Scenario bucolico, quasi da cartolina,
di quelle di nicchia, provinciali ed in bianco e nero che significano
magari l'Italia che non c'è più e che forse mai c'è stata, ma ce l'hanno
fatta solo immaginare. Siamo dunque in un ordinario paese montanaro di
un Italia che sopravvive alla storia. Si chiama Borgo San Giuda e già il
nome è un programma, visto che il nome del santo è uno di quelli
quantomeno scomodi, visto che è uguale al massimo traditore del figlio
di Dio.
I nomi non fanno il destino, magari non sempre.
Un cavallo sconsolato torna sul sentiero innevato senza il carico di passeggeri. Deve essere successo qualcosa. Probabilmente non di piacevole. L'inquietante ombra di una tragedia che con molta probabilità si sta abbattendo su San Giuda ed i suoi pochi, stizzosi, archetipici abitanti.
Tutti con qualche tara, tic, rimorso, rimuginio, rinsavimento, risacca. Sarà che spesso, dato il posto isolato e le ataviche tradizioni secolari, gli incroci fra uomini e donne si sono via via rinseccoliti e infradiciati ed allora si sa, se ci si sposa una cugina o un fratellastro succede qualcosa che non va.
Comunque la slitta vuota era annunciatrice di morte. Perché risalendo il sentiero si trova un mitico albero ghiacciato che lampeggia come un mefistofelico ornamento natalizio di rosso sangue.
Una strage. Solo così si può chiamare. All'interno del ghiaccio, diventati una cosa sola con l'albero undici corpi. Undici vite tranciate in maniera non solo violenta ma surreale. Un massacro senza motivo, misterioso e terrificante.Peraltro tutti vittime di morti diverse ma contemporanee, incredibilmente casuali, spesso efferate, violente ma tutte nello stesso momento. Roba da non crederci. ma qui bisogna credere, per forza, altrimenti si diventa pazzi . Non può esser qualcosa di umano. E se fosse umano, sarebbe davvero pari al male spirituale, al maligno, al Diavolo, senza dubbio. Ne è convinto il parroco del paese, Don Ermete come anche chi lo spalleggia nei dubbi, nelle domande, nella voglia di una verità, per quanto labile ma pur sempre verità, ovvero la psicologa della Asl dottoressa Gassion, alquanto psicolabile e irrequieta. I quarantadue stralunati abitanti di Borgo San Giuda ovviamente, fermi da anni (che sono secoli, da quelle parti) avvertiranno nell'anima e nella mente terremoti inusitati, impensabili.
Una cosa del genere infatti, già nella sua sanguinolenta, terrificante evidenza sconvolgerebbe anche chi ha il cuore di marmo o il cervello di ferro. Ma in un posto dove anche i cani si sarebbero avventurati solo per sbaglio ed i lupi evitano perché magari affascinati da altro, il fatto di cronaca, se così vogliamo nominarlo, richiama il mondo, addirittura causa silenzi di stato, sveglia l'esercito, presagisce crisi politiche mondiali, fa venire affamate orde di giornalisti televisivi e non, insomma.
Uno scandalo da servizi segreti. Una vendetta dei musulmani che proprio in quel borgo devono venire a vendicare le Crociate, Una storia di sesso o droga o.
Un'ecatombe, in ogni caso. Ed il mistero è fitto, intricato e alla fine, ma solo alla fine, con la soluzione più a portata di mano, quella più semplice e banale di quanto sembri la faccenda ad un primo impatto.
Certo che al Borgo stanno messi male. Perché alla fine si possono affidare solo alla evangelica anche se scossa coscienza del prete don Ermete e alla voglia che in realtà è disperazione della dottoressa, che probabilmente partirebbe diritta verso la luna a cavallo di un ippogrifo, purché si tolga i sensi di colpa, il quasi stalking del suo ex fidanzato e le telefonate quasi quotidiane ad una madre che definire stereotipo, stereo e soprattutto claustrofobica è dire poco. Certo, poi anche lei, visto il clima mistico, si convince che è parte di una missione ma si sa, gli esseri umani sono capaci di tutto, anche di stravolgere la realtà a proprio favore.
I nomi non fanno il destino, magari non sempre.
Un cavallo sconsolato torna sul sentiero innevato senza il carico di passeggeri. Deve essere successo qualcosa. Probabilmente non di piacevole. L'inquietante ombra di una tragedia che con molta probabilità si sta abbattendo su San Giuda ed i suoi pochi, stizzosi, archetipici abitanti.
Tutti con qualche tara, tic, rimorso, rimuginio, rinsavimento, risacca. Sarà che spesso, dato il posto isolato e le ataviche tradizioni secolari, gli incroci fra uomini e donne si sono via via rinseccoliti e infradiciati ed allora si sa, se ci si sposa una cugina o un fratellastro succede qualcosa che non va.
Comunque la slitta vuota era annunciatrice di morte. Perché risalendo il sentiero si trova un mitico albero ghiacciato che lampeggia come un mefistofelico ornamento natalizio di rosso sangue.
