10 novembre 2014

Cavalli selvaggi (Cormc McCarthy)


Eccoli, sono laggiù, all'orizzonte, si possono scorgere nitidamente mentre tramonta questo sole rosso sangue che pare volerli inghiottire. Sì, esatto sono loro, quei due pazzi di ragazzi. John Grady Cole e quel suo amico Rawlins. Chissà dove pensano di andare, dove pensano di arrivare. 
Se fuggono da qualcosa o inseguono qualcuno, un posto, un cielo dove azzurrare, un'orma da seguire. Calcano anche antichi leggendari sentieri degli indiani e vogliono passare la frontiera con il Messico. 


A sedici e diciassette anni, dico io. Ma aspettate, ecco, poco più lontano da loro quel bamboccio di Blevins. O perlomeno dice di chiamarsi così questo sciocco ragazzino. Chissà perché si intestardisce a seguirli, quell'imberbe marmoccio, visto che Rawlins gliel'ha promesse, se non a gesti, ma a parole. Grady pare più accondiscendente, ma questo John d'altronde è un mistero, sapete, i suoi si son separati, il padre reduce di guerra, in questo 1949 anno domine senza pietà né paura, se ne è dovuto andare. E la madre proprio non ne ha voluto saperne di restare al ranch o di lasciarglielo a lui, John Grady, anni sedici all'anagrafe ma già almeno duecento dentro al cuore, da quelle parti si invecchia presto. 
Dove pensano di andare quei due più quel Blevins come a rimorchio? Cosa pensano di fare? 
Non siamo più nel semplice e vecchio onorevole far west, non è possibile solo volere e basta. E nel deserto e tra i pascoli la vita è come una jungla pericolosa e tentacolare. 
O meglio. Forse il far west non è mai finito, ma la vita comunque riserva sorprese più o meno amare, più o meno indigeste a tutti, anche se siete ancora bimbi come Blevins, che però cavalca uno stallone di razza da far invidia a chiunque e chissà come diavolo lo ha avuto ed ha anche una magnifica pistola. Insomma quei due, che chissà cosa cercano, chissà cosa fuggono, forse niente, cavalcano, la vita gli pare il confine da superare sempre e comunque, costi quel che costi. 
Loro non sanno che certi tempi non tornano e che per ogni cosa c'è un tempo giusto. Non sanno nulla ed appunto, stanno cavalcando per cercare di sapere. 


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Uscito nel 1992, "Cavalli selvaggi" è una storia di sete e di fame, di sangue e di amore, con protagonisti adolescenti che giocano agli uomini e truculenti adulti, primo romanzo della cosidetta trilogia della frontiera scritta da Cormack mc Carthy (nato nel Rhode Island nel 1933 ed attualmente residente appartato con la famiglia nel Messico), autore notissimo in patria e balzato agli onori delle cronache in tutto il mondo di recente grazie alla vittoria dell'Oscar da parte dei fratelli Coen con il film "Non è un paese per vecchi", tratto dal suo omonimo romanzo.. 
"Cavalli selvaggi" è, ad essere restrittivi, un tipico esempio del cosidetto romanzo di formazione, genere che fece fortuna già all'inizo dell'ottocento ed a seconda delle mode ha funzione educativa ovvero di rottura incentrando la materia narrata sulla crescita di un ragazzo o meglio sull'affacciarsi al mondo dei grandi da parte di personaggi più o meno adolescenti. Tanti esempi anche nella narrativa stelle a strisce, di romanzi di questo genere, alcuni che hanno segnato profondamente generazioni di scrittori e lettori, grazie al linguaggio adottato ed alle folli gesta dei protagonisti, uno su tutti, impossibile non citarlo, il giovane Holden di Salinger. 
Qui tuttavia il tutto sarebbe riduttivo, anche perchè come formazione appare molto ostica e dura e lo scenario non sono bambagie borghesi o improbabili avventure al sapor di fantastico, ma quel vasto lembo di terra che va dal Texas al nord Messico, tra deserti, pascoli, montagne e fiumi, territorio che fece la fortuna della cosiddetta epopea del west, ripresa da McCarthy in epoca contemporanea, innervata del suo stile agile e nervoso, asciutto, quasi tutto azione e dialoghi più che narrazione e descrizione, tanto che spesso e volentieri (e qui sta il merito del narratore) ci si sente in mezzo a discorsi e si fa parte della scena narrata, magari solo ad ascoltare che a volte è bello così, magari davanti ad un fuoco, con un piatto di fagioli riscaldati e qualche urlo di coyote in lontananza. 
Non è comunque il McCarthy apocalittico e devastante de La strada, ma compaiono con forza anche qui alcuni dei contenuti che già in Non è un paese per vecchi (stesso territorio ma periodo storico attualizzato completamente) emergevano con forza ed un certo virile, sanguigno lirismo: il patriottismo ad esempio, il culto delle origini, gli Stati Uniti che non ci sono più o che forse non ci sono mai stati, quei mitici valori dell'avventura e della conquista, della lotta contro i vicini e contro la natura che evidentemente affascinano Mc Carthy e non ammorbano il lettore. Di più qui abbiamo la spensierata ma non gaia sconsideratezza che anima e spinge al galoppo i due baldi giovani protagonisti e la loro malvoluta ruota di scorta Blevins. Saranno veloci, intense e terribili avventure, colpi di scena, illusioni, delusioni e quanto basta per. 
E badate bene, non siamo in pieno Ottocento. Siamo nel 1949. Compaiono come perfidi spettri i primi pick up ed i pozzi petroliferi, altro che allevamenti di bestiame. Una nuova età ormai non bussa prepotentemente alle porte ma è entrata con forza negli Usa e non ne uscirà più. Addio, cavalli selvaggi sembra dire McCarthy con lacrime di commozione a sgorgare silenziose. 
Magari con qualche passo falso e qualche gratuita crudezza di troppo, con la trama neanche troppo originale, ma scritto splendidamente. Frasi come scudisciate, odori e sospiri, sguardi, tutto che ti inchioda a questa realtà talvolta primordiale ma di inesorabile fascino. Grazie a chi lo ha splendidamente tradotto in italiano. 

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Ed eccoli allora sì, son loro due all'orizzonte, con alle calcagna sfiancato quel Blevins che pare non raccomandare nulla di buono. Sì.ormai sono quasi a varcare il confine con il Messico, alla ricerca di un lavoro da cow boy o se preferite da mandriani, giovani e inesperti e questo è un mondo di lupi che preda facilmente giovani selvaggine. Questo è un mondo che non fa per i perdenti, i timidi, i paurosi, qui ci vuole forza e coraggio e sangue caldo nelle vene e tanta voglia di vivere che mette paura alla morte, ad ogni tipo di morte che di lontano ti spia. 
Chissà se ce la faranno. Chissà se troveranno oppure no. Al galoppo, ragazzi .

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