Anni Settanta. Tensione, scontro, coraggio e paura, tanta paura. Le piazze un'arena, i vicoli un'imboscata, il nichilismo che anima più di un cuore e molti cervelli del gregge, del branco, del. E poi scontro, scontri, scontrarsi. È guerra, ma nessuno la chiama così. Verranno bollati come anni di piombo, verranno ricordati solo alcuni episodi e di quello che successe veramente in realtà si cancellarono le tracce. Fino appunto a rendere praticamente invisibile una intera massa di persone, la maggioranza di una generazione o comunque una parte significativa.O anche insignificante. Perché di questi dettagli,a quanto pare, a loro non fregava nulla né interessavano a chi li combatté con forza e durezza, fino a cancellarli, a renderli per sempre nulla o anche poco meno di nulla.
Disperdiamo tutto
"Gli invisibili" è una testimonianza di come si cancella una
spinta rivoluzionaria. Giusta o sbagliata che fosse. Ammesso che nella
Storia ogni azione sia in tutto o in parte appellabile come giusta o
sbagliata. Atttraverso una serie infinita di paragrafi sostanzialmente
brevi, senza segni di interpunzione classici, senza una linearità della
trama bensì come un vissuto che fuoriesce e si appropria del racconto,
ecco le vicende per certe versi terribili di persone non identificate da
nomi, quasi a nascondere la identità, ma contrassegnate da nomi di
piante ed erbe aromatiche, a segnalare una propria connotazione
individuale. Menta, China, Lauro, Cotogno, Mora, Valeriana, Ortica. Non
nomi in codice o forse sì. Ma comunque erbe, aromi, profumi, frutti. E
un solito ed insolito destino: essere vittime di una repressione, legale
o meno, messo in atto dall'ordine costituito,a suo volta disordinato.
Una operazione poliziesca, nella realtà dei fatti e al di fuori della
fiction narrativa, che alla fine degli anni Settanta lo Stato italiano o
colui che si spacciava per tale mise ferocemente in atto per porre
argine ad una guerra di piazza sempre più anarchica e senza futuro e
nello stesso tempo esponenzialmente in crescita come violenza, superbia,
nulllità.
Che peccato. O forse no, meglio così. Chissà.
Chissà
cosa cercavano, vinti e vincitori, guardie e ladri, medici ed ammalati.
Chissà se cosa cercavano l'hanno trovato o qualcosa ha trovato loro,
tipo l'illuminazione di San Paolo sulla strada di Damasco. Va bene, non
facciamo domande difficili, abbiamo troppi interrogativi e poche
risposte che peraltro non rispondono affatto o forse solo in minima
parte.
"Gli invisibili" è il resoconto non fluviale ma in forma
torrenziale di una manifestazione, di un gruppo di contestatori, della
conseguente rivalsa della Polizia e degli organi preposti, dell'arresto e
del terribile regime carcerario dei protagonisti. Il tutto e in un
clima ed in un'età perfettamente individuabili. Sono d'accordo con voi,.
stavolta la differenza non la fa ( o non solo la conduce) il testo, ma
il contesto.
Ci sarà stato comunque un motivo o anche una
demotivazione se quei ragazzi, chi più chi meno, si "diedero da fare" a
quella maniera. Ci sarà stato almeno una ubriacatura ideologica, un
abbaglio propagandistico, un egoismo di massa non proprio massa se ce
l'avevano contro tutti, da destra a sinistra. Ci sarà forse una
spiegazione plausibile se ancora oggi si discute sulla validità ed
attualità della retorica partigiana, della Resistenza, del 25 aprile,
quando in quegli anni decine di ragazzi persero la vita non per
combattere un vero o presunto mostro comune ma talvolta in maniera
talmente casuale ed aleatoria da mettere i brividi. Non sto cercando né
giustificazioni, né ricostruzioni, né rivendicazioni, né tanto meno
operazioni di revisione, polverose e arrugginite tanto quanto le
eventuali verità da revisionare. Dico solo che serve leggerlo per capire
o almeno non isolare per esempio i fatti di Genova durante il G8 e
quelli collegati e resi attuali da un film accaduti nella caserma Diaz,
per cercare di farsi un'idea dello stato comatoso delle istituzioni e
della sonnolenta opacità italiota, per avere almeno un'idea di quello
che la generazione precedente aveva o non aveva da dire, rispetto alla
nostra e a quella futura, ebbene questo è un romanzo che può
interessare.
"Gli invisibili" uscì nel 1987, ed è certamente,
assieme al vitalistico e coinvolgente "Vogliamo tutto", dedicato alla
lotta operaia attorno al 1968, il miglior esempio della produzione
narrativa memorialistica e testimoniale di Nanni Balestrini, milanese
del 1935. L'autore, per inciso, fu attivo protagonista prima dei
movimenti letterari e non solo delle cosiddette neo-avanguardie, per poi
diventare intellettuale militante condannato per favoreggiamento di
movimenti eversivi nel 1979, nell'ambito delle inchieste volte a
scoprire le eventuali (e mai chiarite) nefandezze terroristiche commesse
dalla "storica" galassia extra-parlamentare di Autonomia Operaia in
quegli anni.
Sulla Autonomia e sull'operato della giustizia in quegli
anni ci sarebbe da scrivere ancora un libro, da mettere in coda a quelli
molti già scritti e quelli solo da scrivere, ma va bene, lasciamo
perdere.
Balestrini emigrò a Parigi e forse il romanzo nacque lì, visto il tema trattato.
Come
disse Toni Negri, altro protagonista in croce in quegli anni poco
evangelici, si respira un'aria di individualismo che però vuole farsi
collettivo nel romanzo, a dimostrare che non erano isolati casi di
egoismo proto- anarchico e pseudo rivoluzionario. Al di là dei
significati contributi critici, esegetici, socio-politici o prettamente
letterari, un romanzo che per certi versi risulta imprescindibile nella
sua "arida" formalità e nella sua spietata crudele appartenenza ad un
unica parte politica ed ad una confusa frammentata ma sentita visione
del mondo. Almeno, ovvio, rispetto agli stilemi formali e contenutistici
casuali e imposti. Peraltro non ho paura, davvero, a dire che a volte
quasi commuove. Anche per i suo limiti, soprattutto ideali.
"La sera è
animata vivace chiassosa per i nostri rumori le grida i canti la musica
e colorata dal nostri giacconi le sciarpe le gonne i cappelli i muri
sono ininterrotti graffiti disegni e scritte che si mescolano si
sovrappongono su tutti i muri contro i padroni contro il lavoro nero
contro tutti i lavori contro il ghetto contro il clero contro il sindaco
contro il sindacato contro i partiti contro la giunta contro i maschi
contro l'eroina contro i fascisti contro gli sbirri contro i giudici
contro lo stato contro la miseria contro la repressione contro la galera
contro la famiglia contro la scuola contro i sacrifici contro la noia "
(N. Balestrini, "Gli invisibili").
Non so se hanno combattuto come
dovevano, fino in fondo, con le giuste armi e le necessarie tattiche,
non sono ancora sicuro per cosa o per chi hanno lottato, se hanno perso,
hanno vinto, hanno pareggiato. Ma tutto sommato quante volte, ancora
oggi, penso e ripenso che forse la citazione ha dei contenuti
terribilmente attuali, dei desideri che forse non sono solo utopie
individuali di qualche capellone fuori tempo o rivoluzionario senza
rivoluzione. E poi sinceramente più che di fazioni, oramai superate
oggi, mi interessava leggere di azioni e reazioni.
***
Pubblicata su www ciao.it il 25.04.2012
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