venerdì 18 dicembre 2015

Il grande Gatsby (Francis Scott Fitzgerald)




Eccoci, siamo alla mitica New York e nei suoi dintorni, anni venti del Novecento. 


Una generazione jazz, che si è caricata sulle spalle in parte, non senza qualche polemica, la risoluzione della prima guerra mondiale, si affaccia sulla ribalta della vita di una nazione che cresce a dismisura in un ordine caotico, in un disordine ammaliante: gli Stati Uniti. La terra promessa, dove tutto è possibile e l'impossibile è messo al bando. 


Il whisky è benzina per mettere in moto vite effimere, ardenti bramosie materiali, amori e tradimenti di ogni ordine e grado. 


Un' umanità forte e fiera nelle proprie imperversanti pazzie, un upper class che appare devastata e posseduta dal benessere ed alla ricerca di riempire i propri vuoti esistenziali ballando ora agilmente ora rozzamente nell'ipocrisia permanente di vestirsi ora in rigidi costumi moralisti ora in sgargianti lingerie libertine.


mercoledì 16 dicembre 2015

Città della pianura (Cormac McCarthy)

L'amore, credo si sappia, muove anche le più nascoste forze ed anima anche i cervelli più intorpiditi e la chimica, la fisica e la logicità di tale portentosa forza a tutt'oggi non è stata ancora computerizzata né messa su carta in forma matematica. Nel senso che nessuno mette in dubbio che esista, ma razionalizzarla risulta compito improbo a scienziati e quant'altro. 
Ma questo romanzo temo ha l'amore come sinuosa esca, oppure adescamento, perché il risultato finale stavolta, in un eventuale riassunto, denota temi di altra portata e portamento. 

domenica 6 dicembre 2015

Furore (John Steinbeck)

Stati Uniti, anni Trenta. Gli effetti della grande depressione del 1929 infestano e spadroneggiano gli umori, i desideri, gli odi e le paure del paese. Il sogno americano già allora così fervido e vivo soprattutto nel resto nel mondo che non poteva conoscere la verità e le conseguenze di ciò, disconosceva che l’altra parte del sogno è sempre un incubo. SI comincia a mostrare qualche incrinatura tipica del sistema capitalistico, insita e congenita. Senza che questo voglia dire per forza che diversi sistemi di architettura economico- sociale che da decenni prima annunciano il prossimo Giudizio Universale siano in condizioni migliori o prefigurino un futuro ben più sapido. Il romanzo non decreta che l’impero stelle e strisce, ancora agli albori, sia destinato al crollo finale ed imperituro, come la parte avversa auspica e sancisce. “Semplicemente”, sostiene che un sistema è strutturato con cicli e ricicli. Si prende atto che non esiste infallibilità e coloro che ne fanno le spese, sicuramente, sono vittime sacrificali sull’altare del progresso modernamente inteso. Così s’ha da fare, chioserei, ove questo sia il meglio o il meno peggio. Ai posteri ardue sentenze. A ciascuno il proprio terrestre destino.

venerdì 4 dicembre 2015

Dora Bruder (Patrick Modiano)

Dora Bruder scappa di casa in un freddo inverno del 1941, tetro e lugubre per la Parigi occupata dai nazisti. È una ragazza, ancora minorenne ma probabilmente l’aria del convento non fa per lei. A quanto si suppone aveva un carattere ribelle. I genitori sono ebrei, immigrati in Francia. Il padre, in passato arruolatosi nella legione straniera, all’epoca risulta dagli archivi invalido al 10o% e senza lavoro, come la madre. Non sono mesi facili, né per loro, né per tutti. L’occupazione tedesca sta stremando le forze, le violenze e i soprusi mediante circolari amministrative sono in aumento. Ad aprile Dora viene ritrovata per poi sparire di nuovo ed alfine essere bloccata e dirottata nei famigerati campi di raccolta della capitale francese, dove si ricongiungerà al padre, per essere deportata con un treno che purtroppo non ha nulla di festoso ed iniziatico, ma è tetro e minaccioso e si ha come un sapore di nulla montandoci su, depredato dei pochi averi, a spintoni e calci.
 

venerdì 27 novembre 2015

Canale Mussolini (Antonio Pennacchi)

Semplicemente un'opera immensa, quasi dalle sfumature bibliche: dal 1926, in nove anni furono impiegate ben 18.548.000 giornate-operaio, secondo Wikipedia. Di che parliamo? Della bonifica dell'agro pontino. Probabilmente una delle opere del recente passato di cui gli italiani tutti devono andare più fieri, anche se fu concepita e realizzata in tempi grami, dove c'era un regime e già si agitavano megalomani proclami per creare un impero che invece diverrà provincia, provincia del mondo, come è attualmente, ai nostri giorni. Allora, per inciso, come molti di voi sapranno, si era sotto la dittatura di Mussolini. E l' argomento principale del romanzo "Canale Mussolini", con toni talvolta epici che mai sfiorano il patetico, il melenso, il gossip o la mielosa e stucchevole retorica, è appunto una storia delle storie ordinariamente straordinarie di gente che quella avventura epocale la vissero, non solo come testimoni ma come protagonisti.

giovedì 26 novembre 2015

Un uomo (Oriana Fallaci)

Succedono cose nel mondo, anche oggi. Son successe e chissà quante altre bisognerà vederne. E poi leggerle, subirle, magari infangare il buon umore ed avere un moto di rabbia, indignazione, dolore. E' la notte tra il 30 di aprile ed il 1º maggio 1976. Siamo a Glyfada, luogo natale nei dintorni di Atene, di Alexos Panagulis, martire e aspirante carnefice del regime totalitario instaurato dai militari in Grecia fra il 1967 ed il 1974. Egli rimane vittima di un incidente automobilistico alquanto surreale. Era un personaggio scomodo, fuori dagli schemi, condannato a morte per un attentato nel 1968 al presidente fantoccio della dittatura, Papadopulos, poi graziato e rinchiuso in carcere di isolamento, con un regime di detenzione durissimo, cui lui reagirà con ferma intransigenza e una certa dose di pazzia mista ad eroismo. Con la pseudo caduta della Giunta militare, sarà poi amnistiato e successivamente eletto deputato per un pugno di voti.

mercoledì 25 novembre 2015

Castelli di rabbia (Alessandro Baricco)




