30 giugno 2024

Tutto sarà perfetto (Lorenzo Marone)

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Andrea non immaginava che questo fastidioso fine settimana dedicato ad accudire il padre malato, ex capitano di marina, potesse diventare una caterva di incontri a sorpresa, profumi ritrovati, nostalgie perdute. Quando la sorella Marina lo ha inchiodato ad adempiere ai propri doveri di figlio e fratello – causa una brevissima vacanza con la propria famiglia – tutto sommato se ne era fatto una ragione, confidando nella brevità dell’impegno e della relativa facilità dei compiti assegnati. Ma dopo aver semidistrutto la casa e combinato una serie di disastrosi guai, ha esaudito il desiderio del genitore e lo ha accompagnato a Procida, visto anche la situazione di malato terminale, considerato che anche lui stesso lì ha trascorso la propria
adolescenza mentre il papà partiva per viaggi lunghi e avventurosi per mare. Andrea ha persino rincontrato Ondina, fugace apparizione nei normali tormenti amorosi adolescenziali, diventata donna matura ed attraente. E dopo la sua fallita convivenza con una ragazza, causa la sua scarsa maturità, la faccenda non gli dispiace. Ora, a lui, che a quaranta anni non ha ancora trovato una direzione sulle strade della vita cavandosela sempre meglio che ha potuto, si dischiudono orizzonti impensabili fino ad un giorno prima: in ordine sparso, in un vertiginoso vortice di ricordi che riaffiorano, apprezza la figura di un padre sentito sempre lontano fisicamente ed emotivamente e che invece disvela insospettabili qualità umane di cui ne aveva sempre ignorato l’esistenza; e comprende la personalità della madre, donna assente a tutti, anche a se stessa e che ora invece acquista una nuova luce.
“Non prendere le cose sul serio è il mio unico scudo, la fortezza che ti costruisci da bambino con i cuscini del divano”. Comportarsi così a sette anni ha un senso e tutto sommato è necessario, ma a quaranta anni – quanti ne ha il protagonista del romanzo – diventa sindrome di Peter Pan. Li hanno chiamati “bamboccioni” e forse non avevano torto tutto sommato, ma erano figli dei tempi che vivevano, loro malgrado prede della precarietà lavorativa e del mutamento radicale delle convenzioni e convinzioni sociali. D’altronde i figli hanno la necessità improba di imparare di stare al mondo (o addirittura a vivere, a volte), i genitori l’ardua responsabilità di dar loro almeno una pacca sulla spalla, se non proprio un insegnamento. Non banalizza, Lorenzo Marone, anzi riesce a rendere fluida e gradevole una trama abbastanza trita e ritrita, con improvvise illuminazioni scrittorie che mi hanno ricordato il Sandro Veronesi dei primi tempi , che però aveva il dono di inventarsi narrazioni basate su situazioni surreali, anche se di struttura esile. Capire la vita è una mission che l’uomo si è imposto, a cui ha trovato delle risposte che però si sono rivelate micidiali boomerang, tornati indietro in forma di domanda. Ben vengano allora vite e storie come quelle di Andrea e suo padre, imperfetti quanto basta a somigliarci per davvero. Il tutto condito da un po’ di azioni fantozziane e inettitudine congenita, per rimescolare con grazia il plot quanto basta. Un viaggio nel passato che lo proietta nel futuro. Formazione sì, ma passati i 40 e niente sembra avere consapevolezza e maturità. Insomma semplice ma efficace, con un tocco personale.

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