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Cosa resterà di quei quasi anni ottanta? Una sorta di memoria collettiva, un io
narrante che parla a nome di "noi" sforna sei racconti, di cui cinque
quasi diversi punti di vista su un unico microcosmo, quasi schegge peraltro
impazzite di uno specchio sulla realtà centro italica, una sorta di vangelo
secondo Pier Vittorio Tondelli, vangelo forse blasfemo ma ricco di pagine di vita
vissuta, una testimonianza letteraria anche con spunti di notevole fattura di
quel lembo rigoglioso e rigogliante che ci ha regalato negli anni altre voci,
basti pensare a Vasco Rossi, e prima Guccini, e dopo Ligabue, come Stefano
Benni, volendo anche Carlo Lucarelli, se vogliamo il primo e non ancora catatonico Brizzi,
insomma una pianura poco piatta e piena di saliscendi, una folla di sussurri e
grida che annusa profumi e spande nell'aria odori perché vuole vivere, vuole
raccontare al mondo come vivere senza vergognarsi, senza peli sulla lingua,
senza cercare per forza il già detto o solleticare e dare piacere al già
ascoltato. Sei racconti che fanno male, fanno emozionare, fanno delirio e
vergogna, fanno estasi e tormento, fanno, senza ombra di dubbio e remissione,
"o ci sono esticazzi chi non vuole"
Non serve scrivere capolavori, talvolta, basta avere il dono della scrittura,
qui è una visione del mondo da proporre, il risultato è comunque una perla da
conservare. Una scrittura che ricalca il parlato e che si rivela come un
poetizzare per iscritto il ritmo di una canzone rock.
"Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade d'Emilia a
spolmonare quello che ho dentro". Sei notti che sono giorno e luce, sei
notti che durano un attimo o magari durano anni, per andare alla ricerca e dar
testimonianza dell'essere giovani lì, in quella situazione, in quel posto.
E allora divampa amore.
Amore per se stessi, amore per l'altro, amore per gli altri, anche vivendo al
margine, anche essendo sempre al limite fra l'inferno e il purgatorio. Non ci
arrende, per niente, per nulla. Neanche quando si è schiavi del buco in vena o
si cerca di non reprimere la propria omosessualità. Anche se é una guerra, e
bisogna costringersi alla marchetta, all'umiliazione.
Atti di eroismo non eroico, a volte parossistico e quasi folle, poco lucido,
senza che nulli assomigli al razionale, disperazione allo stato puro, uno stato
solido ed ingombrante, ma i personaggi tondelliani di questi racconti non sono
nichilisti, non tendono come struggenti stelle cadenti alla mera caduta verso
il nulla. Questi uomini, queste donne, questi fantasmi della notte fatti di
carne ed ossa, cercano di vivere senza rifiutare il loro essere che per quanto
condannato a non esistere eppure fa del tutto per rivendicare il diritto alla
vita, nella sua magnifica ed imprendibile, consistente, inafferrabile
consistenza, succo e polpa di ogni respiro che rubiamo all'aria circostante.
Voglia di vita, voglia di conoscere, ma anche di non invecchiare, i want to be
forever young:
"Insomma alla stazione ci salutiamo ed è come salutassimo noi stessi
partire e sparire dal treno della prima giovinezza". Nessun vitalismo di
sapore felliniano, nessun amarcord, solo il cuore che batte.
Gioventù borderline, sospesa tra palco e realtà, dove il palco è uno squallido
punto ristoro di una nebbiosa stazione padana, oppure una Bologna universitaria
allucinata, scossa oppure stuprata dai fremiti al sapor di singulto di
quell'urlo strozzato e senza futuro del movimento tout court detto del
"settantasette", oppure le piazze di Reggio Emilia, oppure la fuga a
qualunque costo da una claustrofobica Correggio, o, infine, la stairway to
heaven via Emilia che, se imboccata bene e con la giusta birra in corpo
assomiglia ad una Highway 61 revisited molto poco dylaniana e più che altro
made in Springsteen ante litteram.