L'altro giorno non so perché ero alla stazione Termini, Roma, caput mundi secoli fa, la città delle città, si diceva una volta. Ma era una volta, ed ora è svoltata, né a destra né a sinistra ma verso un precipizio. Alla biglietteria, dopo una fila nervosa ed estenuante invece che il solito biglietto per il mio tragicomico e sferragliante regionale che ci mette anni per coprire metri, ho chiesto all'addetto un biglietto per Quinnipack. Ovviamente non era disponibile, perché quella città non esiste, anche nei nostri tempi, di alte velocità, Tav, trasporti veloci e comodi certe mete sono irraggiungibili esattamente come i vostri cellulari a volte sordi e ciechi, senza campo, voce, senza nulla.
Ho abbandonato sul momento l'idea di un viaggio così,non valeva la pena di. Ma mi sarebbe piaciuto, per un giorno, visitare questo luogo che non c'è, come a volte mi sarebbe stato gradito fare un salto a Macondo di cui mi parlò un certo sudamericano di qualità ineccepibile quale Gabriel Garcia Marquez. Perché, come forse avrete intuito in questa realtà a volte amara a volte solo incomprensibile, a mio parere solo la letteratura può regalare un cambio di prospettiva ed offrire una nuova geografia mentale e spirituale. Il potere della parola logora chi non ce l'ha.
Quinnipack è solo la capitale del regno fantastico e realistico, allo stesso tempo, che Alessandro Baricco, nell'ormai lontano, ahimé, 1991, costruì, anzi architettò, per dare spazio, ambiente e aria ad una serie di personaggi che erano ad un bilico, ossessionati da qualche meravigliosa e delirante, fatua ossessione ma convinti di poterla non solo desiderare, ma anche realizzare. 

martedì 24 novembre 2015

Lessico famigliare (Natalie Ginzburg)


Una Torino inizio secolo e poco oltre. Quell'aria vagamente crepuscolare di cui Gozzano ci narrò in false poesie che erano brillanti poemi in prosa.
Tutto torna o se preferiamo i giochi di parole, tutto Torino. E poi una narrativa delicata, deliziosa. Un libro soffuso, soffice. Scene di vita familiare, in una città di un altro secolo, agli inizi e durante la terribile e cancerogena esperienza del regime fascista. Ci si addentra, con passo lento ma non meditabondo nelle ordinarie e straordinarie vicende quotidiane della famiglia Levi, alta borghesia certo, ma non spocchiosa, anzi, una borghesia di vecchio stampo che forse oggi non esiste più almeno in Italia. Di cui tutto sommato si avverte un gran bisogno. Magari radical chic, ma illuminata e lungimirante, anti retorica, pragmatica, antifascista per DNA ma non con il dente avvelenato della mera ideologia.

La famiglia Manzoni (Natalia Ginzburg)

Egoista. Egocentrico. Egotico. Un buono che però, volente o nolente , dispensa male, delusione, tristezza, affaticamento e delusione sentimentale. Alessandro Manzoni, Alias i Promessi Sposi alias colui il quale viene considerato il fondatore della lingua italiana moderna con la graziosa collaborazione di un centinaio di persone ignare, nonché il nostro romanziere di punta a detta della critica officiante ed imperante, da alcuni in assoluto, da altri, meno avventati ed onesti, solo dell'ottocento.
Non so per quanti rappresenti una sorta di incubo, di rigurgito velenoso di lettura imposta, quantomeno a suo tempo (ah gioventù "che di beltà splendevi") noiosa e degna solo della rivisitazione sbeffeggiante in serie televisiva fatta dal famoso Trio. ovvero Solenghi-Marchesini -Lopez. Va da se che io ancora non l'ho digerito. Ma certo "I promessi sposi" sono un crocevia obbligatorio per tutti quanti noi hanno intrapreso gli studi superiori. E Manzoni, l'autore, oltre che come il più importante romanziere italiano di ogni tempo, ci viene presentato come uomo di nobile animo, di fervidi interessi umanitari e sociali, capace di benevole e paternalistiche iniziative nonché di benefici e cristianeggianti meritorie elemosine materiali e spirituali, dedito alla famiglia ma assunto dall'arte, sapendo ben amalgamare due attività così distanti e dissimili, pieno di ammirevoli ideali ed entusiasmanti slanci patriottici.
Non è così, almeno così è, se vi pare.

giovedì 12 novembre 2015

Freddie Mercury. Chi vuol vivere per sempre? (Laura Jackson)


24 novembre 1991. A Londra, nella sua faraonica villa in Kensington si spegne a 45 anni Freddie Mercury, cantante e front man della band inglese dei Queen. Una vita fuori dai limiti, da vera star, tra eccessi e clamori, folle adoranti e vendite stratosferiche, bruscamente interrotta dall'Aids. Il clamore è enorme.
Mercury, che in realtà si chiamava Farrokh Bulsara, era nato nel 1946, nell'isola di Zanzibar, da una famiglia di origine persiana, che professava la religione parsi, tratteggiata nel libro come abbastanza rigida e che influirà probabilmente sul carattere del giovane. 

Io non ho paura (Niccolò Ammaniti)

Un piccolo sobborgo di campagna,sperduto e ramingo quanto basta, fine anni settanta che furono, 1978 per la precisione. Michele come tutti ragazzini è vivace, curioso, inquieto. Ma una mamma molto buona e tenera e poco male se il padre è un po’ burbero, deve lavorare, mantenere la famiglia. Quadro quantomeno stereotipato. Tipico maschio e tipica femmina modello feuilleton, gadget da narrativa di consumo che impiastra carta e ottenebra la mente. Neanche una parodia del neorealismo post-guerra italiano poteva riuscire ad offrire quello che invece racconta un tale, famosissimo e straletto romanzo. ma andiamo per ordine, per analizzare quello che è un bivacco sonnolento dei più usurati topoi narratologici .

