22 luglio 2024

Io sono il Nirvana. La storia di Kurt Cobain (Andrea Biscaro)

Su Amazon
Già il rock. Quella roba lì che da decenni ha rivoluzionato il modo di fare ed intendere musica, stregando milioni di giovani e che poi come tutti i fenomeni di massa ha mantenuto esteriormente i suoi crismi  ed i suoi canoni, ma ormai è uno dei tanti epifenomeni di quel mostro onnivoro ed onnisciente che dilaga ovunque, il consumismo. Cantava il rocker canadese Neil Young ( e canta ancora, beato lui) che il vero rock non potrà morire. Magari. O meglio, la musica resta i musicisti no. Cobain Kurt, appellato in adolescenza dai villani suoi compaesani checca-Kurt per la sua ostentata ostile indifferenza a tutti loro, è inizio degli anni ottanta un ragazzo difficile come si dice per appiccicare un'etichetta a che subisce, magari per ipersensibilità emotiva, la separazione fra i genitori e l'abitare in uno sconosciuto borgo di nome Aberdeen, dove l'America dei telefilm patinati tutto tette e muscoli è sostituita da quella vera, grande solitaria, sperduta, quasi selvaggia e dove tutto resta lontano, quasi irraggiungibile, come avverare il sogno di diventare una rockstar.
Ce la farà. Si. American dream? No, disperazione.
Il nostro eroe strimpella abbastanza sulla sua fender, echeggia il punk ormai morto e disciolto dalla capacità magmatica ed annichilente dello show business musicale, annota frasi, testi, scappa di casa ed in testa ha una cosa sola: fondare un gruppo e gridare al mondo la sua rabbia e la sua sofferenza e che finalmente la musica anni ottanta, tutta pop, sintetizzatori e videoclip verrà sommersa dal nuovo rock,l sporco ma puro ,  soprattutto incazzato.
E il giovane e si farà. In tutti i sensi, purtroppo. Ma il suo gruppo nascerà e farà tre dischi, prima dell'inevitabile atto conclusivo come ogni dramma classico che si rispetti, al motto di it's better to burn out than to fade away, è meglio disperdersi che bruciare lentamente. Pochi e densi anni forse, ma abbastanza per diventare immortali. I Nirvana saranno icona o meglio la cometa di Halley (non stella cadente) di quel movimento genericamente chiamato grunge che impazzirà nel mondo nei primi anni novanta, morendo come era nato, veloce, arrabbiato, rumoroso ma malinconico e disperato. Il re andrà via, ma non verrà dimenticato, come diceva il già citato Young . Infatti per dire lo ascolta mio figlio oggi, che ha quaranta anni meno di me.

The songs remains the same era un titolo di un favoloso doppio dal vivo dei Led Zeppelin e qui appare un'icona ma anche un monito della musica rock.
Buona l'operazione, una biografia romanzata che a quanto pare è più vera di quella che sembri con qualche passaggio narrativo davvero interessante e qualche eccesso che ne inficia sia il romanzesco che il biografico. Troppo spazio infatti alla compagna di Kurt, Courtney Love, discussa e qui per così dire decisamente riabilitata, fuori misura i deliri onirici attribuiti al cantante stesso, per quanto atti a dare senso al delirio e contrasto interiore del nostro eroe maledetto, che, purtroppo, era un gran talento ma un perdente nato, al di là dell'epilogo autodistruttivo. Giusto moderare il richiamo ai titoli  e alla genesi delle canzoni, forse decisamente sacrificato sia il periodo adolescenziale di Cobain sia il maturare (o deteriorare se preferite) dei rapporti con gli altri due compagni di avventura cofondatori del trio e con lui degni attori di un'avventura eclatante e fulminante, non credo comprimari così come vengono dipinti, perché solo che ha suonato sa quanto sono complesse e nello stesso tempo decisive le dinamiche interne di un gruppo musicale al di là del proprio personale talento.
Una morte per suicido (più volte messa in discussione da teorie da me trovate fantasiose, se non poi ulteriormente sviscerate), certi la dipendenza dall'eroina e la fine di uno die grandi di questo pazzo circo che è stato il mondo rock, con tanti suoi predecessori ed epigoni (a  partire per dire da Morrison e Hendrix fino al meno noto ma fondamentale Ian Curtis dei Joy Division) la cui fine non è una assunzione di colpa  e nemmeno il trionfo della morale dominante, ma solo la tragica fine di giovani stracolmi di talento ma proprio per questo poco avvezzi a capire e a preservarsi da gesti inconsulti e talvolta definitivi. Ma non saremo certo qui una scagliare la prima pietra, se non a ricordare un ragazzo che voleva avere ed ha avuto e che poi ha perso tutto con il clic di un grilletto.
In fondo cercava solo riposo dai suoi tormenti. 
"La stanchezza sta arrivando sul serio stavolta. inizio ad avvertire palpebre pesanti. forse dormirò stanotte. forse mi rilasso e mi stravaccherò tra le coperte. con gli occhi chiusi ed abbandonati, 
forse farò anche buoni sogni.
Forse."
Ed in quel forse si racchiude il senso di un volo bellissimo ma pindarico, dove l'ascesa è stata rapida e la caduta ancor di più.

Nessun commento:

Posta un commento