Una strage. Solo così si può chiamare. All'interno del ghiaccio, diventati una cosa sola con l'albero undici corpi. Undici vite tranciate in maniera non solo violenta ma surreale. Un massacro senza motivo, misterioso e terrificante.Peraltro tutti vittime di morti diverse ma contemporanee, incredibilmente casuali, spesso efferate, violente ma tutte nello stesso momento. Roba da non crederci. ma qui bisogna credere, per forza, altrimenti si diventa pazzi . Non può esser qualcosa di umano. E se fosse umano, sarebbe davvero pari al male spirituale, al maligno, al Diavolo, senza dubbio. Ne è convinto il parroco del paese, Don Ermete come anche chi lo spalleggia nei dubbi, nelle domande, nella voglia di una verità, per quanto labile ma pur sempre verità, ovvero la psicologa della Asl dottoressa Gassion, alquanto psicolabile e irrequieta. I quarantadue stralunati abitanti di Borgo San Giuda ovviamente, fermi da anni (che sono secoli, da quelle parti) avvertiranno nell'anima e nella mente terremoti inusitati, impensabili.
Una cosa del genere infatti, già nella sua sanguinolenta, terrificante evidenza sconvolgerebbe anche chi ha il cuore di marmo o il cervello di ferro. Ma in un posto dove anche i cani si sarebbero avventurati solo per sbaglio ed i lupi evitano perché magari affascinati da altro, il fatto di cronaca, se così vogliamo nominarlo, richiama il mondo, addirittura causa silenzi di stato, sveglia l'esercito, presagisce crisi politiche mondiali, fa venire affamate orde di giornalisti televisivi e non, insomma.
Uno scandalo da servizi segreti. Una vendetta dei musulmani che proprio in quel borgo devono venire a vendicare le Crociate, Una storia di sesso o droga o.
Un'ecatombe, in ogni caso. Ed il mistero è fitto, intricato e alla fine, ma solo alla fine, con la soluzione più a portata di mano, quella più semplice e banale di quanto sembri la faccenda ad un primo impatto.
Certo che al Borgo stanno messi male. Perché alla fine si possono affidare solo alla evangelica anche se scossa coscienza del prete don Ermete e alla voglia che in realtà è disperazione della dottoressa, che probabilmente partirebbe diritta verso la luna a cavallo di un ippogrifo, purché si tolga i sensi di colpa, il quasi stalking del suo ex fidanzato e le telefonate quasi quotidiane ad una madre che definire stereotipo, stereo e soprattutto claustrofobica è dire poco. Certo, poi anche lei, visto il clima mistico, si convince che è parte di una missione ma si sa, gli esseri umani sono capaci di tutto, anche di stravolgere la realtà a proprio favore.
Non è un noir. neanche se
sporcate le pagine con vernice nera indelebile. Non è giallo. Non è
splatter, a parte la carneficina macellaia, niente mattanze in seguito.
Non è un romanzo classico, perché inneggia a modernismi e
postmodernismi. di facciata peraltro, come se righi la macchina nuova e
copri il danno con un pennarello di fabbrica cinese che con la pioggia
né rimane né va via. Un po di tutto, poco più di niente. Insomma, cosa
sarà mai XY, dal titolo già emblematico? appunto, una coordinata che non
dà coordinate, un asse traballante, una pretesa che annega. nella neve o
nel fango o dove volete voi. Una operazione poco riuscita, se non
riuscita malissimo, almeno dal punto di vista soprattutto strutturale e
contenutistico, se non linguistico in senso stretto. Alla faccia del
lancio commerciale atipico via web, con tam-tam mediatici di nuova
generazione, con tanto di stucchevole countdown, fino ad arrivare a
qualcosa abbastanza misera, certo non il peggio del peggio, ma
abbastanza deludente.
Largo uso di psicologia, di quella spiccia,
dai paroloni ingombranti, quella appresa via wikipedia per dire, mistica
e religione mischiati e contestualizzati nel nostro tempo in un luogo
d'immaginazione, con tanto di deliranti citazioni o interpretazioni
pseudo-bibliche ed annessi. Poi.
Due protagonisti improbabili un
prete in preda a vagheggiamenti di neo-vangelo postmoderno e in grado di
recuperare ora pecorelle smarrite quando invece non se ne parla e una
Gassion in astinenza da maschio, anche se non se lo ammette. O comunque
deficiente in qualcosa che vuole per forza supplire senza sapere cosa
come dove perché. E poi la pioggia nefasta di simbolismi a iosa che
funesta i già deliranti dialoghi di entrambi, peraltro in un paese
stravolto e in cui neanche la neve, anche quella già caduta, nella sua
naturale immobilità, sembra esser normale ed in pace con il resto
dell'universo.
Insomma un polpettone di vago sapore new religion,
vagamente alternativo a corrente alternata, dove però moderno è solo il
linguaggio e forse qualche trovata grafica stile narratori statunitensi
di ultima generazione tipo Wallace e Eggers.C'era insomma una volta
Sandro Veronesi, il narratore fiorentino (come da commento dell'utente
Brest) non più imberbe che seguo dagli esordi e che sostanzialmente
apprezzavo. Da quello giovanile, meditabondo ma anche scanzonato di Gli sfiorati o "Venite, venite B- 52"
quello più maturo e nello stesso tempo disincantato de La forza del passato e soprattutto "Caos calmo". Poi, almeno in ordine cronologico,
piomba sui suoi lettori affezionati dalla prima ora come me un nuovo
autore, quello di "Brucia Troia", già a suo modo mistico ed
apocalittico, da me stroncato e questo, di cui ha forse fatto più rumore
l'originale campagna pubblicitaria innovativa della Fandango che
l'effettiva resa dell'opera.
Libro non solo illogico, non per forza
la logica è la ricetta che rende buono o meno un romanzo. Ma assemblato
male, come si assemblasse la spesa ad un supermercato e si va di
fretta, alla fine paghi un conto salato e non riesci lo stesso a
preparare una buona cena.
Non so se mi sono spiegato: lo sconsiglio.
Pubblicata su ciao.it 24.09.12
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