É il 2 aprile 1976. Dopo un
pomeriggio di tensione, un gruppo di autonomi piomba sul palco del Palalido di
Milano, tutto esaurito per l’occasione, dove si sta esibendo Francesco De
Gregori, noto cantautore romano, reduce dallo stratosferico successo del suo
album “Rimmel”. Un vivace scambio di battute, forse qualche spintone, certo
qualche insulto. Si tratta comunque della sceneggiatura di un processo che le
frange estremiste ex parlamentari della sinistra antagonista fanno ad uno dei
più celebrati cantautori di successo, sulla base del concetto che la musica è
di tutti ed un “compagno” come lui non può esibirsi con un biglietto che costa
ben 1500 lire di allora.
Due mesi prima un artista del
calibro di Lou Reed, non certo uno tutto pop e lustrini, a suon di bottigliate
era stato costretto a interrompere lo spettacolo, nel medesimo posto. Ed un
anno dopo, sempre nel capoluogo meneghino Santana verrà messo in fuga nel mezzo
della sua acclamata esibizione live. Se la musica aveva strappato spazio a
poesia e romanzo ed era diventata lo strumento di contestazione, ora ne diviene
il bersaglio.