lunedì 24 settembre 2018

Vinpeel degli orizzonti (Peppe Millanta)


Vinpeel medita sul da farsi, ora che è riuscito finalmente ad avere un contatto con Mune, la giovane ragazza bionda piombata dal nulla a Dinterbild in una notte buia e tempestosa, come sempre accade da quelle parti quando arriva qualcuno probabilmente dalle sconosciute terre dell’Altrove. Ora bisogna capire chi sia veramente questa bella bambina dai capelli affascinanti, lei che è stata adottata dalla donna più bella ed altera del luogo. Chissà che ne penserà Padre Earl, il confessore indomito ed infaticabile di Vinpeel, anche se il ragazzo si mette a nudo quotidianamente, perché nel corso della sua confessione vuole anche carpire consigli sulla vita terrena, oltre che le giuste punizioni per i suoi peccati, tutto sommato veniali. Nel frattempo nella comunità proseguono le normali e rituali ricorrenze, il gioco del lancio del nano, le ubriacature o magari le feste nella indistruttibile “Locanda Biton”, il cui nome deriva da una storia di lavori mal effettuati sull’insegna. In ogni caso tramite saggi espedienti appositamente congeniati con l’amico Doan, bisogna scoprire assolutamente cosa si cela dietro misteri inspiegabili, dalle luci del mare alla storia della gamba di legno che il suo padrone ha gettato via nel mare. Krisheb è creduto pazzo, ma chissà mai che si siano sbagliati ed invece potrebbe avere risposte alle domande anche dopo il suo gesto incomprensibile,

Magico, fiabesco, a volte sin quasi a sfiorare addirittura l’esoterico, ma senza incombenti riti satanici o disastri universali. Tutto è apparentemente usuale e normale, tranne che l’imponderabile diviene forma e sostanza. Un non-luogo con i confini del microcosmo appartato: se preferite uno spazio di una geografia mentale e non fisica, dove accade anche l’impossibile eppure la vita è fatta di rituali gesti quotidiani, talmente tipici e consueti che spesso diventano accettabili anche nella loro piena surrealtà. Nessuna traccia di onirismo, solo realismo magico, senza per forza voler scomodare quello che viene definito un genere che ha fatto epoca quando fu coniato per etichettare la narrativa di Gabriel García Márquez, qui assolutamente estraneo e distante come toni, temi e stile. Più che altro la scrittura ha notevoli assonanze lessicali e stilistiche, direi innegabili, con Baricco, almeno quello degli esordi scintillanti e lontani di Castelli di rabbia ed Oceano mare. Anche la struttura risente profondamente di quell’influsso, ma i risvolti sono comunque originali ed ariosi. Si respira libertà, anche se la vita offre purtroppo tante difficoltà da affrontare ed allora ci affidiamo alla capacità innegabile di una scrittura che sa suggestionare.











mercoledì 5 settembre 2018

Giuliano (Gore Vidal)

Libanio e Prisco l’Epirota. Si scambiano lettere. A volte confidenze, oppure si lasciano andare a dispute dotte. Ormai sono vecchi. Più di metà della vita possibile se ne è andata. Ma gli rimane un cruccio. Riabilitare l’imperatore romano Giuliano l’apostata, ingiustamente denigrato per questioni prima politiche che socio-religiose. I suoi successori vogliono l’oblio oppure la calunnia. Ma questo non è possibile, anche se i cristiani ormai sono infinitamente più potenti di qualunque senato o corte imperiale.

Mi rimane ancora oscuro come sia possibile che il narratore statunitense Gore Vidal sia ancora relegato fra i minori o perlomeno non sia uno dei più noti. Magari vorrei dire perché magari omosessuale, ma in fondo era coetaneo di Truman Capote. Schietto, preciso, mai prolisso o autoreferenziale come l’osannato Roth, questo scrittore indaga sui misteri della storia umana non senza lanciare strali verso quello o quest’atteggiamento politico, verso questo o quello misero errare umano, specie se l’uomo in questione è un imperatore romano all’apice dell’espansione del regno e però prossimo alla sua rapida e invincibile caduta.
Leggendolo mi è venuto Augustus di Williams, che credo gli debba molto per struttura e intenzioni, che  se vogliamo più intimo, ma non meno bello. Certo che la Roma di quei tempi affascina, per la sua solidità ed il suo coraggio, la sua capacità di reagire e quella di politicare, inteso in senso lato.
Fa mestizia pensare alla Roma di oggi, ma son passati duemila anni e i millenni invecchiano anche gli Highlander, figuriamoci un impero.
Bello, anche se a volte deve imbattersi in qualche disputa filosofica volta a spiegare la figura di un uomo che voleva ellenizzare Roma ed  finito con una morte indegna come molti predecessori e successori, perché come recitava Ottaviano quel che conta è Roma e non chi la comanda. Ed i cristiani non potevano essere contenti di essre messi alla porta da un ellenizzante qualsiasi, Una curiosità: acquistai questo libro perché pensavo parlasse non di un romano Augusto, ma di Salvatore Giuliano, il bandito o eroe che dir si voglia di una Sicilia che fu. Invece ho letto una bella fiction su una realtà inoppugnabile: il cristianesimo per l’impero romano è stata la fine.