Una normale, anonima gonna, in un negozio d'abbigliamento come tanti, peraltro tra gli articoli in saldo. Ma l'oggetto, che tale è, tale si sa. Né aspira ad altro. Già. Come vestito allora verrà indossato, ma con quell'atto meccanico diverrà un tutt'uno con chi lo sta usando. Con quello che ne consegue, se per puro caso ci si trova a "vivere" una situazione ai limiti del sopportabile. La violenza di per sé non trova mai una completa giustificazione, quando diventa fine a sé stessa o finalizzata ad sfamare i propri crudeli demoni interiori, ebbene non è solo un crimine, ma un abominio. La gonna sarà testimone di una violenza efferata a sfondo sessuale senza ritorno. Ma il nostro indumento è come un neonato o meglio un bimbo che inizia a parlare. Ha molti perché, non dice mai di no, non esprime giudizi netti, perlomeno la sua sete di vita alimenta il conoscere, non il sapere. D'altronde appunto, il mondo è umano, non un oggetto, ed i nomi sono solo umani, questo pone un limite invalicabile, anche se ci possono essere legami, empatie, sentimenti . "Di me sono state dette tante altre cose: che sono eccessiva, difficile da portare, non elastica, pretenziosa, svasata. Come volete. Nessuna di queste mi ha ferita tanto come il fatto di sentirmi dire che ero fredda". Perché lei, la gonna, è calda, ha il fuoco vitale. E non solo.
"La parola è amore"... "La parola è illusione"..."La parola è presagio"...
Insomma la parola è vita. Parlare. Quello che manca al nostro oggetto e ai suoi simili, rinchiuso com'é in un angusto cassetto assieme ad altri feticci dell'assassino, appartenuti ad altre vittime. Necessità di dare un nome. Guardare, come un occhio la videocamera di un regista. Uno sguardo che abbraccia tutto o meglio presente e passato che tanto il futuro non serve. E stupore, senza gioia né dolore. Come un oggetto è privo di empatia? Ma no, alcuni lì nell'oscuro cassetto son simpatici, un gingillo, una ciocca di capelli. Altri trofei, come la gonna. Similibus enim similia gaudent, lo dicevano già duemila anni fa i latini, pensa te.
Un racconto sicuramente, non ha pretese, sviluppi o espansioni da romanzo. E' essenziale, ma non minimale o minimalista, perché è un racconto ricco, pieno di cura, di un lavoro di scrittura oserei dire un po' desueto nel noir, dove di solito è la combinazione o contaminazione del plot e la miscela di topoi oramai ben identificati ed identificabili che pretendono cura e attenzione dell'autore, difficilmente l'uso del linguaggio, se non per effetti mimetici, satirici o splatter. La gonna fa e disfa ad ogni momento "perché mi vien voglia di giocare con le parole, le parole si distendono tra le mie pieghe, immagino di avere gambe e braccia di balze translucide, volant di sguardi viscosi, labbra ornate di filo". Qui il narrato, o se preferite il narrabile, è contestualizzato in una situazione abbastanza usuale e non ha grandissimi effetti speciali, qui è la scoperta di un mondo e la descrizione accurata evocata dall'uso non solo puntuale ma assolutamente cesellato del lessico e della sintassi. Ecfrasi pura? No, semmai langue postmoderna, cinematografica per l'occhio che guarda, ma narratologica nella sua essenza. D'altronde l'autrice non nasconde la sua formazione e passione cinematografica anche nei credits. La teoria di Robbe Grillet rivista, corretta e riattualizzata nell'epoca digitale, banalizzando. Non entriamo nei contenuti, potremmo spingere le suggestioni ovunque, siamo in epoca di femminicidi dilaganti, serial killer settimanali e altri
orrori vari ed eventuali. Qui spiazza e allo stesso modo ci invoglia la voce narrante che racconta e scopre, e piano piano associa e anche di fronte all'orrore più che stupefatto o sconvolto, ha quella meraviglia della prima volta. Non sono lettore da giudizi apodittici, sebbene abbia espresso le mie sentenze più che come giudice come innamorato della lettura, ma qui senza per forza avere la musica dei The Cure nelle orecchie, il noir ha luce propria. Un bel libro, originale e senza sbavature, per una di quelle case editrici che opera con entusiasmo e vivacità, che ringiovanisce i quasi boomer come me. E in narrativa italiana brillare è difficile, se soffocati dall'etichetta di un genere peraltro non autoctono.
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