C'è questa America di confine con il Messico. Dove passa tanta droga
certo, ma solo perché la richiesta dei consumatori è in grandioso e facoltoso
aumento. C'è questo profondo sud statunitense che da secoli ormai è in contrasto
archetipico con gli eccessi brillantati e sotto i riflettori dorati del
successo a portata di mano o di portafoglio della California e della West coast
in generale. O in netta antitesi con il progressismo industriale e tipicamente
capitalista dei "nordisti".
Parliamo di ciò
perché prima di entrare nello specifico, questo romanzo è essenzialmente una
narrazione profondamente legata alle sue radici territoriali.
Ed in ogni caso non
ho resistito.
E benché non sia propriamente amante del genere
di cui il libro fa parte, eccoci qua. Tenuto conto che non amo il sangue, visto
che anche a pasto la carne la divoro ben cotta. Ma l'arena invece mi affascina.
"Non è un
paese per vecchi", uscito in Italia nel 2006, ma risalente al 2005 è una
storia a suo modo avvincente, giocata sul filo del rasoio ed essenzialmente
tripartita. Infatti tutto il narrato è imperniato su i tre indiscussi
personaggi principali. Moss, Bell e Chigurh. Le donne che appaiono sono ben
tratteggiate, ma non hanno un ruolo decisivo seppure hanno funzioni essenziali
nella trama.
Moss è classico
personaggio di questo tipo di romanzi. Duro ma debole, forte ma perdente,
tipico uomo tornato dal Vietnam, con pensieri e necessità low cost, dal lavoro
alienante e senza futuro quale quello di saldatore, la passione della caccia
alle antilopi e una militaresca conoscenza delle armi. Un bel giorno nel
deserto trova per caso, con assieme un ricco contorno di cadaveri variamente
mutilati, una borsa con due milioni di dollari e rotti scampata all'eccidio e
dovuta ad un fallito acquisto di droga. Antieroe per eccellenza, innamorato a
suo modo della vita più di quanti detesti ciò che la sua vita non è stata, Moss
ci prova. Ruba e scappa. Ma commette imperdonabili errori che scateneranno
l'inferno. I possessori del denaro e un killer psicopatico (Chigurh) gli
daranno una spietata caccia che non si ferma davanti a nulla. La sua è una fuga
senza direzione, ma da qualcosa.
E lo sceriffo
disilluso Bell cercherà, anche lui impantanandosi in imperdonabili sbagli,
ritardi, lentezze, di rintracciarlo e proteggerlo. Bell, nel frattempo, si erge
a fulcro dell'ordito narrativo, spesso fermo in amare considerazioni personali
sul suo esser o meno veramente "uomo," sulla società che vive e sul
suo ruolo di sceriffo. Le sue brevi e moralisteggianti digressioni non sono
solo efficaci e congeniali a dare respiro all'incalzare dell'intreccio, ma
esprimono un punto di vista malinconicamente nostalgico dell'americano
"orgoglioso di" che vede sfaldarsi il proprio paese senza che nessuno
sappia o possa intervenire. Tra le righe pare che solo un intervento divino,
ammesso che Dio voglia, riesca a mettere ordine ad un paese che non si
riconosce e non può essere riconosciuto. Ogni ideale, ogni idea, ogni
"vecchia" regola pare essere ormai essicatasi in quelle lande
assolate e silenziose.
Tanto ci si
potrebbe dire e ridire su questo. Non ci sono più le Americhe di una volta?
Probabilmente gli
Stati uniti, paese nato per caso da un melting pot eterogeneo e confuso,
cresciuto con l'eccidio efferato delle popolazioni native di quelle terre, ora
paga il male insito nella sua stessa nascita e ciò che prima fu il motivo di
una scultorea e granitica aggregazione ora diventa la causa prima
dell'implosione. Ma a mio parere oramai non è il Vietnam (o il suo spettro) a
fare da meccanismo disgregante. Anche il recente ed inequivocabile fallimento
dell' invasione dell'Iraq, per esempio, fatta in "nome di Dio" ha
profondamente segnato lo spirito patriottico e secolare dell'americano middle e
low class.
Tornando al romanzo
Chigurh (che mi dicono vada letto in maniera simile a sugar) l'invincibile
tenace onnipresente criminale, è affascinante e forse la figura più devastante
ed emblematica. Psicopatico dalle maniere quasi gentili, nella sua efferatezza
appare come uno degli angeli del male che a loro modo perseguono un bene
assolutamente folle e poco canonico secondo le nostre più comuni regole, ma pur
sempre in nome di una sorta di missione di carattere ancestrale-archetipico.
Ricorda per taluni aspetti, a partire dalla forza dello sguardo, dalla
catartica freddezza e dall'imperscrutabile sete di morte il Randall Flagg
creato da Stephen King in "L'ombra dello Scorpione", benché romanzi
ed autori citati non abbiano nulla in comune, almeno qui.
Al di là delle
considerazioni personali, la storia sarà serrata e la sfida tripartita vivrà di
colpi di scena mozzafiato. I tre protagonisti sono umani e disumani allo stesso
tempo, pieni di contraddizioni eppure così uomini pronti a tutto, persino a.
Sarà una mattanza,
epica e sanguinolenta, irascibile, vivace, in un romanzo di deserto, polvere,
strade isolate, pick-up, motels, paesuccoli sperduti fiaccati dal caldo e dalla
polvere e raffiche delle più svariate armi automatiche e non.
Non ho remore
nell'ammettere che mi è piaciuto. Non solo è facilmente leggibile, scorrevole e
trascinante, visceralmente intenso come molti dei testi prodotti da narratori
di quelle zone.
Ha di tipico la
cifra stilistica, uno stile tutto azione e dialoghi senza segni di
interpunzione, modus scrivendi tipico di molta narrativa americana, infarcito
di descrizioni secche e coincise, pochi voli pindarici, da leggere d'un fiato.
La millimetrica e
quasi paranoica accuratezza nel descrivere le caratteristiche delle armi,
l'asettico e impeccabilmente fotografico resoconto dell'effetto martoriante che
i colpi d'arma implacabilmente recano nei corpi, i passi dedicati a perizie
balistiche degne di rapporti di polizia, sono peculiarità credo ascrivibili
alle tipiche connotazioni del genere, che definirei giallo con accese marcature
splatter
Solo un altro
autore contemporaneo americano, dedito al thriller ed affini, peraltro vicino
come genere narrativo a McCarthy, mi aveva di recente così colpito. Parlo di
Joe Lansdale, che si differenzia nettamente da McCarthy in molti suoi romanzi
per una irriverente, grottesco e travolgente humour che stravolge dilata e
disperde gli aspetti più efferati e macabri della sue narrazioni.
Da leggere,in ognia
caso, anche dal di là dei Coen e al di là del proprio amore o disamore per gli
Usa.
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