Poesie (Endre Ady)

"Sento che da lontano vengono
altri.
Ma il lontano dov’è, dove il vicino?
E dove nel mezzo,
stazioni?”
(Endre Ady)


Fonte: Wikipedia

Suggerimento. Suggestionato. Soggiogato.
Perché la storia di un casuale incontro tra uno studente di letteratura italiana e la poesia di Endre Ady, sconosciuto ungherese, nel 1991, può, tranquillamente, anche riassumersi in mere tre parole. Anche perché stavolta la recensione per vari e svariati motivi e imposizioni non è possibile nei suoi canonici, consueti ed archetipici stilemi. Tutto ciò nasce dalla lettura (obbligatoria) per un esame di "Letterature comparate", su un testo, Armando Gnisci, "Il colore di Gaia". Azzurro",Carucci editore, 1989. Testo di per sé utopico, una ricerca di concordanze e discordanze fra le letterature del mondo, alla ricerca forse di una pietra filosofale. O di qualche magia cattedratica al sapor di re Mida.
Qui è solo una serie di sensazioni e qualche notizia. Perché certo che non si tratti né del primo né dell’ultimo caso di denuncia di brillante operazione per rimozione e cancellazione, per motivazioni ardue da poter sostenere oppure anche lontanamente spiegare. Per le notizie rimando alle forzatamente scarne note.
Poi.



Qui propongo qualche lettura e qualche annotazione a margine. Che si prendano come glosse, alla maniera degli antichi frati medievali, che in qualche modo, oscuri scrivani e forse solo per imposizione di fede, trascorrevano e trastullavano il proprio tempo copiando, senza però resistere alla demoniaca tentazione di lasciare una traccia. Perché questa lunga digressione mi piace scriverla come una chiosa.
“Partiamo. Andiamo verso l’Autunno,
gracchiando, piangendo, inseguendoci,
due falchi dall’ala lenta.

L’estate ha già dei nuovi rapaci
Schioccano le ali dei nuovi falchi
Incrudeliscono le battaglie d’amore

Noi lasciamo l’estate, trasvoliamo scacciati,
ci fermiamo in qualche luogo dell’Autunno,
amorosi, con le piume arruffate

Sono le nostre ultime nozze:
ci strappiamo le carni a colpi di becco
e cadiamo sul fogliame d’autunno"

("Nozze di falchi sul fogliame secco")


Eccolo l’amore come un' arena, fatto di volatili eppur rapaci, che si consumano con forza a volte al di fuori del reciproco rispetto, una consumazione lenta ed inesorabile, mentre le stagioni passano, i cieli cambiano e gli amori continuano ad inseguirsi in base a folli dettami senza ragione né pietà. Potente, forse esageratamente drammatica, ma di forte impatto emotivo, molto guerresca e livida, come un’eterna tempesta che alcuni amori, o idee di amore, possono anche scegliere e delegare come propria rappresentazione.
Poi la caducità della vita, torna lo scorre del tempo, l’inasprirsi dei contrasti fra volere ed avere, oppure sentire e sentito, o quello più archetipico vivere ed esistere, fatto di scelte fra un carpe diem fino all’estremo oppure una lenta costruzione di fragili muraglie all’imperversare della casualità:
" Un minuto, e la vita mi bacia
Il mio corpo è una caldaia, lieta ardente
Ardono le donne, le case, le strade
I cuori, i sogni. Tutto arde
E tutto è immortale

Un minuto, e vengono piccoli demoni:
spengono le fiamme con lunghi ciuffi.
Viene il dubbio, viene un gran freddo.
Viene il fango e forse il ricordo
D’un paio di calzoni sdruciti"
(Solo un minuto)


Una lotta destinata alla sconfitta contro la mutevolezza e lo scorrere del tempo e degli stati d’animo e la parola pare una umile schiava volta solo a cristallizzare la sensazione di.
Perdersi. Lasciare. Non ritrovarsi.
Non ci è dato sapere se alcuni atteggiamenti così lessicalmente spinti allo stremo furono frutto di una personalità teatrale, o doppiogiochista, troppo poche ancor ora le conoscenze e troppo forti le evocazioni suggestive.
Sessualità certo, ma anche anche intensità lirica, senza struggimento che comunque appaga i romantici, qui siamo pur sempre nel Novecento, anche se in provincia della Letteratura divulgata.
Ancora l’amore. Ancora il fuoco, la carnalità, il consumo, il darsi-aversi ma finire. E poi la labilità umana, il resistere oppure lasciarsi al tutto, un vortice e la scelta che appartiene soltanto all’uomo: poca metafisica, siamo nel campo del carnale:
" Stiamo su una cima selvaggia noi due
Stiamo abbandonatie rigidi
Aggrappati l’uno all’altra, senza lacrime, lamenti, parole:
appena un tremito e cadiamo

Ci legano lacci di carne e sangue
finché stiamo così avvinghiati:
le nostre labbra livide e tremanti.
Finchè tu mi baci, non abbiamo parole:
ma se dici una parola, cadiamo"
(Stiamo su una cima selvaggia)
 
Sembra che solo una prorompente e quasi eccessivamente accesa materia possa dare sostanza e linfa ad una comunicazione nella relazione amorosa: il resto pare affidato a vertiginose cadute negli abissi del.
Adolescenziale o monodimensionale forse, come postera interpretazione, ma certo che la forza che emana sembra tatuare gli occhi alla semplice lettura con un marchio di fuoco e fatuità. Però credo sia giusto sottolineare che la poesia a volte non deve esser un semplice mondo circoscritto, un porre paletti sulla base di musicalità e significato delle parole. A volte la poesia può essere un sussurro all’orecchio di mondi e o sensazioni probabili, ma non impossibili, oppure la eco di una musica suadente che ammalia, come dovette forse essere nella fantasia il canto delle sirene per l’Ulisse omerico in preda a passate e future tempeste.
E il poeta Ady ( e probabilmente anche l’uomo che fu,ma non può rispondermi sul quesito) a volte decide l’abbandono con lucida, pazza, a volte egoistica consapevolezza:
" Io sono il parente della morte.
Amo l’amore morente
Amo baciare
Chi se ne va

….
Amo coloro che partono
Che piangono e si destano
E, nei freddi mattini brinati,
i campi

….
Amo i delusi, gl’infermi
Coloro che sono fermi
Gli increduli, i tristi:
amo il mondo"


Visione apocalittica e forse anche questa eccessivamente decadentista-nichilista, ma che per quel che se ne legge, una dichiarazione di poetica, stanca forse, ma che riserva sorprese ad ogni verso (gli increduli ed i tristi sono antitesi semanticamente forti per una connotazione come quella evidenziata).
E forse profetico fu il poeta, nella sua visione tragica:

"Nemmeno un frusciare tradisca
Ciò che ha già nascosto l’anima mia:
senza vita se ne è andato qualcuno,
che ne è andato uno che fu di qui

Di altri non fui, neppure di me stesso,
la fredda nullità è mia sposa.
Non ho il diritto di lasciare ricordi,
ne ho il diritto di ricordare

Come una domanda dimenticata
E senza risposta, io cada nella pace:
che non voglia più essere, se fui:
e, se fui, rimanga segreto a tutti"
(La partenza pacifica)



Oppure:
"Le stelle cadenti mi hanno illuminato,
mandragore da poco stordito
e, in luogo della vita, non ho avuto che ore"
(Ore in vece di vita)


Così fu, credo, così è stato. Un segreto, però che lascia qualche vaga inquieta certezza e qualche parola che in certi momenti, in eventuali momenti, può anche divenire una bussola. Una bussola che, sia detto per inciso, non detta coordinate geografiche, ma solo indica terra del pensiero e dell’emozione da cui, eventualmente ripartire.

