19 febbraio 2014

Almost blue (Carlo Lucarelli)

Il cieco. Lo schizofrenico ossessionato dalle campane. La giovane ispettrice della polizia in preda a sindrome mestruale conclamata. Una Bologna a tinte dark, più simile ad una terra desolata che a quella matrona grassa e dalla risata facile di cui si ha sentore vedendola dal vero.
Pochi ingredienti per proporre una ricetta noir che tenta di offrirsi come giallo, ma che invece ci fa assaporare molti altri colori. Col sottofondo musicale dell'immortale Chet Baker.




Tutto si regge sui colori. E' una "teoria dei colori" goethiana, trasportata su un intreccio narrativo e modellata dai gusti dell'autore Lucarelli.
Il mondo del cieco infatti viene identificato sui colori, sono i "suoi" , dato che non può vedere e sono colori di una intensità che rimane nel cuore del lettore.
Protagonisti principali, a varie tinte, sono quattro.
Abbiamo per primo sua maestà il blu, colore della passione e della dolcezza, del sesso e della maternità, aleggia nel romanzo accompagnato dalle note indimenticabili di un pezzo di Chet Baker, nei desideri di un cieco, nella voce di una donna. 
La sua comparsa è talmente apparecchiata bene che abbiamo voglia di andare a comprarci il disco di sottofondo.
Poi c'è sua eccellenza il nero, coloro della cecità e della follia, ma anche mistero, intrigo, suspense.
Segue il verde, che suggerisce solo terrore, piattezza, silenzio, delirio, il colore "di qualcosa che brucia la pelle".
Ultimo, come damigella, il rosso, come colore della violenza e del sangue, ma anche intonabile al sapore del fuoco che alimenta i cuori umani.

Una narrazione scabra ma non troppo fredda, italiana con sapori americani, piena di trovate da neo-avanguardismo, di echi, di dialoghi rapidi, non c'è nessun elemento decorativo, tutto scorre. La città degli studenti è minacciata da terribili uccisioni, efferate e mostruose. La giovane e carina Negro ha le indagini in pugno, ma deve trovare il bandolo della matassa. Chi meglio di un cieco jazzofilo e poeticamente "vedente" può aiutarla nella sua affannosa ricerca del colpevole?
Lucarelli si spaccia per giallista, invece ci da un brevissimo romanzo breve dove emergono le sue qualità letterarie di tutto rispetto e quella sua indole giornalistica e senza fronzoli che sono alla base del suo successo televisivo meritato con le trasmissioni dedicate ai misteri italiani sui Raitre. 
L'esempio di queste sue indiscutibili capacità stanno ad esempio anche nei veloci ma maestrali tocchi con cui ci dipinge la donna Nigro, talmente carnale che vien voglia di toccarla o perlomeno di sentire la sua voce. Oppure come ridicolizza il suo superiore, talmente cretino che diventa un convincente dipinto di superiore cretino e belloccio, che crede che le donne siano sempre bambine. Può darsi, Vittorio caro, ma solamente nei film...e comunque non la Nigro.
Qui forse chi ama il genere in questione rimarrà con la bocca amara, anzi asciutta, di giallo abbiamo solo la pubblicità del libro, il resto é letteratura, parole, costruzioni, sintassi elegante e poesia dei colori.

Dunque una prova per così dire incompleta, che non sceglie da che parte stare, una fiammella che forse potrebbe diventare fuoco, un rimando elegante ad un futuro Lucarelli scrittore che decida o per la letteratura di intenti e poesia o per quella di genere thriller. Un romanzo però da suggerire a tutti gli impagabili curiosi del mondo letterario, agli insaziabili lettori, a coloro i quali di qualunque colore si parli, basta che trapeli dalle pagine e giunga a sgrigiare il cervello dalla usuale ruggine del quotidiano, chi insomma riesce ad avere la voglia di comprarsi un disco di Chet Baker leggendo un giallo che invece è blu. Anzi, quasi blu



Pubblicata su www.ciao.it  il 5 novembre 2006

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