Questi giovani con il fegato prossimo allo spappolamento, senza soldi, senza
futuro cercano il loro destino e non si arrendono, si abbassano fino a toccare
terra, sprofondano nel fango senza annegare, in mezzo a mille umiliazioni, a
mille toccate e fuga a mille, abbandoni di cose che non si trovano più, sotto
l'effetto di quattro fernet e un rosso di osteria, sotto il caterpillar di un
trip di eroina. E malgrado ciò riescono ad esclamare, alla fin fine:
"Sulla mia terra semplicemente ciò che sono mi aiuterà a vivere"
Ma cosa è la vita? Un viaggio senza mai arrivo verso una speranza. "
Partiremo e saremo unici" ci dice con un sorriso amaro sulle labbra ed una
sigaretta pendula ciascun personaggio che appare e scompare, trascinandosi,
fermandosi o correndo fra le righe, l'importante si sa è non farsi arrestare.
La vita, amici, è amore. Di se stessi, verso gli altri, verso tutto . Amare non
è un'azione è una causa.
E allora cosa è l'amore? Dare ricevere togliere donare. Abbandono, ricerca,
ritrovo, bene e male, male e bene, follia e ragione, rabbia e dolcezza. Sesso.
Tenerezza. Parole.
Scoppiettante simbolismo pass-par-tout, qui abbiamo amore, costantemente
omosessuale, forte, combattuto, osteggiato, messo in quarantena come i virus
non disintegrabili in Norton Antivirus edizione 2005, ma amore, con la A maiuscola.
La voce di Tondelli, esponente di spicco di quel glad to be gay assai vivo
oltreconfine, qui è paradigma di quella che dovrebbe essere un'ovvia banalità.
L'amore non ha steccati, né confini.
Per chiudere due parole su Tondelli: un ottimo sito per chi ne volesse sapere di più su questo animatore fuori dal coro ma senza
estremismi di sorta se non il vigore della sua parola, l'entusiasmo del suo
interiore che si esteriorizza, con la sua cultura né stanca né stantia ma
pienamente compressa e fluida nello scorrere degli anni in cui viveva.
Ebbene Tondelli forse è stato l'ultimo grande letterato italiano, morto
precocemente e senza spiegazione, forse, se la morte può avere spiegazione, se
tutto questo ha un senso e forse un senso non ce l'ha.
Qui mi basta ricordare che fino all'ultimo respiro Pier Vittorio non si lasciò
succhiare dall'ego tipico del creatore, dal suo voler raccontare. Le tre
antologie di scrittori under 25, assolutamente da leggere, da lui curate e
cresciute come fossero quasi vive, oramai disperse nei meandri della produzione
letteraria, sono frutto dalla sua ostinata passione, del suo credere che il
messaggio letterario potesse non cambiare il mondo, ma costruirne nuovi o
ripuntellare le poco salde fondamenta di quello esistente. Tondelli ha dato
voce ad alcuni dei pochi e sparuti protagonisti della narrativa giovanile
successiva. Ha dato con forza e vigore fiato alle voci, come un maestro di una
splendida orchestra, senza fare caso se parlassero la sua stessa lingua, se
fossero del suo stesso sesso. Era voce, e bastava, in un mondo assonnato e
drogato dal silenzio.
Per farvi esempio, a chi ne sa qualcosa, vi dico: Culicchia, Ballestra,
Canobbio, and so on, and on. Tondelli non capiva di letteratura: Tondelli era letteratura. Punto a capo. Per
che mi riguarda, nel bene o nel male, i say: God bless you.
*****
*Pubblicata su ciao.it il 7 Gennaio 2006, su Lankelot.eu successivamente in forma più corposa. I siti, come certe memorie, sono oramai oscurati ed affogati nel mare internettiano, come una certa idea di Letteratura
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