18 agosto 2016

Soli eravamo (Fabrizio Coscia)

Che ne sapete voi, di come sono gli artisti. Gente strana, per niente comune. Oppure talmente ordinaria da mettere spavento. Così magari Cechov idolatra Tolstoj, quasi come ne fosse innamorato e si sente svenire quando lo incontra. Oppure Proust e Joyce se la tirano terribilmente e quando si incontrano non vorrebbero neanche salutarsi, pensando io sono meglio di te. Oppure Kafka impietosito scrive lettere per una bambina che ha perso la sua amata bambola. Un viaggio letterario ma non solo.






Al di là del gossip un testo non solo autoreferenziale e pacato, ma illuminante. Attraverso le passioni artistiche dell'autore, ci avventuriamo in piccoli universi smarriti e/o misconosciuti, con una narrazione fra il saggio ed il romanzato, con una prosa levigata ed a volte universitaria ma comunque d'effetto.Un interessante esperimento, metodico ed appassionato, dove confluiscono dati storici, esperienze autobiografiche e pindarici amarcord personali, tra il detto e il non detto. E non solo scrittori, ma musicisti come Mozart e Schubert, oppure il jazzista Bill Evans. Molto bravo Coscia. un viaggio a ritroso nello stesso tempo proiettato nel futuro, il suo ed il nostro. Un trait d'union è certo, come recita il titolo, la solitudine, non solo quella manifesta, ma quella interiore, quella che lascia spazio ad epifanie, malinconie e ripercorrenze metafisiche. Bello rivivere i propri miti in una dimensione umana ed umanizzante, quasi catartica. E davvero, mai avrei immaginato che Proust e Joyce, nella loro ieratica narrativa, dal vivo potessero essere gelosi e infantili come due veline qualsiasi. Sono come noi, ecco.

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