Insomma la storia di parole che mi hanno a suo tempo vinto e convinto. Come solo la poesia sa e può fare.

BREVI NOTE

Endre Ady (Ermindszent, 22 novembre 1877 – Budapest, 27 gennaio 1919) fu essenzialmente poeta, ungherese, in una futura nazione che andava aprendosi all’Occidente e che vedeva sfaldarsi lentamente e senza sosta l’impero asburgico di cui faceva parte. Nato da una famiglia andata sul lastrico, si avvicinò alla giusta età alla rivista Nyugat, considerata la prima rivista in quei luoghi a svecchiare la letteratura indigena ed anche il senso estetico fino ad allora dominante. Nel sito citato si possono leggere le opere pubblicate in lingua indigena.

Ancora attualmente è poeta essenzialmente di interesse ungherese e talvolta degno di interesse inglese. Assai scarsa la sua notorietà in Italia.




mercoledì 11 novembre 2015

Il gruppo (Joseph O'connor)

  Sean ha deciso, entrerà a far parte del gruppo musicale di sua sorella. Gli altri tre membri accettano con gioia la novità, visto che la ricerca si stava protraendo troppo a lungo. E ormai dopo settimane di suonate avventurose, alla meno peggio, dove capitava, per parchi e vicoli di strada, è ora di fare sul serio. Solo che Robbie intuisce subito il fascino carismatico del nuovo arrivato e già sente morsi di gelosia. 
Più forte di lui. L’agognata Trez, anche se è solo sua sorella, sembra avere un feeling particolare con quel fratello grande, bello e disincantato. E poi bisognerà vedere come questa personalità forte possa andare d’accordo con l’egocentrismo eccentrico di Fran, almeno creativamente il leader del gruppo, anche e non solo per i suoi gusti elitari ed il suo look stravagante e bisessuale. Da tempo incuriosisce non solo il college, ma l’intera Luton. In effetti il suo arrivo come figlio adottivo dal Vietnam in Irlanda e poi in questa cittadina grigia ma viva ha segnato un’infanzia certamente tormentata.

Non sparate sul cantautore (Claudio Bernieri)


É il 2 aprile 1976. Dopo un pomeriggio di tensione, un gruppo di autonomi piomba sul palco del Palalido di Milano, tutto esaurito per l’occasione, dove si sta esibendo Francesco De Gregori, noto cantautore romano, reduce dallo stratosferico successo del suo album “Rimmel”. Un vivace scambio di battute, forse qualche spintone, certo qualche insulto. Si tratta comunque della sceneggiatura di un processo che le frange estremiste ex parlamentari della sinistra antagonista fanno ad uno dei più celebrati cantautori di successo, sulla base del concetto che la musica è di tutti ed un “compagno” come lui non può esibirsi con un biglietto che costa ben 1500 lire di allora.

Due mesi prima un artista del calibro di Lou Reed, non certo uno tutto pop e lustrini, a suon di bottigliate era stato costretto a interrompere lo spettacolo, nel medesimo posto. Ed un anno dopo, sempre nel capoluogo meneghino Santana verrà messo in fuga nel mezzo della sua acclamata esibizione live. Se la musica aveva strappato spazio a poesia e romanzo ed era diventata lo strumento di contestazione, ora ne diviene il bersaglio. 


martedì 10 novembre 2015

24:00:00 (Federico Guerri)

Ma cosa ne possiamo sapere noi, adesso, di cosa può essere o non essere l’amore, in un’epoca in cui un solo colpo di click ti connette a centinaia, migliaia di persone distanti migliaia di chilometri?Undici personaggi eccentrici, stravaganti e speso stralunati, tutti in qualche modo mossi e sommossi dalla scritta che da tutto il mondo si vede campeggiare tra le nuvole, con la sua aria di minaccia e di cataclisma inevitabile.
Una scritta che non ammette repliche. E' un conto alla rovescia. E chissà cosa succederà una volta terminato.

mercoledì 14 ottobre 2015

Storia di un minuto (Antonio Oleari, Renzo Stefanel)



 
Sempre emozionante, almeno per me, apprendere la cronaca dettagliata di come e dove si costruisce un disco importante e non volgarmente “pop”. Dei tanti perché, come e dove. Se poi il disco in questione ha degli eccelsi meriti e soprattutto , per quanta vuota retorica possa sembrare, ha fatto la storia, nel suo piccolo, ebbene, la lettura si fa sempre più avvincente. 

Nell' autunno del 1971, Milano, nei nuovissimi studi di incisione della. Fonorama, tecnicamente all'avanguardia, stanno lavorando duramente in tanti. Come in molti altri studi di tutto il mondo, perché sono anni dove il rock, inteso più che altro come movimento e non mero genere, dilaga. Più di tutti sgobbano Franz di Cioccio, batterista, Marco Pagani violinista e flautista, Flavio Premoli tastierista, Giorgio Piazza, bassista e Franco Mussida chitarrista ed altro. Il nome del gruppo è quantomeno inusuale, Premiata Forneria Marconi e la loro musica quantomeno atipica per il provinciale scenario italiota. Fanno la cosidetta musica “progressive” e di certo sono tra i più bravi e noti del genere, nel nostro paese, con nulla da invidiare forse ai mostri sacri anglosassoni del genere, specie i King Crimson, ritenuti a torto o ragione i loro padri putativi.

venerdì 18 settembre 2015

Uomini che odiano le donne (Stieg Larsson)


