, che siano solo macerie. Che rarità, quanta
forza e veemenza, quanto sei forte Barney. Siamo pronomi, a volte
nomi, raramente cognomi. Eppure eccoci qui Barney, tu sei noi, noi
siamo te e non ci si capisce nulla, la realtà appare, non è mai.
Come fanno un bel po' di persone. Tante, forse troppe. Anche tu.
Siamo tutti compresi.
Tre
mogli, di cui una morta per suicidio quando oramai il nostro Panofsky
l'aveva mollata alle sue forte debolezze e alle sue deboli forze, una
sposata per sbaglio e tale rimasta ed una amata come non mai che lo
ha lasciato. Un accusa per assassinio, con tanto di carcere
preventivo, poi archiviata con tanti dubbi. Oramai nell'immaginario
collettivo Barney è il colpevole della scomparsa dello squinternato
e drogato quasi scrittore Boogie. Contrabbandi vari, una discreta
fortuna economica fatta soprattutto inventandosi produttore
televisivo di serial genere trash ed annessi e connessi, una
gioventù scapestrata e scapigliata in quel di Parigi,quella degli
anni Cinquanta così poco Sarkozy o Hollande, almeno agli occhi di un
nordamericano, l'amore al limite dell'ossessione per la propria
squadra di hockey. Tante, forse troppe cose per una sola persona,
vale a dire il logorroico ed oramai un po' rintronato Barney
Panofsky, il quale però vuole ancora togliersi qualche sassolino
dalla scarpa, non l'avesse mai fatto, in vita sua non è stato mai
zitto, a momenti neanche quando dormiva ubriaco fradicio.
Come
districarsi da questa matassa. Semplicemente cercando di stendere un
memoriale preciso e diretto quando però si ha la non arginabile
tendenza alla digressione polemica e quando poi la memoria fa i
capricci. Ma è necessario difendere il vero, qualcuno senza citare
nome e cognome ha sbeffeggiato e calunniato Panofsky. Qualcuno che
lui conosce e che sta ottenendo un clamoroso ma a quanto pare
immeritato successo.
Così
va la vita.
Quale
vita? che domande. Non ci sono risposte
Avanti
Barney, racconta, focalizza, non ci distrarre. D'accordo, sei in
balia di una una vecchiaia incipiente, aggressiva. Di quelle che ti
immalinconiscono ad ogni istante anche se hai un carattere bisbetico,
un egoismo dilagante, una capacità di ascolto inversamente
proporzionale alla pretesa di essere ascoltati sempre e comunque. Ma
col tempo non si scherza ed i neuroni affaticati fanno brutti
scherzi. Ci si dimentica facilmente del nome del mestolo da cucina,
di chi ha scritto libri, aforismi o girato film, dove e quando
Napoleone ha ingoiato una sconfitta di dimensioni epiche ed
irrimediabili. Certo, seppoi la condotta di vita è stata per così
dire stata non esemplare e si è bevuto il whisky come se fosse acqua
Sangemini e facesse caldo, non ci può lamentare. Ma c'è ancora
forza dentro Panofsky, ancora rabbia, sordido, impotente cinismo. E
se avesse fra le mani quel bamboccio di McIver, ex amico di gioventù,
che soddisfazione. Uno che è diventato scrittore famoso prendendo a
prestito la vita di Barney, succhiandone avidamente come un parassita
libidinoso gli aspetti più oscuri e dando alle stampe un resoconto a
detta di Panofsky bugiardo, parziale, inverecondo. Da che pulpito
viene la predica. Ma tanto Barney non è un predicatore, se ha un
rapporto con Dio è del tutto originale e personalistico, come ogni
altro rapporto della sua vissuta vita. Questa allora sarà il suo
testamento, la sua vendetta e disdetta, la sua unica inconciliabile verità, senza dubbi di sorta. Non c'è bisogno di
venire alle mani. La violenza verbale fa più male e poi scripta
manent.
