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23 luglio 2014

Acciaio (Silvia Avallone)

Dopo l’invasione mielosa ed appicicaticcia dei pre-adolescenti sfornati da Moccia, tutti amore e fantasticheria, senza un briciolo di sostanza, prima o poi doveva succedere "Acciaio". Che quell’ambientazione gelatinosa e zuccherata si adulterasse e diventasse anagraficamente più adulta, fosse spostata in ambienti marginali e pseudo degradati e cominciasse a provare senza sosta pruriti sessuali e rivendicazioni esistenziali al sapor di cocaina. Come se il Cuore di De Amicis lo mischiassero a Trainspotting. Diventa un aborto di romanzo. Certo ne avevamo proprio bisogno, come no. Se ne sentiva la mancanza. Noi lettori, di quaranta anni, non vedevamo l’ora. Di un frizzante lassativo che ci facesse finalmente scaricare in bagno gli ultimi rimorsi per la nostra giovinezza ormai andata e per le letture generazionali che non ci avevano mai soddisfatto. Ci hanno risolto un dubbio: noi non eravamo e non saremo stati mai così e dubito che gli adolescenti di adesso lo siano, almeno completamente. E’ una lettura a suo modo gratificante: capisci che  c’è sempre qualcosa di peggio di quello che scrivi o in cui credi. perché Acciaio non può essere il vero ed il nostro. Altrimenti amen, siamo fregati.