Partiamo dal presupposto che talvolta la chiave di volta per apprezzare un romanzo è magari l'ambientazione. Magari per curiosità di sapore meramente geografico, più che etnico o addirittura antropologico Quando ero giovane (sigh) visitai la Svezia e mi innamorai dei suoi paesaggi, dei suoi silenzi, dei sorrisi gioviali della gente riservata ma non fredda, di quell'aria tersa e libera. Una nazione ricca e per certi versi ambigua, sempre all'avanguardia circa le politiche sociali ma poi funestata da una strana tendenza autodistruttiva. La rutilante introduzione non è comunque caso. Spiega e motiva già da ora il giudizio ed il motivo di interesse per leggere 670 pagine, in poco tempo peraltro, di un genere narrativo che frequento poco, come il giallo classico, benché ami alla follia due giallisti sui generis, assolutamente fuori dalle righe come il primo Pennac e il prolifico Lansdale.

giovedì 17 settembre 2015

Se tornasse Natale ( Giacomo Cacciatore)


Bruno sta vomitando. Più che la strada di montagna è la presenza di Vicio Miraggio, attuale compagno della madre, a rendergli la vita impossibile. Lui è in attesa ancora di suo padre Natale, scomparso causa lupara bianca e della cui assenza non se ne fa una ragione, specie da quando in casa è comparso questo cantante melodico egocentrico e arrogante con cui è sempre in contrasto. Ma la madre Consuelo non era più in grado di vivere da sola e ne accetta i miseri difetti, la sorella Jennifer è troppo in balia degli ormoni e passa il suo tempo a prendere e lasciare ragazzi, l’unica amica di famiglia è Ramona che però di mestiere fa la prostituta. Allora a Bruno non rimane che la bacchetta di mago Silvan e la ricerca di improbabili magie, mentre in questa Palermo calda e suadente le voci girano, tutti sanno di tutto e neanche i killer di Natale alla fine possono stare tranquilli, nemmeno Miraggio, con quella sua pazzia di concupire la moglie di un boss. E nonostante gli avvertimenti nemmeno tanto velati perseguire con quella sua pazzia senza senso.

mercoledì 26 agosto 2015

Paura alla scala (Dino Buzzati)


Provate a pensare il mestiere di scrivere come un lavoro artigianale. Di quelli di una volta, che ora come ora soccombono e cedono il passo alla più redditizia industria, alla produzione seriale, che cullata beatamente dai meccanici e inarrestabili congegni del mercato globale, divora (ha divorato) il fai-da-te retto da estro e tradizione. Provate che ne so ad immaginare il lavoro di uno scrittore come quello di qualche umile falegname che però per Dna conosce i trucchi del mestiere e saprà regalarvi splendidi mobili in legno senza apparente fatica, ma pregni di grande maestria. Magari solo per un colpo di sega, od un equilibrio miracoloso fra le singole parti, anche se la struttura è arte "povera". Ecco "Paura alla scala", raccolta di racconti di Dino Buzzati, è un museo di creazioni poste in opera da un artigiano sapiente, che ha ottimizzato strumenti e materiali della sua officina fantasiosa. 


martedì 25 agosto 2015

Piccola guerra perfetta (Elvira Dones)


Paura. Terrore. Orrore. Errore. La guerra uccide, non ammette repliche, divide, non unisce. La guerra è bestiale. Anche se alla fine la combattono solo gli uomini, per ragioni a volte squisitamente politiche e non di sopravvivenza.

Rea sta festeggiando il suo compleanno. E' giovane, piacente, brucia di vita. É leggermente alterata, perché il suo ragazzo, un brillante giovane giornalista, non ha voluto fare l'amore. Chissà come, chissà perché. La sua fida amica Nita, più grande di lei e già professoressa all'università, libera, indipendente, fa del tutto perché quel giorno assomigli ad una festa. Perché purtroppo tutto rema contro. Fuori ci sono esplosioni. Ma non sono fuochi d'artificio per Nita. Anzi. È il 24 marzo 1999. Siamo a Pristina, capoluogo del Kosovo, provincia serba a maggioranza albanese. I kosovari vorrebbero staccarsi dalla Serbia, come già prima han fatto, versando sangue, Croazia e Bosnia.


Siamo in guerra. Proprio quel giorno infatti aerei della Nato hanno cominciato a bombardare la zona per indurre Miloševic, presidente ultranazionalista della Serbia, a fermare la pulizia etnica e abbandonare la regione e lasciarla libera di autodeterminarsi.

giovedì 13 agosto 2015

Uto (Andrea de Carlo)

A Peaceville tutto è perfetto. Ma proprio tutto, persino l'acqua e l'aria sembrano meglio di ovunque. Un'oasi lontana dal rigurgitante frastuono della modernità. Pace, serenità. La gente qui cerca la felicità, nel silenzio dipinto di verde del bosco, dove il rumore è stato messo al bando. Qui a Peaceville è forse un paradiso terrestre, dove si mangia bio e non c'è litigio, nel buio della notte o alla luce del sole, niente pare possa poter turbare o disturbare l'animo,troneggia e splende la reciproca armonia di ogni essere umano lì vivente. 
In questo Eden, senza che apparenti serpenti maligni vengano a sibilare perturbanti tentazioni, in questo luogo ovattato, silente, insomma quasi morto arriva come un uccello del malaugurio Uto Drodenberg, già di suo troppo impigliato nei tipici dilemmi dilemmati della sua giovane età, diciannove anni benedetto ragazzo, non buttarli con questa apparente aggressività, questa ostentata indifferenza, questa malcelata insofferenza. Ma forse non è così cattivo, il nostro. E' giovane. E peraltro, come se non bastasse, si porta appresso un fardello pesante, il padre si è suicidato facendo scoppiare una palazzina ed il fratello ha accusato Uto di essere la cagione del disastro. D'altronde Caino uccise Abele, son cose che purtroppo succedono nelle migliori famiglie, anche quelle bibliche.

mercoledì 12 agosto 2015

La banda dei brocchi (Jonathan Coe)

