Lessico famigliare. In salsa argentina. Il dolce suono dei ricordi,
anche se talvolta la memoria ingigantisce scrupoli e rumori e dimentica
facilmente i silenzi, gli ardori.
Un padre tanto scomodo ed
invadente, quanto imponente. Letteralmente amato, per quello che è, soprattutto
per le sue debolezze come solo una figlia e non un 'amante sa e può fare. Una
venerazione a volte sarcastica a volte estatica. Quel torace scolpito, quella
sua scontrosità impermeabile a tutto, quella sua insolenza anche nella vita di
coppia, quel modo che è il suo modo ed ogni papà è bello alla figlia sua,
parafrasando un celebre detto napoletano. Da non perdere, per la sua irridente
e sapiente semplicità, che ha bisogno di una lettura complice ed un approccio empatico.
Argentina, 1976. E niente sarà come prima neanche a casa Pineiro o come volete
chiamarli.
Femminile quanto basta,
quindi aggraziato e suadente. Apparentemente multi tasking eppure assolutamente
monotematico, centrato. I ricordi della Pineiro che fu, sono deliziosi, un
condimento ricco di sfumature mai pesanti e talvolta accennate, un misto fra
realtà e fiction, come l'autrice tende a sottolineare alla fine. Un'Argentina
così italica, sorpresa dal marasma susseguito alla presa di potere da parte dei
militari guidati da Videla che fanno fuori la irritante Isabella Peron,
fiancheggiati almeno politicamente addirittura dai comunisti. Come comunista è
il padre, maschio per antonomasia, maschio come più maschio non si può eppure
così docilmente bambino e bisognoso di mero affetto. Malinconico, a volte
delicato, vero. Nonostante la lontananza geografica e il notevole iato
temporale, allora ripeto: un Lessico famigliare in salsa sudamericana? ma sì dai. Meno composto ma ugualmente piacevole.
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