17 settembre 2014

Vorrei che da qualche parte ci fosse qualcuno ad aspettarmi (Anna Gavalda)


Desideriamo spesso, in qualche maniera, che qualcuno o qualcosa ci aspetti. Soprattutto se viviamo e intendiamo la vita come un grande viaggio, e poi stazioni, incroci, coincidenze e ripartenze. Certo il tempo non si ferma mai, il treno che si chiama vita ci porta comunque anche se non non vogliamo salire, spesso non ha una meta precisa, sa solo che il carburante ad un certo punto si esaurisce ed in qualunque parte siamo, in una fermata vicina alla metropolitana, in un nodo di scambio, in un terminale fantascientifico di una grande città ebbene abbiamo sempre un capolinea, quello. E non si riparte più. 


Nei dodici racconti di questa fulminante raccolta, la mia coetanea francese Anna Gavalda, del 1970, dimostra una superba e cinicamente ironica maestria nel tratteggiare istantanee di viaggio senza remore, turbe o reiterazioni, senza brusche frenate ma anche senza un morboso amore per le accelerazioni prive di direzione. Qui la poetica letteraria ha una sua dimensione ed una sua precisa connotazione di senso, lucidamente calibrata verso. Un mondo femminile certo, ma non esageratamente femminista. La Gavalda invita il lettore nelle sue storie, lo fa accomodare e con una lucida ed a volte caustica visione del mondo lo fa sobbalzare dalla sedia. Scrittrice che poi, credo purtroppo, si sia persa alla vana ricerca di una misura narrativa più ampia e di largo respiro e magari più appetitose vendite ( il torrenziale  "Insieme e basta", che però, alla lunga, difetta per più di un aspetto, alla luce degli anni, e presenta smagliature a iosa e qualche profonda ruga narrativa, mentre nel più rapido e femminile "Un amore" la struttura tiene e non presenta infiltrazioni umidicce e dannose nell'architettura narrativa, riesce ancora a coinvolgere il lettore). 

La Gavalda parla di storie comuni, magari tratte da qualche notizia breve sui giornali, parla (ma non sparla) ricama anzi, tesse trame sobrie e vivaci dicendoci di temi abuso e consumo, riuso e stanchezza, di situazioni, un' impressionista della parola, una fotografa, una scrittrice che preferisce l'attimo all'approfondimento, grazie alla sua innata dote credo di avanzarsi con eleganza senza affogare nel banale, condensando intere storie nella misura di un paragrafo eppure senza dare l'idea dell'approssimarsi della superficialità o del stereotipo . Aleggia nella scrittura di questi racconti una certa briosità esistenziale, una voglia di vivere seppur siamo in balia di abusati e consunti tradimenti, dai noti e distorti controsensi che ingenerosi si trastullano a rendere più complicato e tortuoso il nostro viaggio esistenziale. Notti brave a cavallo di una Jaguar, coppie scoppiate che si avviano a deflagrare, ricerche di un'editore, torbide violenze sessuali dove comunque per fortuna alla fine la vittima diventa carnefice, aborti necessari, amori che non si lasciano andare e che non spargono o procurano amore. Si aspetta di aspettare nei racconti, c'è, seppur vaga e mai inquietante o morbosa, la voglia di avere un desiderio al posto di una disillusione, di sognare invece che realizzare o capire, insomma, una tendenza a declarare su uno degli aspetti più intimi e più diffusi dell'animo umano in particolar modo di sesso femminile.


La sobrietà caustica, la leggerezza pensante, la notevole vis narrativa compongono un veloce, poco logorroico mosaico per un 'autrice che a suo tempo, nel 1999, divenne caso letterario in Francia e nel mondo francofono, a detta delle quarte di copertina. Laureata, mamma e insegnante, la Gavalda mostra enormi potenzialità e uno stile che potevano farla diventare brava, precisa diretta e significante come ad esempio la Nothomb, che esordì prima di lei e con un background decisamente apolide e frastagliato. Tuttavia i distruggenti meccanismi delle industrie editoriali l'hanno probabilmente convogliata ad una più tranquilla e frigida scrittura per casalinghitudini, nei successivi romanzi, tanto da disamorare chi, come me, fu folgorato da questa raccolta semplice, complice, ammiccante eppure così dolce e solare, femminista ma senza quei rigurgiti di turpe violenza antagonista bensì conditi di buon senso e amore della scrittura.

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Pubblicata su Ciao.it nel 2006

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