Vite. Musica. Adolescenza e poi è subito sera, quando inizia l'alba della vita adulta. Birmingham, anni Settanta. Benjamin Trotter è il prototipo classico del "brocco", ovvero del nerd ante litteram ma all'inglese, dello "sfigatello" tutto tensioni e passioni ma ahime la concretezza si scioglie come neve al sole. Ormonale ma compassato, artistoide e lettore incallito anche di classici e non solo del cult/cool Tolkien, smania e smanetta ferocemente i suoi sentimenti e i pensieri, mentre l'esuberanza giovanile deflagra tutto d'intorno e il suo paese, l'Inghilterra, è in preda ad una crisi economica, dilaniato dal conflitto con l'Ira e musicalmente parlando ad una svolta epocale, il passaggio dall'impero del progressive all'esplosione della velleitaria ma intensa galassia punk.

lunedì 10 agosto 2015

Il profumo (Patrick Sunskind)


L'universo umanocentrico non ammette deroghe. Costruito a misura e somiglianza, non permette di sgarrare. Così, presunti esseri razionali come ci riteniamo, ci inganniamo sapendo di farlo e ci eleviamo a superiori perché pensanti. A parte i ragionevoli dubbi sulla perfezione e universalità del pensare,posto che tutti utilizzino in maniera consona il cervello, in realtà dipendiamo pure dai sensi e neanche poco. L'olfatto per esempio, dirige, confonde, fonde e profonde sensazioni, scelte, azioni molto più di quel che si ritiene, data la nostra origine animale. Anche la sessualità ne è profondamente impegnata. Il profumo, una volta detto non a caso essenza, è almeno parte della nostra anima. Che ci piaccia o no, la Natura ha le sue invincibili leggi.

giovedì 6 agosto 2015

Tutti giù per terra (Giuseppe Culicchia)


Walter cammina, corre, si perde, non si ritrova in questo mondo di moduli prestampati e dal sapore vagamente coercitivo oltre che di fattura prettamente burocratica, già scritti, come percorsi predefiniti. E allora lui si perde ma  qualcosa trova lui, qualcosa in cui NON credere, qualcosa in cui NON trovarsi. Prosegue, non si ferma, non è nato per stare fermo, anche se è chiaro, lui non riesce a trovare una direzione. Ed allora incroci, tangenziali, scorciatoie ma anche (e purtroppo) sensi unici, nel cammin di nostra vita. La strada è lunga, ma non c'è bussola che venga donata o magari vinta a qualche lotteria nazionale per la propria autodeterminazione al mondo, sicuro.

mercoledì 5 agosto 2015

Comici spaventati guerrieri (Stefano Benni)


Leone è morto, non giocherà più. E dire che a detta di molti poteva pure farcela, sfondare nel mondo del calcio, riscattare la sua vita e per indotto quella dei suoi tifosi, per finalmente abbandonare per sempre quei posti cementificati dove vive, disumani, annichiliti dal progresso che progredisce in qualche altra parte del mondo perché lì pare di essere rimasti al Medio Evo, peggio anzi, quantomeno siamo al Giurassico della società civile.

Il professore Lucertola, dalla filosofia realista e malinconica, non può darsi pace per questa subitanea e dolorosa morte. Anche poi pensando alla ragazza di Leone, la bella Lucia. Come d'altronde l'anziano professore, pure non si dà pace il giovane e scalciante Lupetto, che mirava e rimirava le arti calcistiche del morto a fucilate e sognava per lui, quasi che fosse una preghiera. Magari in fondo la rivolgeva a sé stesso, ma vabbé, è piccolo, crescerà.

martedì 4 agosto 2015

Guida galattica per autostoppisti (Douglas Adams)


L'universo non è poi così grande, fidatevi. Risulta più o meno complesso come lo stradario internettiano di una nostra città attuale, se si ha in mano la guida giusta. Nel caso serve quella Galattica per autostoppisti, se vuol andare a rimirare le stelle, i satelliti, i buchi neri e tutta quella bizzarra cosa fatta di galassie chissà che altro. Se ne rende conto anche il nostro Arthur Dent, uomo molto common e poco people, nel senso che è tipicamente tipico e senza grandi svolazzi, ma nello stesso tempo nutre qualche diffidenza sarcastica, schizofrenica a paranoica nelle giornate storte, nei confronti della gente umana tutta. Peraltro gli stanno distruggendo casa per fare spazio ad una tangenziale, anche se ha pagato le tasse ed aveva il condono edilizio ha il suo giusto momento no. Per fortuna che fa un incontro di quelli memorabili, che possono cambiare una vita o anche due, ovvero un alieno originario di Betelgeuse, Ford Prefect, uno dei tanti ghost-writer postmoderni che stanno acquisendo informazioni per la nuova redazione della Guida Galattica di cui si diceva, una di quelle uscite editoriali storiche e magiche che però devono rendere merito a chi non compare nei titoli di coda. 


venerdì 31 luglio 2015

La vita segreta di J. Edgar Hoover (Anthony Summers)


Povero mister J. Edgar Hoover. Fa quasi pena. Un vero dramma. Una terribile condanna gli pende sul capo. Interi decenni a fare lo stesso lavoro. Alla faccia della flessibilità auspicata dal nostro Presidente Monti, oggi. Che lavoro, poi. Non sta in catena di montaggio, non scava per decenni nei tunnel angusti di una miniera, non coltiva patate nel deserto aspettando le piogge benefiche. Il suo è uno di quegli impieghi che meritano di far rispolverare una delle battute più citate ovunque, oramai più che da bar da social network, ovvero "è uno sporco lavoro ma qualcuno dovrà pur farlo".
Già. Peccato che il suo sia un incarico non solo gravoso, ma uno di quelli decisivi per scrivere la vita, non quella tua personale, ma di decine e decine, centinaia di persone. Una attività che alla fine serve per allacciare i fili di quella massa disordinata e gelatinosa che qualcuno chiama trama della Storia. Perché alla fine mister Hoover, volenti o nolenti, di sicuro nella vita ha fatto una sola cosa: il direttore del FBI, l'agenzia investigativa federale degli Stati Uniti d' America, non la caserma di una sperduta frazione provinciale di uno stato fantoccio o similia. Bene o male che abbia fatto, ha letteralmente dominato una fetta assai consistente e preponderante, se non totalizzante, della vita interna di una nazione che a sua volta ha padroneggiato in lungo e in largo la storia del secondo Novecento e fino alla fine del secolo scorso, anno più anno meno. Gli Usa, come forse noto, erano il guru economico, sociale, politico e talvolta musicale dell'Occidente apparentemente onnipotente.
Mister Hoover, god bless you, forse.