Ecco
allora in ordine sparso, legati da una logica ferrea che però
conosce solo chi racconta, i tempi dissoluti di Parigi,
dove squattrinati canadesi ed americani giocavano a fare i letterati
ma non tutti scriveranno qualcosa degno di essere letto, il
matrimonio francese sconclusionato e dal tragico epilogo con la
interessante ed artistoide Clara, oppure i dialoghi surreali con i
suoi tre figli, oramai lontani emotivamente e economicamente da lui,
dopo aver sopportato quanto basta e preso il possibile, l'amore, se
amare fosse anche quello che prova Panofsky, per Miriam, la terza
moglie che lo piantò in asso per sposarsi un vanesio e animalista
professore universitario. Ce ne sarebbe quanto basta, ma oramai
Barney è un fiume in piena e non dimentica le intemperanze
crudelmente inutili del padre, iroso e guarda caso alcolizzato ex
poliziotto, il rapporto controverso con gli ebrei e la loro
religione, le incredibili e incolmabili distanze con la seconda
signora Panofsky, la moglie che Barney non chiama mai per nome quasi
a sigillarne per sempre l'assoluta estraneità alla sua vita e poi le
sue amicizie parigine, le lettere anonime a conoscenti a suo dire
falsi ed ipocriti, il tetro e nemico McIver, lo sfatto, sfinito,
autodistruttivo Boogie che rappresenterà poi l'incubo per tutta la
vita..
E
come un flusso di ricordi, di mai sopite irritazioni, prima che
Barney finalmente ci racconti come andò veramente il giorno in cui
Boogie scomparve, in maniera disordinata, epilettica, a volte
alcolica, a volte sarcastica, dopo esserci imbattuti in scene di vita
asincroniche, dove Braney non risparmia nessuno, nemmeno sé stesso.
Un melting pot, condotto con brillante e rapsodico disordine, alla
fine però tutta torna al suo posto. O meglio, niente torna, ma c'est
la vie. Non so se qualcuno abbia letto "Viaggio al termine della
notte" di quell'irriverente, anticonformista cinico Louis
Ferdinand Celine. Ebbene (peraltro citato nel romanzo assieme a molti
altri, ma credo non a caso). Per certi versi ci somiglia,anche se qui
nichilismo e disperazione sono di facciata, ma un certo atteggiamento
verso la vita appare analogo, se non simile.
Scritto
dal canadese Mordecai Richler, di famiglia ebreo-ortodossa,canadese
di Montreal del 1931, uscito solo nel 1997, appare una evidente
arrabbiata trasfigurazione delle avventure dell'autore magari con un
po' di fiction. Peraltro, raggiunto il successo anche in Italia, il
narratore morì, non permettendo di giudicare gli ulteriori sviluppi
di questa sua narrativa di impianto datato ma dalle trovate
divertenti e dalla struttura ed il linguaggio convincenti e misurati,
con un ritmo notevole, una tenuta degna di nota e qualche trovata se
non originale ben copiata. Troppo filo europeo per essere di
oltreoceano come allo stesso modo è evidente che chi scrive non ha
salde e radicate tradizioni europee, anzi, lo sciovinismo malcelato
ne denuncia una certa sua allergia.Numerose e apparentemente
insignificanti le citazioni di titoli ed autori, nelle centinaia di
pagine, Barney era un letterato per indotto o forse dedotto, vai a
capire tu. Storia personale, con tirate vigorose sul modo di vivere
degli ebrei canadesi, una certa intolleranza verso le divisioni
storico-culturali che animano quella terra e che la vedono divisa fra
francesi ed inglesi, qualche osservazione su quella terra
sostanzialmente soffocata dagli invadenti e confinanti Usa, ma nessun
affresco sociologico rigoroso, solo una generale vomitata sulle
differenze-indifferenze della umanità. Nulla so del film uscito di
recente, a parte la presenza di Dustin Hoffmann a quanto leggo. Trovo
il testo difficile da riprodurre fedelmente su pellicola.
Da
promuovere.
****
Pubblicata su Ciao.it il 20.05.2012
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