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11 gennaio 2016

Barnabo delle montagne (Dino Buzzati)

La vita. La sfida. La riservatezza e l'ambizione. La sete, la fame, la paura. Sembrano parole facili, scontate. Ma non è così. Sono concetti impervi, come la parete di una roccia scoscesa ardua da scalare. Una favola molto tipicizzata e manierata, ma che rivela già le doti di un Buzzati ancora acerbo ma già alla ricerca di stile e stilemi per dare vita alla sua narrativa. Meno epico e esistenzialista del successivo Il deserto dei Tartari, distante anni luce dalle tematiche dei suoi ultimi romanzi quali Il grande ritratto oppure il più famoso e "scandaloso" Un amore.

26 agosto 2015

Paura alla scala (Dino Buzzati)


Provate a pensare il mestiere di scrivere come un lavoro artigianale. Di quelli di una volta, che ora come ora soccombono e cedono il passo alla più redditizia industria, alla produzione seriale, che cullata beatamente dai meccanici e inarrestabili congegni del mercato globale, divora (ha divorato) il fai-da-te retto da estro e tradizione. Provate che ne so ad immaginare il lavoro di uno scrittore come quello di qualche umile falegname che però per Dna conosce i trucchi del mestiere e saprà regalarvi splendidi mobili in legno senza apparente fatica, ma pregni di grande maestria. Magari solo per un colpo di sega, od un equilibrio miracoloso fra le singole parti, anche se la struttura è arte "povera". Ecco "Paura alla scala", raccolta di racconti di Dino Buzzati, è un museo di creazioni poste in opera da un artigiano sapiente, che ha ottimizzato strumenti e materiali della sua officina fantasiosa. 


26 febbraio 2015

Il deserto dei Tartari (Dino Buzzati)

"Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì...per raggiungere la fortezza Bastiani, sua prima destinazione..."

Così cominciano le esistenze nel mondo degli adulti. si vince un concorso, si apre un esercizio commerciale, si supera brillantemente un colloquio presso l'azienda che sognavi.

Si è assegnati ad un posto e tu ti cimenti con il tuo presente sapendo che l'obiettivo è il futuro.

E allora una nutrita e selvaggia schiera di aspettative si slancia all'assalto di questo futuro, tu sei lì, il loro comandante e a briglia sciolta slanci il cavallo del tempo che passa per conquistare quello che brami, le terre straniere della tua consacrazione al mondo, corri per valicare confini che però invece di avvicinarsi non fanno altro che allontanarsi, ti solleticano con l'idea di essere a portata di mano ma manca sempre un millimetro, diavolo, per raggiungerli...

22 agosto 2014

Il grande ritratto (Dino Buzzati)

Il sogno di una fanta-donna. Da plasmare, ricostruire, rendere docile ad ogni proprio comando.
Sì.
Proprio così.
Ci deve essere una donna, rinchiusa in quella macchina.  Lassù in cima a quella montagna.
Il buon Ermanno Olmi, onesto e figura molto common people, matematico apprezzato, lo intuisce, sua moglie lo teme e la prorompente assistente Olga lo sa già senza saperlo. Lo si avverte nelle corde, lo si sente nelle vene, lo si scruta dall'alto di svariati, imperiosi, affastellati e perniciosi pensieri.
C'è una donna. C'è la femminilità. O qualcosa che vi assomiglia, un odore che lo ricorda. C' è qualcosa dentro la macchina Numero 1, in quella zona militare 36, in questo progetto scientifico guidato dal noto e inquietante professor Endriade.

05 giugno 2014

Un amore (Dino Buzzati)