La velocità di lotta (Andrea Scarabelli)


Sono tempi strani e ci sono strani giorni come cantava un ispirato Battiato tempo fa. Siamo agli albori di un secolo nuovo eppure siamo già vecchi e tutto pare invecchiato. Sarà colpa di Internet, dell'euro, dello zodiaco oppure è solo colpa nostra ed allora, chi è causa del suo mal pianga sé stesso.
Ci sono diversi modi per descrivere l'algido disagio di questi tempi, il freddo che fa ed il caldo odore di una vita normale e senza stress che rimane un'utopia come per me una vacanza a Macondo, che non è in provincia delle Maldive ma a Fantasilandia.

Storia della mia gente (Edoardo Nesi)


Un romanzo? Forse. Un saggio? Anche. C'era una volta un paese. Chiamato Italia e messo su, più o meno con la forza da una sola regione, il Piemonte. C'era poi una volta la Toscana. Questa era un'altra regione, che alcuni definiscono rossa, ma per milioni di persone è solo bella, ricca, affascinante. Dentro la regione c'era una città. Si chiamava Prato. E da qui nasce una storia. Triste, molto. La lettura è vietata ai minori, ai politicamente scorretti oppure orientati.
Edoardo Nesi è scrittore e giornalista, pratese del 1954, mette giù una storia come tante che riguarda la sua città, le sue convinzioni. Lo fa fa in maniera veloce e tutto sommato fatta bene, lo fa dopo che è successo tutto, dice quello che insomma si sapeva o si stava sapendo.

giovedì 30 luglio 2015

Urlo e furore (William Faulkner)

Urlo.

Furore.

Dal fondo della propria anima, senza risparmio, senza veli, senza mediazione, senza.

Affidandosi all'estro, alla rabbia, alla disperazione. 
Non siamo in un vicolo cieco, siamo in una infernale, spietata, cinica, cruda, noir stairway to heaven della narrativa di ognitempo ed ognidove.
E' il 1929.

Un alcolizzato e depresso William Faulkner, imbianchino a cottimo e comunque spesso imbarcato in lavori di fortuna, semi esordiente, pubblica uno dei suoi capolavori.
Il mondo è distratto dal crollo della borsa in Wall Street, l'Italia festeggia i patti lateranensi, l'editoria si accaparra anche Hemingway che pubblica nello stesso anno "Addio alle armi". Ma il mondo della narrativa non solo resiste, ma si espande. La ricerca ( e se vogliamo l'ossessione) di questo scrittore della provincia americana si immola al mondo della creatività lanciando il suo grido. Di rabbia e di dolore. Ma.
Non solo.
C'è forza. Coraggio. Passione. Ricerca. C'è Letteratura. Elle maiuscola.
Sono in moto i muscoli del cervello, non aspettatavi un Atlante che sorreggerà il mondo, bensì una sinfonia in quattro tempi che affianca e preconizza il jazz classico dei tempi d'oro per suonare una polifonia che prende a spunto la tragedia greca.

mercoledì 29 luglio 2015

Il tempo è un bastardo (Jennifer Egan)


Poliedrico, polifonico eppure compatto, essenziale.
Il tempo corre e non lascia spazio. Si prova a riempirlo in tutte le maniere. Ma poi. Bennie, impresario di grido in campo musicale, una volta era un vero nome, una sorta di icona. Poi scelte sbagliate ed una certa stanchezza lo hanno relegato al ruolo di cult e poco più, ma ancora è in grado di far saltare il banco. Lo sa Sasha, la sua storica segretaria, di cui dopo anni si sta invaghendo. Lei è forte, dolcemente caparbia ma anche con un passato irrequieto, più che ribelle nichilistico. Lo sa anche lui che ancora può giocare qualche asso, che non può rifiutare a se stesso di darsi un’ultima chance: dare una possibilità ad un derelitto chitarrista di realizzare un nuovo disco e fare un tour. Anche se è a pezzi. Anche se ormai lo ricordano in pochi. Anche se.

martedì 28 luglio 2015

D'amore e d'ombra (Isabel Allende)


Cile, 1973. Per preservare il paese e salvare la popolazione da un fantomatico quanto ipotetico colpo di stato di matrice comunista, i militari occupano il potere con la forza e si insedia come leader-maximo e indiscutibile il generale Pinochet. Le riforme agrarie, oltre ad altre, dal punto di vista strategico-economico importanti, volute dal presidente socialista Allende, democraticamente eletto, vengono di colpo spazzate via. Si torna all'ordine, così dicono, ma vatti a fidare se invece semplicemente si restaura ciò che era smantellato ed insomma, non andava. Il Presidente Allende, negli scontri,muore. Per il Cile niente sarà come prima. O come dopo. Stavolta il contesto è più importante del testo, perché la storia d'amore è un mero espediente per raccontare una tragedia.


sabato 25 luglio 2015

Due di due (Andrea De Carlo)


E' abbastanza plausibile, come canta il buon Guccini in un suo intramontabile pezzo, che a venti anni (e poco prima) il mondo sia tutto intero. Un concetto che tutto sommato ho imparato coll'eterno scorrere della lancetta, poi. E se il cantante emiliano rappresenta con quella calda, soffusa, lirica "Eskimo" il sessantotto dei ragazzi rivisti da un adulto nostalgico dell'età e non delle lotte, ebbene la canzone é colonna sonora ideale, sound track perfetto per questo testo diviso in due parti dal diverso ritmo e contesto,quasi due romanzi separati che poi ne costituiscono uno.

venerdì 24 luglio 2015

Circolo chiuso (Jonathan Coe)

Riuscirà mai Benjamin Trotter a finire il suo benedetto romanzo? E dire che non è afflitto da quel male incurabile che affligge i sedicenti scrittori, ovvero la pagina bianca. Anzi, è superbamente prolifico, quasi logorroico. E dire che tutti davano per scontato che Benjamin non solo avesse le qualità, ma che sicuramente avesse anche le idee giuste per fare un capolavoro immortale della Letteratura. Ed invece quest'uomo goffo ed insicuro, attorcigliato nei suoi stessi pensieri e vittimismi, scrive centinaia di pagine da anni, quasi per esorcizzare quella ferita al cuore di adolescente che non è mai guarita. Quella ferita ha un nome e cognome e una misteriosa fuga. Cecil Boyd. L'unico vero grande amore di Ben, infelicemente sposato con Emily e senza figli. Anche se ai tempi della Boyd avevano solo intorno ai vent'anni, fu più di una divampante ed abbacinante passione. Ma dopo aver fatto l'amore per la prima volta, Cecil è sparita senza dare notizia o traccia di sé. Ma gli era piaciuto, quella notte, farsela con Ben, ne siamo sicuri anche se. 

