Paura. Terrore. Orrore. Errore. La guerra uccide, non
ammette repliche, divide, non unisce. La guerra è bestiale. Anche se alla fine
la combattono solo gli uomini, per ragioni a volte squisitamente politiche e
non di sopravvivenza.
Rea sta festeggiando il suo compleanno. E' giovane,
piacente, brucia di vita. É leggermente alterata, perché il suo ragazzo, un
brillante giovane giornalista, non ha voluto fare l'amore. Chissà come, chissà
perché. La sua fida amica Nita, più grande di lei e già professoressa
all'università, libera, indipendente, fa del tutto perché quel giorno assomigli
ad una festa. Perché purtroppo tutto rema contro. Fuori ci sono esplosioni. Ma
non sono fuochi d'artificio per Nita. Anzi. È il 24 marzo 1999. Siamo a
Pristina, capoluogo del Kosovo, provincia serba a maggioranza albanese. I
kosovari vorrebbero staccarsi dalla Serbia, come già prima han fatto, versando
sangue, Croazia e Bosnia.
Siamo in guerra. Proprio quel giorno infatti
aerei della Nato hanno cominciato a bombardare la zona per indurre Miloševic,
presidente ultranazionalista della Serbia, a fermare la pulizia etnica e
abbandonare la regione e lasciarla libera di autodeterminarsi.