Spazio alla fantasia. Oltre le miserie quotidiane. Una minuziosa mappatura dei possibili terreni dell'altrove.
Parlare di Dino Buzzati (1906-1972) oggi è per me come ricordare un pezzo di vita. Incontrato sulla variopinta e variegata strada delle mie letture più di venti anni fa per via del suo accostamento al grande scrittore praghese Franz Kafka, che amavo. E poi studiato con passione puntigliosa come "oggetto" della tesi di laurea in critica letteraria. Non perché il veneto sia dunque il mio autore preferito, conoscendone forse più i difetti che i pregi, ma perché forse ingiustamente relegato in un cantuccio nel panorama narrativo italiano forse solo per motivi politici ed ideologici, visto che era conservatore e scriveva un genere estraneo all'imperante e talvolta ossessivo neo-realismo italiano oppure alle varie correnti dei manzoniani.
Un fantastico "old style" che regala sempre qualche brivido, che ti percorre e scorre, scuote le tue paure, fossero anche quelle più semplici, naturali, puerili, genetiche.