11 novembre 2015

Il gruppo (Joseph O'connor)

  Sean ha deciso, entrerà a far parte del gruppo musicale di sua sorella. Gli altri tre membri accettano con gioia la novità, visto che la ricerca si stava protraendo troppo a lungo. E ormai dopo settimane di suonate avventurose, alla meno peggio, dove capitava, per parchi e vicoli di strada, è ora di fare sul serio. Solo che Robbie intuisce subito il fascino carismatico del nuovo arrivato e già sente morsi di gelosia. 
Più forte di lui. L’agognata Trez, anche se è solo sua sorella, sembra avere un feeling particolare con quel fratello grande, bello e disincantato. E poi bisognerà vedere come questa personalità forte possa andare d’accordo con l’egocentrismo eccentrico di Fran, almeno creativamente il leader del gruppo, anche e non solo per i suoi gusti elitari ed il suo look stravagante e bisessuale. Da tempo incuriosisce non solo il college, ma l’intera Luton. In effetti il suo arrivo come figlio adottivo dal Vietnam in Irlanda e poi in questa cittadina grigia ma viva ha segnato un’infanzia certamente tormentata.




Luton, anni Ottanta, Inghilterra. Vale a dire la provincia più provinciale d’oltremanica, ma nella culla di tutti i movimenti possibili, indietro o in avanti, almeno musicalmente parlando. L’amarcord di O’connor, fratello della nota cantante Sinead, ci guida in gioventù non bruciate ma sicuramente perdute, fortemente animate da passione e che si cibano di alchimie a sette note. Un romanzo ben strutturato, con una composizione originale (flashback, interviste di fantasia, monologhi) dove per l’ennesima volta il vero protagonista è il mondo dello star system e i protagonisti presunti della narrazione solo meri comprimari. Abbastanza agile anche se con qualche divagazione che appare non solo fuorviante ma superflua, la storia non solo è credibile ma illuminante. Dietro un certo ribellismo manierato si celano due verità forse ormai consolidate: gli anni ottanta furono solo la gigantesca risposta conformista alle ebollizioni del decennio precedente e l’individualismo animava i più, animato da un rampantismo tanto avido quanto per certi versi vacuo esistenzialmente parlando.

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