12 ottobre 2018

Patria (Fernando Aramburu)

Txato non c’è più. Morto assassinato. Non voleva più pagare quelle che riteneva estorsioni ed allora i militanti dell’Eta lo hanno punito.  Bastardi terroristi li appella Bittori, sua moglie, a cui da quel giorno si è spento il mattino, desolato il pomeriggio, atterrita la notte. Ma è andata avanti. Anche grazie all’odio. Verso la famiglia della sua amica più cara, Miren, che tra i suoi tre figli ha anche
Joxe Mari, oramai in carcere e incriminato dell’omicidio. Le guerre non sono mai razionali, specie quelle fratricide e si sa si vincono o perdono. Ma poi come la mettiamo se sono due famiglie legate sin dalla nascita a darsi battaglia?
Romanzo d’altri tempi. Granitico, poderoso, lineare anche nel suo continuo districarsi fra piani temporali diversi, con magistrali cambi di punto di vista, che arricchiscono e non indeboliscono il dipanarsi di una trama avvincente per i contenuti più che per le azioni. Una storia semplice e terribile. Le due donne protagoniste sono di quelle che lasciano il segno. Testarde, scontrose eppure così piene d’amore per merito e figli, dure, incallite dai giorni e dai fatti della vita eppure così fragili, solari, a volte commoventi. Non da meno i comprimari, a partire dai due mariti, l’assassinato, fiero e indomito quanto cocciuto e testardo e il suo alterego, Joxian, che in cambio delle sue uscite al bar e le gite in biciletta sopporta le sfuriate della sanguigna moglie Miren con inettitudine e rassegnazione. E poi i figli. Quelli colpiti dal lutto sono l’enigmatico, apprensivo e  solitario medico Xavier e sua sorella, la desperate housewife Nerea. Dall’altra, oltre a Joxe Mari, rapito in gioventù dal sogno velleitario della rivoluzione e maturato a forza in prigionia, la sorella Aranxta, oramai in sedia a rotelle dopo un’ischemia improvvisa  e nefasta, ma ancora viva  e piena di vita e di amore e Gorka, il fratello più piccolo, cresciuto in disparte, poeta e scrittore nonché gay conclamato ma a suo modo risolto e felice.
Un umanità varia, con tutte le sue solitudini, aspirazioni a volte forti a volte confuse, a volte così semplici da fare invidia. Una storia come tante con sullo sfondo la lotta politica in cui Aramburu non prende mai decisamente parte, anche se è evidente che ne detesta ragioni e soprattutto conseguenze. E con la netta sensazione che in certi conflitti alla fine non vince nessuno e perdono un po’ tutti, chi più e chi meno.

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