domenica 17 marzo 2019

Memorie di un giovane disturbato (Frederic Beigbeder)

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Francese certo. Prima della globalizzazione. Ma prima di Internet, della TAV oppure dei gilet gialli. Arrivisti per nulla, viveurs alla fine nemmeno. Cercano Finalmente Marc Marronnier ma non trovano e se trovano non è detto che sia un bene. In fondo i soldi ce li hanno. La gioventù pure. Che dio li benedica magari. O li mandi all'inferno. Tanto l0ro alla fine ce la faranno. Volenti o nolenti. Preparatevi, saranno magari la nuova classe dirigente. Ed è un diario a futura memoria. Quindi potrebbe essere anche parzialmente usato contro di voi.   


Finalmente Marc Marronnier è riuscito ad agganciare la sua amata Anna. Questo comporterà di dover lasciare la sua attuale convivente Victoire. Ma il problema non si pone: lei se ne era già andata, almeno con la testa, se non con il corpo. Un buon motivo per lasciarle il conto da pagare alla cena di addio. Tanto ora bisogna vivere e godere del nuovo amore, conoscersi, esplorarsi. Certo risulta difficile mantenere lucidità tra la mille feste in cui il giovane e inarrestabile libertino partecipa in qualità di sedicente giornalista di gossip. Anche perché anche i balli più seri, indetti da facoltosi alto borghesi o ex nobili ancora in auge si trasformano ben presto in indicibili bagordi, dove succede di tutto ed il contrario di tutto ed ovviamente l’alcol scorre a fiumi e il ragazzo si sa, beve di tutto e di più, tanto da potersi sballare senza far ricorso alle droghe che gli offrono generosamente in abbondanza. Perlomeno non abitualmente. E così la coppia non scoppia,anzi, prosegue felice tra faticosi risvegli e notti da capogiro, anzi mal di testa e quel che succede nel mondo continua a succedere nel perfetto disincanto e disinteresse dei due. Il cui unico problema è non far evaporare le comunque cospicue risorse finanziarie a disposizione annegando i loro fegati in champagne, vodka, birra. “ Le mie giornate iniziavano con il piede giusto. Mi alzavo, bevevo una tazza di caffè, uccidevo qualcuno. Bastava guardare fuori dalla finestra: la stradina era affollata d’inutili esseri sofferenti in attesa del mio colpo di grazia”: tra nichilismo applicato ed una parodia (magari non voluta) del film oramai di culto  Trainspotting, ecco uno di quei romanzi che ti rapisce e stupisce. Cavalcando senza senza sosta rimandi espliciti di libri, musica e tra le righe di film, per mostrare più che descrivere una delle faccende più difficili : vivere e godere. Ritmo frenetico, stile aggressivo e spumeggiante, un citazionismo spinto che lascia il dubbio se sia solo un gioco oppure abbia delle ambizioni più profonde e decisive. Nulla da dire sul personaggio principale ed assoluto del romanzo. Onnisciente certamente, men che mai onnipotente, cade e si rialza ad ogni paragrafo, folgora e saetta contro ogni cosa vivente ed è fulminato da tutto e tutti, ma in fondo è un ragazzo e sta solo sfuggendo dal nulla, non può restare antipatico. No, non vi è traccia di Celine, ve lo assicuro. Forse lontanamente un Oscar Wilde meno virtuoso e più diretto, meno acido ma ugualmente corrosivo. Un dandy senza dandismo. E non vi è traccia di passione politica o analisi sociale. Solo un mondo che si è perso, non ha voglia di ritrovarsi e anche se l’avesse non ha la minima idea di come fare. Un ritratto impietoso, una visione forse eccessivamente perturbata e perturbante, ma in fondo in questo posto ci siamo capitati, mica ce lo siamo scelto e le nostre gioventù, in altre età o contesti, poco differivano da quella narrata. Beigbeder insomma ha due qualità: si piace e non cerca per forza di piacere, ha talento e non lo nasconde.

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