04 agosto 2016

Gesti convulsi (Alessandro Bresolin)


Perdersi e non ritrovarsi. Cinque racconti. Cinque vite non proprio allo sbando ma sicuramente poco dirette e concentrate, più che altro smarrite, anzi deviate su binari sbagliati. Il cervello, la centrale di comando, ha dato coordinate errate, o forse sono state le intermittenze del cuore a far intraprendere strade impervie e che forse porteranno a nulla. Un classico direte voi ed allora è la novità, il linguaggio, il contesto.

Denis è nel paese natio per il funerale del padre. Enologo a livello universitario, vaga per il mondo in fattorie sperdute, ma non riuscirebbe mai a curare la vigna del genitore.Lì entrano in scena altre radici, sono stati piantati altri semi. Le sue incertezze lo divorano e la famiglia è a pezzi, causa le incaute mosse finanziarie del più grande dei fratelli. 
Cristian ha già avuto problemi con la giustizia per la sua frequentazione di un centro sociale nella vallata. Ora però vuole coltivare il suo sogno di scultore e - anche se controllato - vuole rischiare il tutto per tutto con quello spacciatore ex poliziotto. 
Gianni non si dà pace, ha deciso di vendicarsi di Valentina che prima lo ha mollato per il ricco Filippo e poi è tornata come amante. Ha il filmino hard di un loro incontro, sa cosa farci, ricattare non è un mestiere ma una seducente, pericolosa arte. Ed è intenzionato ad andare avanti.
E poi c'è Federico, che gestisce un locale, si fa di coca ed insegue improbabili amori e anche Ilario, drogato di ormoni per plasmare un fisico potente e perfetto. Loro erano i membri dei “Gesti convulsi”, un gruppo rock che fece furore in questi ameni luoghi, lontani dalle capitali, dai negozi alla moda, le luci al neon. eppure son stati tutti abbaiati, da una chimera, una interpretazione, una speranza, una pulsione.
Una prosa non scabra e secca ma comunque che non sottolinea, non scopre tutte le carte, fatta appunto di gesti che presagiscono e alludono: un incedere ellittico che conduce il lettore dove si raccoglie quel senso di smarrimento oramai quasi comune a tutti e dunque i fatti non hanno bisogno di spiegazioni. Una descrizione fatta di lunghi sottintesi, nella quale non è necessario esplicitare cosa causa cosa e quando, o magari l’effetto che fa. Una raccolta che si legge come un romanzo, con l'unità di luogo se non di tempo: vite legate da fili invisibili ma forti, evidenti richiami al topos mai risolto del contrasto fra centro e periferia, satellite e pianeta. Questo pazzo mondo e questa vita che a volte fa (r-)esistenza ad essere vissuta.

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