Sono tempi strani e ci sono strani giorni come cantava un
ispirato Battiato tempo fa. Siamo agli albori di un secolo nuovo eppure siamo
già vecchi e tutto pare invecchiato. Sarà colpa di Internet, dell'euro, dello
zodiaco oppure è solo colpa nostra ed allora, chi è causa del suo mal pianga sé
stesso.
Ci sono diversi modi per descrivere l'algido disagio di questi tempi, il freddo
che fa ed il caldo odore di una vita normale e senza stress che rimane
un'utopia come per me una vacanza a Macondo, che non è in provincia delle
Maldive ma a Fantasilandia.
Diego ora ha paura che la decisione di dare confidenza alla
sua ospite sia stata una mossa avventata. Fatale l’incontro con questa
ragazzina sperduta, di nome Lotta, che ha la metà dei suoi anni, solo quindici,
ed una vita scorbutica e nervosa alle spalle. Ed allora al diavolo tutto,
compreso il suo alienante lavoro in una apatica agenzia pubblicitaria, dove
rende il massimo con il minimo sforzo, ma con una grande perdita di tempo,
causa il lavorare senza passione ma solo per indolenza. E al diavolo le sue
paure ataviche di farsi vedere in giro con una bimba scappata di casa, figlia
dei tempi di crisi che tutti stanno vivendo. E pur essendo consapevole di
scivolare verso un baratro con folle leggerezza, Diego dà in pasto ai mass
media la bomba rappresentata dalle confessioni della sua nuova poco innocente
coinquilina, meno che minorenne ma con un passato quantomeno movimentato. E non
si ferma. Fa in modo che Lotta si metta in comunicazione con la sua compianta
ex ragazza Marianna, giornalista rampante e rapace. Per farsi scoprire, per
cadere nel vuoto.
Sono dunque entrambi in fuga. Perché Lotta infatti è stata
travolta assieme ai genitori dalla crisi mondiale che ha spezzato le certezze
economiche ed i vincoli di sentimento e rispetto della famiglia fino a
incancrenire e distruggere i rapporti. Dal dissidio fra madre e padre la
ragazza è uscita ribelle ed anticonvenzionale. Tutto lo dimostra, dalle trovate
con la sua amica Francesca volte a reclamare attenzione sino all'amore per
Ivan, classico frutto marcio della periferia suburbana che da sempre regala
solo casi marginali, emarginati e disperati. Intanto ora lui è in carcere per
spaccio e lei ha solo deciso di mollare la casa che di casalingo e familiare
non ha nulla. Sullo sfondo una Milano più asfittica ed algida che mai, con
rapporti vacui, cinismo diffuso, cyborg dall'aspetto umano divorati dalla
fretta comune che non permette soste, profondità, spessore ma solo una rincorsa
tanto vana quanto letale verso dove, verso quando. Ma Diego sa che prima o poi
la sua scelta, la sua caduta troverà il fondo. I motivi, i perché non ci sono.
O forse sono talmente tanti ed evidenti che inutile dirseli, evidenziarli.
Amaro, suburbano, cinico e corrosivo, con uno stile livido,
fatto di corto circuiti emotivi-razionali, questo romanzo di Andrea Scarabelli,
milanese del 1983, non al suo esordio come narratore, ma al primo romanzo,
attivo in campo editoriale e letterario, si cala perfettamente nella attuale
realtà contemporanea e la varietà dei temi trattati, compresa la invereconda e
famelica voracità dei mass media, capaci di cerare un caso, ingurgitarlo e
farne il pasto preferito dall'audience. Una struttura che non risulta vischioso
ed ammorbante ma coinvolgente. La storia di un perdente che non vuole
assolutamente vincere o cercare riscatto, ma definire la sconfitta, farne
bandiera perché è la sconfitta di tutti e poi quindi perdersi e disperdere, con
folle e lucida consapevolezza. Tramite un espediente: l'energia scottante e
scattante di una quindicenne che vuole tutto perché finora davvero ha avuto
poco più di niente, ha solo perso quello che si era trovata, senza cercarlo o
volerlo, né perdere né averlo. Forse qualche passaggio a vuoto e qualche
inutile ridondanza, ma nel complesso un’opera che convince.
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