18 febbraio 2019

La Repubblichina (Giampaolo Pansa)

Su Amazon
Teresa detta Tere non ce l’ha fatta. Era scappata a Milano col suo compagno della X Mas, confidando nella confusione e nell’anonimato per sfuggire ad eventuali rappresaglie partigiane, ma è stato inutile. La disfatta della Repubblica di Salò e del suo alleato-padrone, la Germania hitleriana, non ha lasciato scampo. Ed ora è su questo camion malmesso, con altri prigionieri, per tornarsene a Casale Monferrato ed attendere lo sviluppo degli eventi. Il suo amante è stato freddato dalla pattuglia che li ha intercettati ed il dolore è stato sopraffatto dalla paura per il suo immediato futuro, per la sete di vendetta che aleggia intorno. Certo è stata iscritta al partito repubblichino, ha pubblicamente ostentato la sua fede nel fascismo e come tante e tanti altri ha amato, adorato ed inneggiato al Duce, anche se di recente apparso sempre più stanco e impotente. Ma il suo vero desiderio, la sua vera passione era e rimane fare la maestra delle scuole elementari, in qualsiasi plesso. E, possibilmente, trovare l’amore, non di sciupafemmine o anziane signore in cerca di sollazzi omosessuali, ma quello vero e che duri una vita. L’ultima relazione sembrava quella giusta, ma gli eventi storici l’hanno troncata drammaticamente. Ed ora che si avvicina il suo paese natio insieme ai dubbi ed ai timori si affaccia anche una certa malinconia, di quello che poteva essere e che però non è stato.
La posizione di Pansa in ordine al fascismo e in particolare ai due cruenti anni che si vissero nel nord Italia durante la Repubblica di Salò è nota ai più, esposta e motivata con diverse pubblicazioni. L’idea di raccontare le vicende di una giovane militante in quel periodo, sotto forma di memoriale, rimane interessante, ma il passaggio dalla saggistica, anche sia di carattere divulgativo, alla narrativa non appare del tutto indolore per l’autore, per una serie di motivazioni. Lo stile risulta scolastico, quasi elementare, asettico e senza alcuna pretesa; le eccessive iterazioni, spesso e volentieri con la ripetizione di una intera frase, per raccontare questo o quell’episodio, sono decisamente troppe e non hanno nessuna valenza estetica né facilitano tanto meno una maggiore comprensione, anzi, la affaticano.

*originariamente pubblicata su Mangialibri.com

I dialoghi sono improbabili, come se i protagonisti parlassero recitando una manualistica spicciola più che pensieri propri. L’ambientazione, punto di forza dell’opera, ha tuttavia una serie di personaggi tutti abbastanza simili. Uomini e soprattutto donne, spesso dai quaranta anni in su, benestanti e preda di appetiti sessuali quasi insaziabili, disposti anche a pagare profumatamente per sopire la libido, spesso e volentieri anche con persone dello stesso sesso. Sorprendente, pensando agli anni in cui si svolge la storia e che ci troviamo in un piccolo paese di provincia come Casale Monferrato, una tale diffusa e radicata libertà sessuale. Detto ciò non vado avanti. La morte violenta è sempre un evento terribile e sicuramente Storia e Costituzione la scrivono i vincitori. Ma la mia idea rimane che seppur vadano raccontati nei manuali di Storia e a distanza di 70 anni per così dire rispettati, coloro i quali sostennero fino al disastro Mussolini, non hanno difeso la patria, ma dal punto di vista istituzionale sono stati uno stato fantoccio diretto dai nazisti, mettendo in atto una guerra civile che si poteva evitare. Che poi l'allora re Vittorio Emanuele e la sua cricca si potessero anche mettere a processo per una serie di violazioni e scelte contrarie all'ordinamento è appunto Storia. Questo rimane un romanzo brutto per altri motivi che ho cercato di spiegare. Che ci sia riuscito, come si usa dire, mi appello al detto tradizionale che suona "ai posteri l'ardua sentenza". 

Nessun commento:

Posta un commento