Una storia
impervia, densa ma scorrevole che con 116 pagine presenta il resoconto di una
esistenza, quella del protagonista indiscusso ed indiscutibile della storia,
che però troviamo all’inizio essere sepolto nella fossa. E allora andiamo a
conoscerlo, perché ci viene raccontato con approfonditi, letali flashback.
Tre
matrimoni, affetti di ogni tipo, fatti ed antefatti ed una continua sola missione:
la vita, costi quel che costi, perché è la cosa più bella e più brutta che ci è
data e che è destinata a finire, qualunque cosa tu faccia. Chiaro che quando
arriva la morte si fanno i bilanci e si ha paura, quando le forze decadono, l’egocentrismo
vacilla e si piangono lacrime di coccodrillo anche se tutto sommato si è stati
talmente bravi da avere solo successi e denaro, ma anche poi l’inevitabile
solitudine, perché tutto si paga, anche il conto degli affetti.
Tre
donne, ufficiali, oltre avventure temporanee, con la prima moglie Cecilia
inetta ed incapace a custodire oltre che a custodirsi, ma madre di due figli
che lo ignoreranno tutta la vita, anche se se a sua discolpa tiene precisare che non ha mancato un pagamento.
Poi Phoebe, delicata, inusuale e sensuale Phoebe, quella meglio e più donna
delle altre, ovviamente destinata come tutte le donne (e gli uomini) che danno ad essere consumata e
tradita, perché lui affogherà nella classica storia da cinquantenne con una
avvenente ed arrapante, ma che poi sotto il vestito niente. E poi i figli, gli amici, la carriera, le malattie, i soldi, l'11 settembre, il seppellimento dei genitori, la radice ebrea che rimane, dentro anche se non fuori. Completo, devitalizzante, complesso. Ma è una storia di morte, di debolezza anhe quando si vince, si quella tragica eterna imperfettitudine di cui siamo fatti.
Storie
di peccati, di presunte redenzioni, di ipocrisie umane analizzate come se si
fosse al microscopio e si vorrebbe dimostrare siamo corrotti, corruttibili e
soprattutto temporalmente limitati, non c’è scampo, siamo imperfetti e facciamo
finta di non ricordarcelo. Una storia cinica ma indubbiamente reale, vagamente
qua e là misogina, ma tutto sommato potente, credibile e veritiera.
Evidente il fatto che uno dei narratori globalmente più apprezzati, coniughi diverse radicate radici, dall'ebraismo, al cinismo narrativo statunitense alla migliore tradizione europea classica. Mi viene in mente Thomas Mann di "Morte a Venezia", anche perché Roth è un decadente ed il fatto che nel 2000 siamo ancora nel decadentismo la dice lunga sullo sviluppo della umana mediocrità.
Evidente il fatto che uno dei narratori globalmente più apprezzati, coniughi diverse radicate radici, dall'ebraismo, al cinismo narrativo statunitense alla migliore tradizione europea classica. Mi viene in mente Thomas Mann di "Morte a Venezia", anche perché Roth è un decadente ed il fatto che nel 2000 siamo ancora nel decadentismo la dice lunga sullo sviluppo della umana mediocrità.
Roth
indaga scruta ha un solo difetto, lui la realtà non ce la racconta ma ce la
impone, la sua narrativa non è né aggressiva o barocca ma ti chiude qualsiasi
spiraglio, non ti lasci scampo, non ti da una seconda possibilità. Una visone
egocentrica ed autoreferenziale della comunicazione letteraria ma condotta con
una capacità ed una maestria che è impossibile non riconoscere. E Franzen , il
mio stimato Franzen specie di "Correzioni" ha preso tanto da lui, ma è molto più arioso e meno
onnicomprensivo, lascia qualche tarlo del dubbio, ecco perché seppur
obiettivamente simile, mi risulta più congeniale, parere mio da lettore ed autore.
Nessun commento:
Posta un commento