25 febbraio 2018

Middlesex (Jeffrey Eugenides)

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Come si fa a spiegare che una lettura ti è piaciuta a metà? Metà cosa, metà come. Eppure è così. Se poi il romanzo narra le vicende di un essere umano il cui sesso si è bizzarramente fuso e confuso, regalando un corpo che evidenzia un duplice genere ed il titolo è Middlesex, beh, il gioco è fatto.In un'epoca dove tradizionali (e sicuramente anacronistiche) barriere di genere sessuale stano molto lentamente sgretolandosi, un romanzo come questo calza a pennello. Premesso che è uscito anni fa. E oggi che scrivo è tempo di battaglie più che parlate su identità di genere, inclusività, discriminazione ed altre faccende del 21° secolo corrente.
Dunque la complessità del diverso e dell'uguale, quando la natura gioca quello che noi, miseri umani, chiamiamo scherzi, ma semplicemente esercita quelli che  sono i suoi poteri propri e imperscrutabili. D'altronde l'uomo è capace di misurare l'universo a propria immagine  e somiglianza, con proprie unità di misura, quando non rappresenta che un infinitesima insignificante parte. Ma non leggiamo una trattato filosofico o il Romanzo dei romanzi come ad inizio dei novecento e potremmo ridurre il plot narrativo a quello di un romanzo di formazione più che sociologico, con una forte componente psicologica o psicologista dove però vengono aperti ampi squarci su vicende storiche dai risolti tragici ma considerate minori e quindi dimenticate  come le pagine sull'Armenia e il suo dramma etnico. Potremmo intitolarlo "Alla ricerca del sesso perduto", o meglio, non smarrito ma non riconosciuto dagli altri, genericamente intesi. A questo mondo infatti un conto essere maschio, un altro femmina. Il disastro, se possiamo chiamarlo così, è essere tutti e due. O nessuno precisamente, secondo l'opinione comune.
Un pastiche, a volte brillante, a volte ingolfato, a volte intriso di cupa tristezza.
Abbiamo infatti un po’ di tutto. Il ribollente "intruglio" è quasi sempre sapientemente miscelato, che qua e là i numerosi rivoli in cui scorre il fiume della trama vanno perdendosi nei boschi narrativi. Così come le digressioni di Eugenides, a volte torrenziali, fanno un po’ detestare questo narratore onnisciente più che mai, che mi immagino paffutello ma saccentello. Che dire dei fratelli Eleutherios, che si amano e che per sposarsi preferiscono fuggire dai confini della Turchia negli Usa per poter nascondere la peccaminosa parentela? Poi vanno a viver con  la coppia della cugina Sourmelina e suo marito l’enigmatico Jimmy Zizmo, nasce un figlio che guarda un po'si sposa con la figlia degli altri due e succede l’inevitabile. La eccessiva consanguineità genera Calliope (detta Callie e successivamente Cal), che è uno pseudoermafrodito. Vive da ragazza, ma il corpo ha evidenti e sporgenti lati maschili. Ma non lo scoprirà nessuno per molto tempo e perciò crescerà al femminile ma con dubbi e dissidi di carattere letale .Il romanzo poi continua, io mi fermo qui.  Non troppa carne al fuoco, ma a volte un senso di eccessivo. Certe le intere parti sul dramma dei profughi armeni dalla Turchia ad inizio novecento sono davvero coinvolgenti, oltre che educative. Uno dei tanti eccidi che l’occidente ha pensato bene di mettere in tasca di un cappotto che non indosserà mai. Più onnicomprensivo ma anche leggermente più sfilacciato del successivo romanzo, "La trama del matrimonio", ma testo ambizioso di formazione-informazione. Con un tema scottante e fondamentale non sempre proposto qui con la dovuta grazia, esteticamente parlando. Ma comunque interessante.

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