"Sento
che da lontano vengono
altri.
Ma il lontano dov’è, dove il vicino?
E dove nel mezzo,
stazioni?”
Suggerimento. Suggestionato. Soggiogato.
Perché la storia di un casuale incontro tra uno studente di letteratura
italiana e la poesia di Endre Ady, sconosciuto ungherese, nel 1991, può,
tranquillamente, anche riassumersi in mere tre parole. Anche perché stavolta la
recensione per vari e svariati motivi e imposizioni non è possibile nei suoi
canonici, consueti ed archetipici stilemi. Tutto ciò nasce dalla lettura
(obbligatoria) per un esame di "Letterature comparate", su un testo,
Armando Gnisci, "Il colore di Gaia". Azzurro",Carucci editore,
1989. Testo di per sé utopico, una ricerca di concordanze e discordanze fra le
letterature del mondo, alla ricerca forse di una pietra filosofale. O di
qualche magia cattedratica al sapor di re Mida.
Qui è solo una serie di sensazioni e qualche notizia. Perché certo che non si
tratti né del primo né dell’ultimo caso di denuncia di brillante operazione per
rimozione e cancellazione, per motivazioni ardue da poter sostenere oppure
anche lontanamente spiegare. Per le notizie rimando alle forzatamente scarne
note.
Poi.