1975, Roma. Un giovane studente universitario, Enrico Gregori, incontra un
cantautore esordiente, figlio di immigrati calabresi. Si chiama Rino Gaetano.
Il ragazzo è in pieno fervore creativo perché in procinto di incidere il suo
secondo disco. Gregori è redattore a tempo perso per la rivista Ciao2001,
testata storica in ambito musicale, ed è stato piacevolmente colpito da una
apparizione del musicista in televisione. Strano, lui non ama la canzone
italiana e si ubriaca spesso del rock anglo americano specie se considerato
colto, elitario. Quel giorno nella sede della casa discografica IT, costola del
ben noto colosso RCA, nasce così una amicizia. Di quelle che non finiscono più,
tra due quasi coetanei che coltivano la stessa ardente, avvolgente passione, la
musica. E poco importa se i ruoli sono predefiniti, uno come produttore l'altro
come attento ascoltatore.
Nei successivi anni questo legame diventerà davvero
forte, perché Gaetano raggiunge il successo ma non per questo inizia ad avere
atteggiamenti da star o da viziato. Rimarrà sempre sino al giorno della sua
drammatica morte, una persona certamente complessa e talvolta sfuggente, ma
piena di umanità, folklore, passione. E Gregori continuerà a seguire le
evoluzioni di uno che da subito gli dà l'idea di essere troppo avanti e
soprattutto che sia un predestinato, debba "sfondare".
E allora ecco che da una sporadica intervista, da una possibile anteprima si
scivola in una frequentazione assidua,a volta quasi maniacale, dove i dubbie e
i dissidi del Rino compositore trovano terreno fertile nel fedele, sincero e
spassionato Enrico. Non di rado infatti i loro giudizi divergono, ma non per
questo si creano attriti irrisolvibili.
Con l'avanzare degli anni i contatti si fanno più
rari, soprattutto gli incontri diventano meno frequenti. Tempo tiranno, impegni
pressanti ed obbligatori, si cresce purtroppo. Rino, dopo il terzo posto a
Sanremo con "Gianna", è diventato famoso, gli impegni divorano il suo
tempo mentre Gregori ha dovuto fare prima il militare, poi laurearsi ed infine
sta iniziando il mestiere di giornalista, nella sezione cronaca nera. Non è più
il tempo dei meri sogni, delle speranze anche se concrete, si deve vivere la vita
che ci si è scelti.
Niente sarà come prima. Purtroppo. Gregori,
oramai affaccendato ad affacciarsi nel mondo dei grandi e a cercare di
diventare giornalista, da attento osservatore registra un Gaetano sempre più
taciturno, insoddisfatto, lontano e quasi disilluso.
La solita storia. quando arrivi n altro, quando
cominci a volare,e cco la paura di cadere. Ma è forse normale avere un momento
così, è semplicemente umano magari avere qualche anno meno pirotecnico, qualche
canzone meno valida, qualche disco come gli ultimi due che insomma, fanno
registrare un sensibile calo di vendite, intensità, spessore. Purtroppo a volte
il destino è infame, altro che beffardo. Non ci sarà il tempo per risalire la
china, diventare adulti, maturi, consapevoli in toto. Per Rino Gaetano infatti
arriverà la morte, in un misterioso incidente stradale notturno, nel 1981. Per
Enrico sarà il tempo del dolore r rimarranno solo dubbi e domande senza
risposta. Oltre il dannato vuoto per la perdita di un amico vero, oltre che di
un cantante sui generis e sicuramente dotato.
Oggi è facile parlare bene di Rino. di magnificare la sua giocosità, il suo
lirismo talvolta sarcastico e quasi "blasfemo", le sue intuizioni
musicali solo apparentemente banali e semplicistiche, la sua coscienza sociale
e politica. Ma negli anni Settanta non fu così.
Irriverente e apparentemente estroverso, in realtà Rino Gaetano è stato più di
una meteora, in un panorama musicale dove i cantautori italiani facevano gruppo
a sé ed erano una sorta di casta intoccabile ed idolatrata. Rino, allergico al
divismo, nella sua purtroppo breve parabola artistica recisa da un crudele
destino ad appena trenta anni, ha incarnato la storia comune a molti. L'esordio
atipico, un paio di dischi quantomeno geniali, il successo e la crisi profonda,
umana più che artistica, anche se poi entrambe le connotazioni vanno di pari
passo. E il racconto di Gregori scivola via brioso e ritmato, con larghissimo
uso di dialoghi, poco gossip e molto poca fiction. Resoconti serratissimi,
telefonate volanti, battute al vetriolo, serate alcoliche nelle osterie oppure
chiusi in una stanza. Una vicenda umana, non artistica o scandalistica,
pienamente contestualizzata in quegli anni ma che parla di un'artista che è
stato riabilitato solo relativamente di recente, colpevole di un solo
"atroce" misfatto: essere troppo avanti con i tempi e le idee, tanto
da riuscire ad essere apprezzato solo a partire dal Duemila, venti anni dopo la
scomparsa. Anche io ho conosciuto Rino tardi. In una stanza di un amico, con chitarra,
birra e sigarette. Fu una folgorazione, per dire.
Un libro godibile come un romanzo, non specialistico,
ricco di sonorità e sentimenti viscerali, privo dei rituali incensamenti che
sprofondano pubblicazioni del genere nella retorica e che ci restituisce la
figura di un uomo, anzi di un ragazzo che stava per diventare uomo e non solo
di un brillante artista. "Quando il cielo era sempre più blu",
appunto, quando tutto era possibile, lontano ma raggiungibile e gli
inestricabili e soffocanti meccanismi della vita e del mondo musicale non erano
a stringere ed avvinghiare ed gli unici morsi che c'erano erano quelli che
provenivano dalla fame di avere, dire, pensare.
Enrico Gregori è uno scrittore e giornalista romano nato a Roma nel 1954.
Dedito alla cronaca nera, è attualmente capo servizio al "Il
Messaggero". Autore di diversi romanzi
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