E' un anonimo grigio mattino del 1960, il 9 febbraio. Lo stimato e riservato architetto Antonio Dorigo come sua usuale prassi chiama la sua casa di appuntamenti preferita. Una abitudine consolidata, senza alcuna remora morale. La casa è perfetta. Discrezione, clima cordiale, ottime proposte di appagamento sessuale. Si trovano facilmente accordo, orario, modalità, soddisfazione celere della richiesta. E l'eccitazione monta. Ma Dorigo, come molti esseri umani, non sa che il destino si fa spesso beffe delle nostre certezze, anche quando tutto splendidamente appare “sicuro e propizio per un borghese nel pieno della vita, intelligente, corrotto, ricco e fortunato”.
Ora Laide è lì, sul divano. Il nuovo acquisto che la casa può tranquillamente offrire a chi ne ha voglia. Non pare un colpo di fulmine, anzi. La bocca dalle labbra non sensuali ma maliziose, la mancanza di rossetto, no, sembra solo che ci sia da soddisfare nel migliore modo possibile una voglia, altro che amore, ci mancherebbe. Peraltro si tratta di una minorenne, compiacente completamente, non solo disponibile ma assolutamente in sua balìa. Però. C’è sempre un però.
Forse gli ricorda qualcuno, forse no. Un incontro di qualche mese fa, fugace, per le strade di questa città non nominata ma che assomiglia moltissimo a Milano. Un incontro senza costrutto, ma che ha lasciato tracce indelebili, a quanto pare, anche se allora non si fosse proferita nemmeno parola. Dorigo però non ha tempo da perdere. Che sesso sia.
Ma non finisce con l’amplesso consumato. Stavolta no. Laide ha in sé la splendida imperfezione della sua giovane età e non pare soffrire eccessivi pesi della sua condizione di prostituta né peli sulla lingua. È mansueta nei limiti che la sua professione le impone, ma sa domandare, rispondere oppure no. Dorigo, forte della sua posizione, inizierà come una sorta di gioco, ma lui è ancora un bimbo nel relazionarsi, ancora puerile ed indifeso, non può accorgersi che il dramma bussa alla porta del suo cuore e del suo cervello. Convinto com’è di saper dominare istinti e passioni, condurre le danze, la indistruttibile e inafferrabile Laide saprà fargli ripensare il proprio mondo, o forse no. Da controllore a controllato. Niente sarà come prima, neanche il sesso. Ora il gioco si farà duro. Aprire una relazione, chiuderla, continuarla a pagamento o renderla affettivamente “normale” e stabile? Laide non pare così remissiva, anzi. Ha tutta la vita davanti, la coscienza del proprio corpo e la voglia di non lasciarsi soffocare l'esistenza in una schiavitù.

Romanzo per così dire se vogliamo scandaloso, considerata la sua pubblicazione nel 1963, molto ben prima della cosiddetta rivoluzione sessuale, Un amore è un'opera che si stacca nettamente dalla abituale produzione di Dino Buzzati, autore forse un poco relegato ai margini dalla onnipresente corrente realista italiota, ma capace di offrire per decenni una desueta - per la nostra tradizione - narrativa fantastica, specie con le centinaia di racconti sparsi nelle diverse raccolte pubblicate e il suo indimenticabile capolavoro romanzesco "Il Deserto dei Tartari". È un romanzo che può suscitare anche un certo disgusto nel giudicare le persone coinvolte e far provare certa amara repulsione per il desiderio di possesso che permea le pagine e a volte sembra quasi non far respirare. Ha un suo perverso fascino nello scandagliare miti e pulsione della borghesia ben agiata, magari credente, che si lascia travolgere dalla libido e dalla gelosia. Buzzati, bellunese (1906-1972) ma trapinatato a Milano per lavoro, celibe fino ai sessant'anni, giornalista del Corriere della sera oltre che scrittore, tornerà poco e malvolentieri su questa sua quinta ed ultima prova romanzesca, non specificando mai se questa sua brusca sterzata stilistica e contenutistica fosse dettata anche da esigenze autobiografiche, da pensieri inconfessabili, da realtà vissute o solo sognate.. Rimane certo il fatto che in quegli anni in Italia questo tipo di narrativa non era certo una novità. Era del 1959 per esempio la traduzione di Lolita di Nabokov, dai temi quantomeno scabrosi moralmente parlando e nel 1960 per esempio uscì La noia di Moravia che pur non essendo una storia del tutto simile, ne precede alcuni elementi, specie quelli dell'uomo padrone che alla fine padrone non è, forse neanche di se stesso. 
Un grigiume solido e sordido che mai si sbianca o diventa un colore più tenero o più sgargiante. Un amore? no, un errore. Errare è umano, perseverare come Dorigo diventa diabolicamente autolesionista,

19 marzo 2014

Il meglio dei racconti (Dino Buzzati)

Spazio alla fantasia. Oltre le miserie quotidiane. Una minuziosa mappatura dei possibili terreni dell'altrove. Parlare di Dino Buzzati (1906-1972) oggi è per me come ricordare un pezzo di vita. Incontrato sulla variopinta e variegata strada delle mie letture più di venti anni fa per via del suo accostamento al grande scrittore praghese Franz Kafka, che amavo. E poi studiato con passione puntigliosa come "oggetto" della tesi di laurea in critica letteraria. Non perché il veneto sia dunque il mio autore preferito, conoscendone forse più i difetti che i pregi, ma perché forse ingiustamente relegato in un cantuccio nel panorama narrativo italiano forse solo per motivi politici ed ideologici, visto che era conservatore e scriveva un genere estraneo all'imperante e talvolta ossessivo neo-realismo italiano oppure alle varie correnti dei manzoniani. Un fantastico "old style" che regala sempre qualche brivido, che ti percorre e scorre, scuote le tue paure, fossero anche quelle più semplici, naturali, puerili, genetiche.