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22 luglio 2013

Il lungo addio (Raymond Chandler)


 

Marlowe, l'uomo che non deve chiedere mai. Forse.

 

Non ha il fisico del ruolo, a quanto pare. Ma ha un numero discreto di frecce al suo arco. Un atteggiamento che non si scalfisce, un Humphrey Bogart, per fare un esempio calzante cinematografico e che recitò in trasposizioni dei suoi testi. Un ventaglio di amicizie, con cui sventolare in faccia alle difficoltà e dissipare dubbi, minacce. Una notevole e invidiabile capacità di incassatore, non tanto di parole malevole o di battute sarcastiche. No. Prende pugni e peraltro ne pregusta (si fa per dire) il sapore e l’odore, perché li aspetta, di rado li schiva, non sempre controbatte, date le circostanze. Non perde quasi mai però, anche se sembra che. Si sa, il vero vincitore si vede alla fine della guerra, le battaglie sono tappe intermedie per semplice gregari. Ad ogni buon conto, signori, eccovi Philip Marlowe, l’uomo che non deve chiedere mai, anzi, non gli chiedete niente che tanto non risponde, semmai, da solo, pensa e sono pensieri di una certa malinconica, cupa, esistenziale oscurità.. Come noto non sono particolarmente vorace e non mi abbuffo di narrativa di genere, specie se gialla ed affiliati, e benché mi manchi un classico intramontabile come Agata Christie, non disdegno incursioni, foriere di nuove avventure estetiche, anche se,dirò, in verità alla fine mi sono più congeniali coloro i quali sovvertono le tradizionali fondamenta di questo genere narrativo più coloro i quali ne sono riconosciuti ed indiscussi interpreti. Che ne so il vecchio Pennac ed il giovane “anziano” Lansdale sono due tipici esempi di quanto sto dicendo, anzi scrivendo.