La famiglia Clutter è quasi plastica nel suo morigerato
incarnare il modello familiare agricolo di un nucleo che vive nel Middle west
statunitense, Holcomb precisamente, nelle sterminate pianure del Kansas che
sono una sorta di granaio per l'intera sterminata nazione. Herbert è il padre
padrone, self made man, lineare quanto e quando si può, fiero di sé stesso,
apparentemente senza mai un dubbio, una debolezza, una. Poi ci sono la moglie
Bonnie, classica madre di famiglia e due figli poco più che adolescenti, Nancy,
e poi il ragazzo, Kenyon. Due ragazzi come tanti, forse un po' di più, forse un
po' di meno. Finiranno male, purtroppo. Tutti. L'ennesima tragedia dettata
dalla follia umana. Siamo della stessa sostanza dei sogni poetava il buon
Shakespeare, ma a volte somigliamo più ad incubi paurosi. Perché questa
famiglia, con le sue rigidità, le sue aspirazioni, le sue abitudini, il suo
lavoro, sparirà in poche ore da incubo.
Piombano infatti nel ranch due balordi. Due poveracci se volete. Avanzi di
galera. Di quelli che rubacchiano senza mai fare il grande colpo e che entrano
ed escono dal penitenziario. Imbeccati da una storiella di quella che girano
fra cotali animali privi di remora, Perry Edward Smith e Richard Eugene
Hickock, detto Dick, fanno irruzione di notte, alla ricerca di una cassaforte e
di migliaia di dollari che in realtà non ci sono. Uno ad uno stermineranno i
componenti della famiglia,con una crudele violenza ed un sadismo degenere. La
mattina del 15 novembre 1959 quattro cadaveri svegliano il paesello basito. La
polizia brancola nel buio. Per poco.
Due così non possono restare impuniti ci mancherebbe. Povere storie alle
spalle, anime deserte nel profondo, una sequela impressionante di tracce
lasciate in ognidove. Una soffiata dal carcere dal quale provenivano i due,
parte una caccia all'uomo coronata dall'arresto e dal processo, che durerà
cinque anni e vedrà l'inevitabile condanna a morte.
Quando Truman Capote, scrittore statunitense, autore fra l'altro di
"Colazione da Tiffany" in quel novembre 1959 legge la notizia si
precipita ad Holcomb. Raccoglie testimonianze, segue le indagini e poi il
processo, intrattenendo corrispondenza con i due accusati e finendo quasi per
innamorarsi (così almeno si narra, essendo omosessuale) di Perry.
Il risultato di questo lavoro fu questo libro, generalmente considerato il
primo romanzo a metà tra cronaca e fiction oppure non classificato in quanto
può essere giornalismo come narrativa. Perché ai nudi, dettagliati fatti si
aggiungono elaborazioni tipicamente narrative, sia nello stile incisivo, secco
e senza fronzoli, sia nel dipanarsi dell'intreccio e soprattutto nel rivelare
quelle che erano le personalità autrici del nefando gesto, almeno secondo
Capote.
Libro che suscitò ammirazione ma anche scalpore, per non evitare crude analisi
di fatti quantomeno raccapriccianti e che invogliò molta critica letteraria a
dargli un senso univoco. Ed ecco le più svariate interpretazioni: vuole parlare
del lato oscuro della violenza, vuole asserire l'inutilità della pena di morte,
vuole supporre un certo determinismo esistenziale, vuole parlare del bene che
si può trovare nel male, una esibizione di vouyerismo sensazionalista e basta.
Tutto chiavi utili, nessuna risolutiva o necessaria. In realtà, probabilmente,
in quel momento Capote era alla ricerca di una scintilla che accendesse il
fuoco del suo estro. E la lettura del New York Times, in una qualunque
tranquilla mattina, fece in modo di fargli successivamente scrivere un libro
che pur con alcuni svolazzi di carattere mistico-moralistico, rappresenta
comunque un esempio nel suo genere.
Uscì nel 1967 un film, con la regia di Brooks e relativamente di recente, nel
2005, è uscito un altro omonimo film. Che però in realtà si concentra
decisamente più sulla discussa ed ambigua figura di Capote che sul fatto di
cronaca ed i suoi protagonisti. Originale, compatto, storico ed unico nel suo genere.
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