28 aprile 2015

Il diario perduto di Frida Kahlo (Alexandra Scheiman)

Un calvario che però esprime una vitalità più che ingenua molto carnale, intensa anche se speso assume contorni quasi fiabeschi: la vita di Frida Kalho come emblema del tragico e cruento contrasto fra anelito alla felicità e destino crudele.
Una vita piena di fremiti di vittorie e di sconfitte in nome di un estro incontenibile e quasi frutto di un miracolo divino.



Frida distesa sul letto sa che ha perso il figlio. E nell’ordinario colloquio onirico con la Madrina, ovvero la Morte, capisce che non ne potrà avere mai. Non bastava la malformazione fisica dalla nascita ed il terribile incidente stradale in gioventù. Il patto stretto con la fine della vita ha per lei regole precise: rituali annuali e sofferenze continue. Ma nessuno può spegnere la sua voglia di vita. Dotata di un talento innato per una pittura esplosiva e lancinante, moglie in un matrimonio burrascoso dell’infedele Diego Rivera, autore di murales epocali, dotata di spiccate doti culinarie, Frida deve combattere sempre con la possibilità di morire e temere gli oscuri presagi portati dal cavaliere misterioso che sin da bimba con la sola presenza, che avverte solo lei, le annuncia disgrazie. Ma in Frida c’è una consapevolezza: Rivera ha finito di limitarla, Rivera non potrà più imprigionarla.


Frida. Santa patrona della malinconia, donna della passione e pittrice dell’agonia, costretta sempre più spesso ad essere incatenata ad un letto, prigioniera sul finire dell’esistenza del dolore, della sfortuna. Amica di tutta l’intellettualità più trendy degli anni trenta del novecento, in particolare i surrealisti. Magnetica, profetica, politicamente impegnata in tutti i sensi, data la sua relazione (più istintiva che sentimentale) con l’anarchico Trockij. Una storia certo ben raccontata, trasognata e surreale che  profuma intensamente di Messico, con un architettura narrativa briosa  e coinvolgente, che spazia dalla esplorazione di sogni e visioni sino ad approdare al taccuino di Frida, apocrifo o meno, dove la sfortunata artista a quanto pare scriveva ricette e squarci di ricordi. Una biografia molto romanzata o anche il contrario, desueta e sicuramente affascinante, per un personaggio esplorato a 360 gradi e di indubbio spessore.

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