21 ottobre 2018

Le assaggiatrici ( Rossella Postorino)

Finché c'è donna c'è speranza. O comunque ci si cautela dai nemici. Ecco le assaggiatrici. Detto così pare quasi un romanzo erotico, ma non lo è. Lui è il Fuhrer, leader maximo del nazismo allora dilagante e delirante in Europa. E loro sono preziose. Testano infatti cibo per Hitler. Basi interessanti ma sviluppi a volte non convincenti. La volitività e capacità femminile, la violenza maschile, le invidie fra donne. Nessuna prospettiva se non affidarsi al destino e rispettare i propri doveri. Ma esposto  in modo molto cool, già sentito, come se non si volesse osare fin lì dove volano le aquile (che poi in ambientazione nazista, suona pure male).
C’è questa Rosa che è piena di spine, emigrata da Berlino in campagna dai suoceri e quindi all’improvviso scelta per provare i cibi che il capo indiscusso del nazismo dovrà ingurgitare. Sono tutte donne. Differenti ed uguali. Si aiutano, si contestano, si invidiano. Loro non lo vedono il Capo, ma lo proteggono, sono in dieci uguali una all’altra nel compito, ma diverse come storia, passato, presente e futuro. L a protagonista ha un marito disperso in Russia, una avversione congenita ai metodi delle SS , una voglia di amore anche fisico pazzesca anche se quel mondo  di amore ne regala poco, fra bombe, attentanti e la invadente sensazione che il Capo dei capi sarà sconfitto.
Tensione, dolore, raccapriccio e anche capriccio, confusione, disperdersi e ritrovarsi. Una narrazione molto triste, dove tutti perdono eppure hanno voglia di vivere, chi di qua, chi di là, non conta, è questa tensione a vivere che ci anima e ricompensa anche quando il mondo fuori pare impazzire.

Bello a tratti con passaggi di notevole fattura, ma romanzo che non si tiene, a volte decade, a volte risorge, insomma discontinuo. Parlo di stile, ritmo e trama. La Postorino denota grandi capacità di scrittura ma assai meno talento nel confezionare una storia che sia convincente, nonostante l'intuizione di fondo. Inconciliabili  o impossibili i due o tre passaggi onirici sui sogni, impaludati alcuni snodi della trama. Da rivedere, perché sicuramente vale dieci volte Silvia Avallone, ma cade nello stesso errore della Mazzucco, troppo tanto per così troppo poco. Bello per voglia e scrittura. Però rimane una Solitudine dei numeri primi, nel senso bella l’idea, ma poi ci si perde. Succede. Quando scrissi questo post non  avevo visto la scrittrice dal vivo ad una presentazione (brillante eloquio, ma un po' autoreferenziale e permalosa nel vis-a-vis, ma ci sta, eravamo tanti e molti erano meri presenzialisti per l'autografo) e non potevo prevedere di essere veggente nel sentenziare che avrebbe fatto strada, da quella vittoria al Campiello. Ne ha fatta: quest'anno (2024) è stata seconda allo Strega. Per quello che valgono i premi per me, sono comunque medaglie che si appuntano a vita.

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