Già dal titolo evocativo e all’apparenza severo, altisonante per
certi versi, “Il comunista“, di Guido Morselli fu pubblicato nel 1976, benché fosse
stato scritto ben venti anni prima, per la forse nota parabola esistenziale ed
editoriale dello scrittore, morto suicida nel 1973 e meritorio di fortuna
letteraria solo all’indomani del tragico gesto. Abbiamo di fronte un’opera di
cui forse si è parlato poco, ma che rappresenta un desueto ma ben congegnato
romanzo, mirato, avente a priori un obiettivo annunciato sin dal titolo, ma
indubbiamente recante in sé la natura e la forza di una preziosa testimonianza
di natura letteraria, forte ma non altero, con una lungimiranza e una pacata ma
non per questo meno incisiva onestà intellettuale. Morselli tratteggia infatti
un quadro completo, distaccato ma non asettico e per certi versi impietoso di
un partito simile ad una enorme sfinge, dai rituali quasi ecclesiastici e dalla
sostanziale freddezza, senza aver mai avuto a che fare con lo stesso e senza
che esistessero plausibili motivi di eventuale accidia o rimostranza. E’ dunque
meramente la scrittura e la tesi di fattura letteraria di un autore sui generis
magari, ma indubbiamente dotato di una lucida e accurata capacità di analisi
del suo tempo, con uno stile comunque levigato, essenziale, abilmente
manovrato.