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Chissà perché Cosimo, giovane adolescente ed agiato
infante di nobili di provincia, in un apparente impeto di puerile pazzia,
decide di ribellarsi alla sua famiglia, in barba ai precetti. Oppure il suo
perché riassume tante varie domande che noi ci poniamo. In ogni caso egli
abbandona senza rimorso il fratello ed i suoi genitori, coppia settecentesca
nell’anima e leopardiana per connotazioni di biografie letterarie, padre
decrepito come i suoi poteri secolari e madre abile occultatrice di ricchezze e
stratagemmi da telenovela, amministratrice di possessi sempre più in balia di
ruberie strampalate e gestioni tanto maniacali quanto inefficienti.
Cosimo rifiuta il dovuto senza ignorare il
dovere, disdegna l’inchino anche se ama l’eleganza e la deferenza, l’educazione
ed il bon-ton. Egli sceglie con convinzione invece di essere continuamente e
perpetuamente essere scelto, dagli altri o dalla Storia. Va sugli alberi. E ci
vivrà una vita, costi quel che costi. Così da bimbo diverrà uomo, avendo la
magnifica, sognante, fantastica possibilità di guardare tutto da un ramo senza
mai cadere come una foglia morta. Il barone rampante guarda altrove. O meglio, guarda da una prospettiva differente. Ed è un mondo diverso, anche perfettamente calato in quello reale. Ma visto con altri occhi.
Proprio così. Volare via, leggero.
Oplà. Sul ramo di un albero. I had a
dream, ma non è Luther King o tantomeno un idealista teorizzante la rivoluzione sociale. Calvino suggerisce, esemplifica a noi umani coi piedi per terra, saliamo sugli alberi, senza voler essere un novello propagandista di politiche green. E il suo è un invito non solo in senso figurato.
Sugli alberi tutto (ri-)diventa possibile, anche l’amore tra e linfa e vigore
ed esplode in tutta la sua sensuale poesia.
piena zeppa di riferimenti storici e letterari, scorre via nella sua densa
semplicità. Piena di amore e amori, avventure picaresche e più o meno
verosimili. Cosimo è dunque una metafora, razionale, illuminista, fiabesca ma
disincantata della rivoluzione che Calvino inseguiva, di un miglioramento del
mondo attraverso un uso didattico della letteratura. D’altronde lo scrittore -
saggista fu per tutta la vita un tenace assertore della mission letteraria come
costruzione di mondi possibili assolutamente a sé bastanti, anche se
improbabili ma vivi e vivibili, autonomi nella loro leggiadra “pazzia”.
Ribellione architettata e costruita sui libri,
molto libresca non a caso Cosimo legge, scrive, si confronta con la corrente
filosofica degli illuministi a lui coeva, comunicando un altro messaggio di
importanza assoluta: non è necessario rifiutare il passato, ma occorre
rianimarlo, renderlo attuale, sviscerandolo e a volte anche sconfiggendolo. Non
occorre uccidere la tradizione, ma bisogna affrancarsi da complessi edipici di
sottomissione. Senza morti, senza feriti, senza sassi contro le vetrate, senza.
Salire sugli alberi, abbandonare LA prospettiva dominante per averne un’altra.
Il mondo non è sempre così. Il mondo è come lo
guardiamo. Avete presente una bella vista?>
No, non è un panorama. E’ una vita altrove.
Sempre vita intendiamoci. Ma è tutto un altro vivere.
Come forse a voi noto, la scrittura di Calvino
nel corso di una pluridecennale attività letteraria tout court, ha è andata via
via affinandosi ponendosi come obiettivo la capacità di facilitare la
visualizzazione, di ispirarsi alla leggerezza, di comunicare rapidità ed
esattezza, come lo stesso autore scrisse in Lezioni americane, suo testamento
letterario. Qui ne abbiamo fulgido esempio eperpetuare elogi all’autore diventa imbarazzante
e prolisso. Il romanzo é sciolto e frizzante, senza che ciò disperda
l’impegnativo od il riflessivo. E’ un illuminante squarcio di luce modernista
dall’inizio alla fine, dal primo incipit all’ultima chiusa, fuori dalla
sclerotizzata tradizione italiana anche coeva a Calvino, di solito melensa,
appiccicosa e melodrammatica, sentimentale e “vaga” in senso leopardiano. Anche
qui come in altre opere di Italo, è chiara la sconcertante capacità di fondere
fantastico e realistico senza scomporsi e senza violentare la propria innata
capacità alla descrizione lucida ed oggettiva. Con un certo livore mediato dalla
forma e dal contenuto ed una certa amara sconsolatezza nel verificare l’impasse
coevo, soprattutto del ceto intellettuale.
Ad esempio quando Cosimo decide di mettere a
disposizione la sua vita e conoscenza dell’elemento arboreo, la comunità ne
gode i frutti. Ma l’umano vive e soggiace comunque e l’opera di un solo uomo,
anche perché condannato dal tempo, non può bastare. E gli alberi cederanno al
cemento, prassi consolidata nell’agire non solo italiano. E Ombrosa si erge e
si materializza come una Macondo ante litteram del visionario Marquez, diventa
ed assurge a non luogo fisicamente metafisico dove si vive e si narra una
avventura che innamora e concupisce l’avventuroso. Ma le fiabe non hanno sempre
un lieto fine come amaramente il fratello di Cosimo chioserà nel finale. Dunque
nessuna utopia salvifica, autoreferenziale, fine a sé stessa. La drammatica,
lacerante e triste consapevolezza che alla letteratura si accompagna l’azione,
alla struttura narrativa va accorpata una sovrastruttura di reazioni consone e
consequenziali.
I semi lanciati nell’orto fecondo della lettura
debbono insomma germogliare e dare frutti, come nella logica naturale della
comunicazione. Non bisogna però abbandonare la nave e continuare il viaggio per
approdare alle isole che non ci sono e vivere come meglio è.
Sarà poi bene ricordare che questo testo del
1957 appartiene alla famosa trilogia composta da questo e dagli altri romanzi Il visconte dimezzato (1952) e Il cavaliere inesistente(1959) a cavallo dunque
dell’abbandono clamoroso dello scrittore , con pesanti strascichi polemici, del
Partito comunista di cui era stato sì fervido militante ma anche sagace e
sempre più convinta coscienza critica. A livello letterario Italo sancì con
questa produzione la sua fuoriuscita (simbolica) dal neorealismo per approdare
ad una poetica autonoma e che saggerà tutti i percorsi possibili anche di
carattere avanguardistico, rivelando una progettualità atipica, generosa,
cosciente e perspicacemente curiosa. Per dare un esempio ricordo e consiglio la
lettura di romanzi quali “Se una notte d’inverno un viaggiatore” mordace e
fortunata narrazione metaletteraria e metafisica oppure le tentazioni
postmoderne (e le suggestioni derivate dall’incontro con Queneau e la
letteratura potenziale d’avanguardia francese) presenti in “Il castello dei
destini incrociati”, ma anche il divertimento intelligente che le
“Cosmicomiche” possono offrire ancora oggi.
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