Cile, 1973. Per preservare il paese e salvare la popolazione
da un fantomatico quanto ipotetico colpo di stato di matrice comunista, i
militari occupano il potere con la forza e si insedia come leader-maximo e
indiscutibile il generale Pinochet. Le riforme agrarie, oltre ad altre, dal
punto di vista strategico-economico importanti, volute dal presidente
socialista Allende, democraticamente eletto, vengono di colpo spazzate via. Si
torna all'ordine, così dicono, ma vatti a fidare se invece semplicemente si
restaura ciò che era smantellato ed insomma, non andava. Il Presidente Allende,
negli scontri,muore. Per il Cile niente sarà come prima. O come dopo. Stavolta il contesto è più importante del testo, perché la storia d'amore è un mero espediente per raccontare una tragedia.
Perché infatti inizia quella che è una drastica, consumata ed efferata prassi di ogni
dittatura: l’eliminazione coattiva degli oppositori e presunti tali, un rituale
feroce che non prevede sconti o pietà, una macabra vendetta, se così si chiama.
Come d‘uopo poi a quelle latitudini, tale barbaro ripristino dell’ordine
precostituito si avvale del silenzio e della scomparsa improvvisa, danno vita
alla drammatica saga del desaperacido, ovvero uomini donne e bambini finiti nel
nulla, qui come altrove, Argentina per esempio (per farsi un'idea ottimo e crudele Le irregolari di Carlotto) .
E’ in questo cupo scenario che si dipana la trama del romanzo D’amore e ombra
uscito negli anni Ottanta e scritto da Isabel Allende, parente del presidente
già nominato e a suo modo costretta all'esilio in Europa nel 1975. Il pattern
narrativo principale è costituito dalle avventure e dalla relazione che si
instaura fra Francisco Leal e Irene Beltran. Lui figlio di emigranti spagnoli
causa la dittatura franchista, tenebroso, pratico, passionale ma senza il
piglio del conquistatore. Lei di estrazione privilegiata, voracemente curiosa,
promessa sposa di un ufficiale, dedita al giornalismo e dal vestiario hippie,
quasi a significare una inconciliabilità di fondo con la sua posizione sociale.
Attorno aleggiano e riecheggiano figure, tra il surreale e il parodistico, dal
padre di Francisco, tanto rivoluzionario nelle parole quanto confuso ed
inesorabilmente sconfitto nei gesti. Poi la madre di Irene, che culla sogni di
grandeur, che crede ciecamente nel regime e nelle sue rassicuranti protezioni,
cupida, avida, aspirante borghese ma di natura sostanzialmente tetra e bigotta.
Per mantenersi fisicamente in forma e permettersi qualche lusso, Beatriz ha
creato un ospizio al primo piano della villa. I suoi ospiti sono certo
malinconici nelle loro ossessioni e decrepite aspirazioni, ma esplodono in un
tocco di colore talvolta fiabesco e catartico, nel corso del racconto, figure
decisive. E poi la famiglia contadina dei Ranquileo, nelle sue forme e nei suoi
contenuti il vero emblema della famiglia sudamericana agricola, retta da
credenze, spirito famigliare, tenace ed ottuso fatalismo, un misto di magia e
spirito vitale. Ed infine un mondo militare chiuso e gretto, sapientemente
dipinto, apparentemente granitico ma che invece tende all’implosione ed allo
sgretolamento, vuoi per coscienza civile vuoi per mere debolezze passionali o
di carattere.
In questo variegato, composito mondo, molto vivo anche nelle sue dirompenti
ombre, Francisco e Irene, quasi per gioco, vengono spinti a dipanare l’oscura
matassa che ha portato alla scomparsa della quindicenne figlia dei Ranquileo,
figlia peraltro non dello stesso sangue in quanto frutto di un grottesco
scambio di nascituri in sala parto. La ragazza, preda di istanti da ecatombe
biblica, dove tutto trema e il mondo smette di vivere, malata sin dalla tenera
età senza alcuna cura, vuoi che sia colpa del diavolo, vuoi come si sussurra
solo per un’imponderabile libidine di ormonale fattezze, all’improvviso, dopo
aver malmenato un tenente che voleva arrestarla, sparisce. E ciascuna delle
famiglie in gioco ne pagherà le conseguenze.
E’ ambizioso, dunque, il tentativo della Allende. Il romanzo
infatti tenta (ma non riesce del tutto) di fondere il realismo magico, ovvero
quella cifra stilistica tipica della narrativa sudamericana, dove fiaba,
leggenda e realtà sono un unicum, con la cronaca della storia recente del
proprio paese, il tutto innervato nella snervante ed un poco telenovelica storia
d’amore fra Francisco e Irene. Una relazione che nelle descrizioni rigonfie di
pathos perde smalto e vigore e sfiora impensabili apparentamenti con la
peggiore letteratura rosa.
Questo forse il difetto principale, unito a un evidente squilibrio fra una lunga e tutto sommato godibile parte preparatoria ed un inspiegabile accelerazione finale, con il precipitare degli eventi. Verrebbe da dire, come mai Isabel? Vai a capire te. Le notazioni che dico significano che l'insieme non rende giustizia ad una delle prime regole che strutturano il romanzo perfetto: l’armonia e l’equilibrio far le parti ed il tutto. Quattro stelle però, nonostante i difetti. Parla, in certi momenti, di epoche e paesi diversi che hanno diversificato il corso della storia. Non pervenuto il film tratto dal romanzo, probabilmente a quanto leggo mieloso da far aumentare il diabete.
Questo forse il difetto principale, unito a un evidente squilibrio fra una lunga e tutto sommato godibile parte preparatoria ed un inspiegabile accelerazione finale, con il precipitare degli eventi. Verrebbe da dire, come mai Isabel? Vai a capire te. Le notazioni che dico significano che l'insieme non rende giustizia ad una delle prime regole che strutturano il romanzo perfetto: l’armonia e l’equilibrio far le parti ed il tutto. Quattro stelle però, nonostante i difetti. Parla, in certi momenti, di epoche e paesi diversi che hanno diversificato il corso della storia. Non pervenuto il film tratto dal romanzo, probabilmente a quanto leggo mieloso da far aumentare il diabete.
Nessun commento:
Posta un commento