07 novembre 2016

Un comunista in mutande (Claudia Pineiro)

Lessico famigliare. In salsa argentina. Il dolce suono dei ricordi, anche se talvolta la memoria ingigantisce scrupoli e  rumori e dimentica facilmente i silenzi, gli ardori.
Un padre tanto scomodo ed invadente, quanto imponente. Letteralmente amato, per quello che è, soprattutto per le sue debolezze come solo una figlia e non un 'amante sa e può fare. Una venerazione a volte sarcastica a volte estatica. Quel torace scolpito, quella sua scontrosità impermeabile a tutto, quella sua insolenza anche nella vita di coppia, quel modo che è il suo modo ed ogni papà è bello alla figlia sua, parafrasando un celebre detto napoletano. Da non perdere, per la sua irridente e sapiente semplicità, che ha bisogno di una lettura complice ed un approccio empatico. Argentina, 1976. E niente sarà come prima neanche a casa Pineiro o come volete chiamarli.


Femminile quanto basta, quindi aggraziato e suadente. Apparentemente multi tasking eppure assolutamente monotematico, centrato. I ricordi della Pineiro che fu, sono deliziosi, un condimento ricco di sfumature mai pesanti e talvolta accennate, un misto fra realtà e fiction, come l'autrice tende a sottolineare alla fine. Un'Argentina così italica, sorpresa dal marasma susseguito alla presa di potere da parte dei militari guidati da Videla che fanno fuori la irritante Isabella Peron, fiancheggiati almeno politicamente addirittura dai comunisti. Come comunista è il padre, maschio per antonomasia, maschio come più maschio non si può eppure così docilmente bambino e bisognoso di mero affetto. Malinconico, a volte delicato, vero. Nonostante la lontananza geografica e il notevole iato temporale, allora ripeto: un Lessico famigliare in salsa sudamericana? ma sì dai. Meno composto ma ugualmente piacevole.


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