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“E’ una piccola compressa bianca,
ovale, divisibile. Non crea né trasforma; interpreta. Ciò che era definitivo,
lo rende passeggero, ciò che era ineluttabile, lo rende contingente”.
La pillola
si chiama Captorix.
E Florent Claude Labrust ne fa uso, per avere qualche grammo
di felicità e smaltire i chili di angustia e tonnellate di insoddisfazione che
gli pesano sul petto e sul resto del
corpo e lo incatenerebbero allo spegnimento irreversibile, morte assoluta o
parziale, comunque non vita. Depressione la chiamano, e non si scherza, è una malattia come e più del Covid-19.
Non è bello sentirsi zombie, diciamocelo, ammesso che i non morti siano in grado di sentirsi, nessuno lo sa, perché non gli è stato mai chiesto.
Il nostro eroe ha poco di memorabile, sembra un epigono più chimico dipendente de La caduta di camusiana memoria. Funzionario del Ministero dell’Agricoltura, non si può dire che abbia stimoli lavorativi tali da illuminargli i grigiastri giorni che passa stancamente. Florent-Claude si lascia scivolare addosso il tempo in maniera agiata, condividendo lo spazio (e basta) alla
periferia di Parigi con una lei che non è la Lei, la giovane giapponese Yozu, con la quale trascina in una relazione più che in crisi ormai quasi agonizzante. Ovvio che la ragazza se la spassa altrove e non resta che fuggire, e vivere come un eremita, senza che nulla dia senso al suo mondo o lontanamente sia intenzionato a darlo. L'orgoglio ferito per le scorribande extra moenia della fidanzata, la noia sartriana frammista di spleen baudeleriano annichilisce ogni velleitarismo di stampo dannunziano. Un uomo solo al traguardo sta vincendo il campionato del nulla, ma è meglio l’ignoto che
l’inutilità di giornate intrappolate nel niente. Nubi di fumo nella stanza di hotel amena e amorfa, sigarette che accendono altre sigarette, fiumi di alcool. Non un amico, non un progetto, ma un complice, silenzioso ed efficace: la pillola. Il suo padrone Captorix. Ha un difetto, il farmaco miracoloso: tiene accesa la vitalità ma porta l'assenza di
libido, o, se preferite, l’impotenza. Insomma l’ormone della felicità porta l'astinenza sessuale, forse la metafora del libro. Serotonina (sostanza prodotta dalla medicina) in pratica, senza fronzoli da dizionario medico, è un amore platonico.
Tale neurotrasmettitore, ossia sostanza in grado di trasmettere informazioni fra le cellule del cervello, se presente in maniera significativa, comporta aumento del buon umore con riduzione dell'ansia e dell'aggressività. Previa mancanza di desiderio sessuale. Un mero palliativo, non eradica il problema, lo addormenta. Per non farsi mancare nulla, dopo il suicidio
dei suoi genitori, così legati da stringersi in un abbraccio mortale in nome di amore eterno, si uccide anche l'amico del cuore Aymeric. Il suicida era un allevatore normanno di estrazione nobile, che, prostrato dalla crisi economica del suo settore causa i diktat comunitari, si spara con un fucile davanti alla polizia, pronta a fermare lui ed i suoi colleghi. Un anticipo preveggente della rivolta rumorosa ma non così risolutiva dei gilet gialli. E dire che da neo laureato in agraria il nostro funzionario in crisi post quarant'anni era un acceso contestatore delle politiche agricole innovative e liberali in nome dell'Unione Europea. Quando era giovane, uno studente idealista e difensore del prodotto nazionale e dell'agricoltura green. E come i sessantottini finiti a fare gli impiegati di banca secondo il cantautore Antonello Venditti, ora firma relazioni positive per gli accordi del governo con la burocrazia di Bruxelles.
Rimedi? Forse. Può darsi.
Allora perché non tornare sui passati incroci, sulle mancate deviazioni, sui perduti incroci per arrivare a questa superstrada brulla e vuota, che sembra dritta ed invece è piena di buche. Una sorta di rito esorcistico, a fine di consolazione: “io cercavo di organizzare una mini cerimonia di addio al mio cazzo; volevo rivedere tutte le donne che l’avevano onorato, che l’avevano amato a loro modo”.
Dall'inutile rapporto con la giapponese alla storia incendiaria vissuta con Camille, amata e poi tradita per qualche scopata di troppo, per dirla alla sua maniera, passando per Claire, dalle confuse e popolari aspirazioni di attrice, ora alcolizzata cronica. Non ci sono pillolle per rimediare alla mancanza del protagonista: non sapere amare non è un pregio né un difetto, ma non si impara, non si insegna e, non si copra e non si vende. C'è o non c'è. Per inciso, come sempre fa l'autore belga non manca il risvolto politico, con una certa simpatia destroide ma critica verso il liberalismo, schiavo di un assunto: «aumentare i desideri fino all'insopportabile, rendendo la loro
realizzazione sempre più inaccessibile, era il principio unico su cui poggiava
la società occidentale». Quindi, tra le pagine, sappiamo che l’Olanda è una azienda, non un paese e “gli olandesi sono delle puttane, una razza di commercianti poliglotti e opportunisti”; gli inglesi sono “quasi più razzisti” dei giapponesi; gli argentini sono dei “bastardi” che inondano l’Europa con i loro prodotti geneticamente modificati; Parigi è “un inferno”, “una città ripugnante, infestata da borghesi eco responsabili”. Senza parlare degli elogi al generale Franco (“autentico gigante del turismo” di lusso e di massa), dei riferimenti anti ecologisti (“gli ecologisti radicali sono degli imbecilli ignoranti”, “sabotavo sistematicamente i contenitori della
raccolta differenziata”, “non avrò fatto granché nella mia vita, ma almeno avrò contribuito alla distruzione del pianeta”), dell’apologia della caccia, dei cliché omofobi, dell’opinione sui giornalisti (“cretini” e “conformisti”), dell’Unione europea che sarebbe una “gran troia” a causa della soppressione delle quote latte, delle cosiddette “famiglie ricomposte” che sarebbero “una disgustosa presa per i fondelli” e della lista di donne qualificate come “puttane” – di professione e non. Niente di nuovo, tutto sommato, conoscendo l'autore.
Houellebecquiano e maturo, il romanzo è davvero un interessante storia su decadimento psicologico e fisico, che non può che culminare che in catarsi o tragedia. Anche perché il decadimento del pensiero e del potere culturale ed economico occidentale è ormai inesorabile. Attuale e distruttivo, convincente. E lo dice uno che non ha mai amato particolarmente Houllebecq , né trovato la sua scrittura particolarmente gradevole.
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