Dopo l’invasione mielosa ed appicicaticcia dei
pre-adolescenti sfornati da Moccia, tutti amore e fantasticheria, senza un
briciolo di sostanza, prima o poi doveva succedere "Acciaio". Che
quell’ambientazione gelatinosa e zuccherata si adulterasse e diventasse
anagraficamente più adulta, fosse spostata in ambienti marginali e pseudo degradati e
cominciasse a provare senza sosta pruriti sessuali e rivendicazioni
esistenziali al sapor di cocaina. Come se il Cuore di De Amicis lo
mischiassero a Trainspotting. Diventa un aborto di romanzo. Certo ne
avevamo proprio bisogno, come no. Se ne sentiva la mancanza. Noi
lettori, di quaranta anni, non vedevamo l’ora. Di un frizzante lassativo
che ci facesse finalmente scaricare in bagno gli ultimi rimorsi per la
nostra giovinezza ormai andata e per le letture generazionali che non ci
avevano mai soddisfatto. Ci hanno risolto un dubbio: noi non eravamo e
non saremo stati mai così e dubito che gli adolescenti di adesso lo
siano, almeno completamente. E’ una lettura a suo modo gratificante:
capisci che c’è sempre qualcosa di
peggio di quello che scrivi o in cui credi. perché Acciaio non può
essere il vero ed il nostro. Altrimenti amen, siamo fregati.
Prendete un quartiere che si dice
degradato, low cost, senza speranza perché è stato edificato in nome
dell’assassinio dei sogni. Parliamo dell’agglomerato protagonista del
romanzo (?), quello operaio di Piombino, case popolari, disperazione provinciale ed omogeneizzata, molto rancore e rumore, poco amore ed un’aria che è
sempre claustrofobica, anche quando non c’è l’afa estiva. Apparecchiate
come personaggi due pupazze, poco pupe e nemmeno simpaticamente pazze,
ma che abbiano in sè dei precisi connotati di massa, cui identificarsi.
Tensioni, passioni, la famiglia che al solito non capisce, anzi un caso è
addirittura da carcere, colpisce e violenta, come una volta nelle
caverne. Situazione estrema, estremizzare fa audience, vendita, insomma
la Rizzoli ha ben operato, la casa editrice dico, ha messo in onda nelle
librerie questo nefasto editing horror picture show.
Le due sono sensitive e sensibili quanto un chewingum attaccato al muro crepato di una casa in rovina e con la ragnatele ognidove. Avere una maturità sessuale che fa invidia a quelle delle trentenni più scafate ma nello stesso tempo ancora credere alle bambole, magari quelle comprate nei porno shop e che ti metti nel letto a fare imbarazzanti giochi erotici, chi fa da sè fa per tre, sapete. Idealizzare progetti meno che zero, esempio dei genitori assente, personalità forte e imperitura come quella del pongo. Giovani direte, che ne vuoi capire tu. Vecchie, dico io, come solo vecchio è ciò che non può cambiare, anzi solo ripetere. Ed un mondo attorno che non capisce perché non c’è niente da capire ed è magari Lady Gaga o Shakira waka-vacca a cantarlo, non De Gregori, con tutto ciò che questo comporta, storicamente e musicalmente. Lasciatemelo dire. Il trash non lo sopporto, ma l’immondizia vera e propria puzza di marcio, altro che spettacolo per il popolino
Le due sono sensitive e sensibili quanto un chewingum attaccato al muro crepato di una casa in rovina e con la ragnatele ognidove. Avere una maturità sessuale che fa invidia a quelle delle trentenni più scafate ma nello stesso tempo ancora credere alle bambole, magari quelle comprate nei porno shop e che ti metti nel letto a fare imbarazzanti giochi erotici, chi fa da sè fa per tre, sapete. Idealizzare progetti meno che zero, esempio dei genitori assente, personalità forte e imperitura come quella del pongo. Giovani direte, che ne vuoi capire tu. Vecchie, dico io, come solo vecchio è ciò che non può cambiare, anzi solo ripetere. Ed un mondo attorno che non capisce perché non c’è niente da capire ed è magari Lady Gaga o Shakira waka-vacca a cantarlo, non De Gregori, con tutto ciò che questo comporta, storicamente e musicalmente. Lasciatemelo dire. Il trash non lo sopporto, ma l’immondizia vera e propria puzza di marcio, altro che spettacolo per il popolino
I giovani di
oggi, quelli che fanno trend, che sono out e rimangono mero share. Ma l' Avallone (ed il suo editore) non si ferma qui.
Politicizza allora una faccenda banale, esula dallo stereotipo dei
poveri ma belli, esaspera qualche movente sessuale e nasconde fra
le righe una imbrazzante folla di luoghi comuni.E richeggia diversi marci best selelr dei bui anni precedenti della narrativa italiana.
Ecco dunque, gentili lettori, “Acciaio”,
ovvero la plastica che si sfalda se il fuoco del lettore sano si
avvicina. Definito maestoso quando invece ti chiude in una stanza
obsoleta e putrescente, in un mondo piatto, scialbo ed insipido che si
vuole così, ammantato di falso ribellismo e fuorviante voglia di vivere
quando invece dissemina a piene mani nichilismo, morte e dolce dormire
che tanto il mondo è brutto e cattivo, questa splendida, vendutissima ed
arci ritrita opera prima della bella Avallone, che suscitò le pulsioni
ormonali anche di un "nobiluomo" come Vespa, è una volgare sòla. In fondo Moccia
stanca, Ammaniti si ripete e la nouvelle vogue del qualunquismo pseudo
letterario deve divorare un nuovo panino al sapore di Mc Donald.
L’ennesima spazzatura, mirabilmente arricchita e trasformata, riciclata
in un prodotto non ecosostenibile ma semplicemente orripilante. Non è
brutto, ma di più.
Certo ha fatto eccitare le
postfemministe perché i maschi cono i birilli che vengono abbattuti da
non da palle di bowling ma da quelle del ping pong. Avrà fatto
sussultare le adolescenti, con queste belle e impossibili in preda di
amori prematuri , membri duri ed una voglia chissà di che. Che sia vero o
falso, il mondo reale è un altro ed anche come fantascienza riesce
abbastanza improbabile, con questo agglomerato urbano di casermoni
conficcati nella vita quasi autonoma delle acciaierie di Piombino, come
una metastasi e peggio della fosca Scampia del forbito e antinarrativo Saviano.
E la fabbrica è posticcia, l'odio verso di essa assomiglia troppo a quello naturalista del Zola di
Germinal, un odio per il progresso e l’alienazione, da poter risultare un
minimo compatibile con il resto della storia. Pare in finale un “Sposerò simon Le Bon”
anni ottanta infarcito di qualche maturo cliche come il telefonino, di
qualche rimpastata vecchia ricetta della droga e dell’ alcool in
discoteca e con un sopprimibile capitolo sull’11 settembre piovuto dal
nulla e dal nulla centrifugato. Una narrazione che più paracula e
paraletteratura non si può.
Bocciato, se si aveva qualche dubbio
Bocciato, se si aveva qualche dubbio
Nessun commento:
Posta un commento