giovedì 23 luglio 2015

Quando il cielo era sempre più blu (Enrico Gregori)

1975, Roma. Un giovane studente universitario, Enrico Gregori, incontra un cantautore esordiente, figlio di immigrati calabresi. Si chiama Rino Gaetano. Il ragazzo è in pieno fervore creativo perché in procinto di incidere il suo secondo disco. Gregori è redattore a tempo perso per la rivista Ciao2001, testata storica in ambito musicale, ed è stato piacevolmente colpito da una apparizione del musicista in televisione. Strano, lui non ama la canzone italiana e si ubriaca spesso del rock anglo americano specie se considerato colto, elitario. Quel giorno nella sede della casa discografica IT, costola del ben noto colosso RCA, nasce così una amicizia. Di quelle che non finiscono più, tra due quasi coetanei che coltivano la stessa ardente, avvolgente passione, la musica. E poco importa se i ruoli sono predefiniti, uno come produttore l'altro come attento ascoltatore. 

It (Stephen King)

Mike Hanlon alla fine ha deciso di chiamarli tutti e sei i componenti della banda che da bambini vinsero una battaglia vitale. Le modalità rilevate nell'omicidio di un omosessuale non ammettono dubbi: It, l'entità multiforme che infesta la provinciale cittadina di Derry nel Maine, è tornato. Ma Stan Uris non verrà, si è sucidato alla notizia della convocazione. Gli altri sono già in viaggio. L'orrida e crudele creatura, spesso manifestatasi nella diabolica figura del bizzarro ma comunque orrorifico clown Pennywise, ogni 27 anni circa torna nella cittadina ad uccidere per nutrirsi, avendo come prede preferite bambini e ragazzi. Nel 1958 trovò una inaspettata resistenza da parte della "banda dei perdenti", composta appunto da Hanlon, il defunto Uris, il balbuziente redento Bill, cui It ha ucciso il fratello più piccolo, il goffo e allora grasso Ben, l'ipocondriaco e perenne vittima di una fantomatico asma Eddie, l'irrequieto e sboccato Richie ed infine la bella, suadente e fatale Beverly, dalla lunga e fedifraga chioma rossa. 

Venite venite B- 52 (Sandro Veronesi)


Anni Sessanta, Italia, litorale della Versilia. Il paese è incontaminato e pieno di voglie, esistono scarse regole e nessuno che intenda seriamente far rispettare la legge. Tutto è possibile e l'impossibilità appare una parola ancora priva di senso, questo paese pare rinascere germogliando come fiore dalla terra arida delle sue contraddizioni sociali e psicologiche. Lo stranito e stupefatto protagonista è Ennio, proveniente da un ameno paesetto claustrofobico quanto basta ed ottuso fino al vomitevole, suonatore a tempo perso di sassofono nel mitico gruppo dei Los Locos, inappetenti al successo per DNA, che all'improvviso prende al volo la svolta della sua vita. Dalla proposta d'ingaggio per una intera stagione musicale presso stabilimenti e balere, si trova in mano l'incarico d'autista dell'affarista Saligari, tipico esponente della imprenditoria di quegli anni, spregiudicata e senza vincoli o lacci, ma ancora sufficientemente libera ed apolitica anche se ferventemente anti comunista e comunitaria, scevra da massonerie trasversali, capace di deturpazioni ed affari che di lecito non avevano nemmeno l'odore ma ancora assolutamente indipendente, avventuriera come una volta nel Far West.
Carpe diem.
Tutto cambierà. Anzi no.


Sardinia blues (Flavio Soriga)

Ecco, lo so, ci verrebbe da dire, aggiungere, togliere, misurare. Perché questo è un romanzo che induce all'azione, sia quel che sia. Parla di trentenni e non ai ventenni. Strano,come no. Tre ragazzi. L'avventura. La voglia, l'arsura. Magari anche la paura, perché il difficile è avere coraggio, come spesso mi dico e racconto agli altri, ogni giorno è difficile, ogni anno racchiude tante disperazioni, ma avvicinarsi ai trenta anni e superarli oggi non è un salto nel buio ma forse di più, con la sicurezza che finalmente quel nulla che ti pesava non è una sensazione, ma una reazione, azione, mozione. E soprattutto il farsi un sacco di pippe mentali con la paghetta settimanale e senza malattie gravi accertate può sfociare nella grafomania, ma non è arte. E' parodia, nulla, non esplode. 

mercoledì 22 luglio 2015

22/11/1963 (Sthepen King)


Carpe diem certo. Eppure però tutti vorremo tornare nel passato. Per cambiare il futuro, ovvero il nostro presente. Magari per azzeccare una combinazione al superenalotto che già conosciamo e fare soldi, mettersi a posto. O incontrare la donna o l'uomo giusto. Oppure.
Perché talvolta non si cerca il destino personale, da cambiare, ma quello dell'intera umanità. Per insomma rendere questa vecchia e malata terra migliore. Ma siamo sicuri che cambiare un episodio sia poi così conveniente, che quella illogica concatenazione di cause ed effetti di cui noi siamo meri attori e non registi non provochi il peggio, un male assai peggiore? Già. 

martedì 21 luglio 2015

Brucia Troia (Sandro Veronesi)


Bruciano stilemi e convenzioni, connvizioni sociali. Fuoco, fiamme e lampi di genio fino a sfiorare gli abissi della pazzia più folle, barlumi di amori sospirati ma mai abbracciati, scintille di speranza, roghi di illusioni. Ma poi anche fumo che soffoca, cenere, caos. E vento. Dispersione, disillusione, disincanto, frana, rovina. Frantumi, macerie e nessuna ricomposizione possibile di un magico e fragile puzzle esistenziale.
Non c'è pace ma molta guerra interiore nelle anime turbolente e illividite che vivono nel santuario presso la collina, dove un prete visionario e quasi ferocemente religioso accudisce con poca grazia, assieme a sgraziate suore, orfani senza nome né madre, orfanotrofio più o meno regolare.