Barbagia. Fine ottocento. Bustianu, un avvocato senza remore. Una terra con le sue leggi e le sue storie, che mal digerisce oppure si accoppia in maniera insana e subdola con il governo centrale, che è lontano, oltremare. Una natura impervia non sempre benevola, dagli odori forti, da colori spesso vividi. E un sotto fondo di violenza, nuda e cruda, quasi archetipica. Ed una storia con qualche tinta noir che racconta a volte cose dell'altro mondo. Ed una lingua particolare, sostenutissima.
L’avvocato in questione, stimato e quasi temuto anche per le sue prese di posizioni politiche socialiste e antigovernative, viene convocato in segreto dall’efferato brigante Dionigi Mariani, imprendibile alla polizia ma oggetto di visite appassionate di turisti stranieri. Vuole essere scagionato dall’omicidio di una ragazza, lui che sulle spalle di morti inferte ed accertate ne ha svariate. L’avvocato verrà ingurgitato da una storia incredibile e più grande di lui. Questo mentre nel frattempo è vittima di un dissidio familiare,
dalle tinte melodrammatiche eppure così sanguigno. La fiera, possessiva ed ancestrale madre non vuole che frequenti in pubblico e peggio voglia sposare la bella e solitaria Clorinda. Uno scontro duro, ai limiti del litigio perenne e mai risolto. Mentre piano piano si disvela una storia inquietante e macabra, con sullo sfondo un governo italiano reazionario e menefreghista, tutto teso a riportare l'ordine in Sardegna in apparenza. In sostanza solo proteso a poter esercitare comodamente i propri interessi economici e non. E l'isola, con al sua natura così impetuosamente descritta, appare proprio un altro mondo.
Una storia breve, ma a suo modo potente. Terzo episodio di una trilogia di cui non sapevo l'esistenza ed in effetti qualche sottinteso di troppo lascia intendere che in altri romanzi si siano date più efficaci spiegazioni. Un atto d’amore forse per la propria terra. Assolutamente distante anni luce da un Soriga, molto più ostico di Niffoi, più pretenzioso della Murgia, Fois è innegabilmente uno scrittore dotato,
sicuramente degno di menzione, le lunghe ed improvvise parti in sardo stretto purtroppo negano al lettore non avvezzo a quella lingua la comprensione per intero dei dialoghi e a soffrire più del dovuto, mentre i restanti passi sono sostenutissimi, con un lessico accurato e originalissimo ed una descrizione maestosa, ricercata e non usuale. Insomma, promosso a metà, perché se apprezzo scelte
stilistiche coraggiose desuete come questa, la mia ignoranza non mi permette un giudizio pienamente positivo. Per curiosità, ho appreso via web che il protagonista è realmente vissuto e si chiamava Sebastiano Satta, avvocato e poeta.
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